Alessandro Barbera, La Stampa 29/4/2014, 29 aprile 2014
ALITALIA, LE BANCHE APRONO. ETIHAD SALVA AIR BERLIN
Arriva? Ma quando arriva? «Sì sì arriva, ma non oggi», abbozza il numero uno Del Torchio. L’attesa per la lettera con cui Etihad promette di formalizzare la proposta per l’acquisto di Alitalia somiglia sempre di più a quella per Godot. Con il passare dei giorni il nervosismo fra dipendenti e sindacati si fa palpabile. «Se non arriva è un disastro», dice il segretario Cisl Bonanni, che per «disastro» intende i prodromi di un nuovo fallimento. Che lettera attendono a Roma? E cosa dovrebbe esserci scritto di così importante, posto che l’unica cosa certa è lo stallo della trattativa? E perché sulla vicenda è calato il silenzio di Tesoro e Palazzo Chigi? Le domande sono molte perché molti sono i fronti della trattativa. C’è il tavolo con il governo, dal quale Etihad vuole certezze sul futuro di Linate e degli investimenti nell’alta velocità verso i due grandi aeroporti, Fiumicino e Malpensa. C’è quello con le banche azioniste e creditrici, le quali non vogliono farsi carico del debito non garantito della compagnia. C’è quello con i sindacati, i quali prima di dare qualcosa vogliono sapere cosa avranno in cambio.
Una lettera è arrivata, due settimane fa. Non è mai stata resa pubblica, ma chi l’ha vista la descrive «piuttosto dura». L’azienda ha risposto «punto per punto», ora attende la controreplica. Dice il ministro dei Trasporti Lupi: «A ottobre Alitalia non era nelle condizioni di adesso. Stava chiudendo, era sull’orlo del fallimento e qualcuno voleva ancora che fosse applicata la legge Marzano. In questo momento stiamo ragionando seriamente».
Dei tre fronti aperti, il più delicato resta quello con le banche, lo stesso che fece saltare il tavolo con i franco-olandesi. Almeno quattrocento milioni di debiti non sono assistiti da garanzie reali. Una delle soluzioni possibili è quella di trasformare i crediti in azioni, ma se dipendesse da Intesa - la più esposta di tutte - di Alitalia non si accollerebbe più nemmeno uno spillo. Alitalia non ha ancora chiuso il bilancio 2013, Intesa sì, contabilizzando 35 milioni di perdite.
Una fonte bancaria citata dalla Reuters ieri ha aperto uno spiraglio: «Sia Unicredit che Intesa hanno fatto arrivare messaggi di pace. C’è aria di apertura, ma ci vuole una soluzione di sistema» della quale dovrebbe farsi carico «il governo». Che significa? Nuovi fondi pubblici a pié di lista? Dal governo smentiscono categoricamente l’ipotesi, ricordando il mantra di Lupi: «Quella fra Alitalia ed Etihad è la trattativa di due aziende private». Non è esattamente così, posto che i rapporti bilaterali con gli emiri di Abu Dhabi non si fermano ad Alitalia. Lo dimostra il viaggio di poche settimane fa dell’allora premier Letta e il via libera del governo - il 19 aprile - all’acquisto definitivo di Piaggio Aero Industries da parte del fondo sovrano Mubadala. E però è evidente che con quella frase Lupi vuol sottolineare che l’interventismo del governo non può spingersi troppo oltre.
Nel frattempo la compagnia araba va in soccorso della controllata tedesca Air Berlin, di cui possiede già il 30%. Una compagnia sull’orlo del fallimento, ma uno dei tasselli per la strategia di penetrazione nel mercato europeo. Ieri ha annunciato l’acquisto di bond convertibili per 300 milioni di euro, altri 150 milioni verranno collocati sul mercato. L’aiuto non è a costo zero: «Ora - dice il numero uno Prock-Shauer - dovremo fare i conti con una ristrutturazione più radicale». I sindacati italici sono avvertiti. Oggi incontrano l’azienda, sul tavolo c’è ancora da discutere i tagli promessi mesi fa, prima ancora che Etihad si mostrasse interessata ad acquistare Alitalia.
Twitter @alexbarbera
Alessandro Barbera, La Stampa 29/4/2014