Tonia Mastrobuoni, La Stampa 29/4/2014, 29 aprile 2014
SFIDA ALLE SANZIONI. GLI AFFARI CON MOSCA NON SI FERMANO
Barack Obama ha deciso ieri un ulteriore giro di vite contro la Russia, annunciando sanzioni contro 17 aziende e 7 fedelissimi di Putin e la Ue, con qualche riluttanza, si sta mettendo in scia. Ma la notizia clamorosa è che la britannica Bp (British Petroleum) non ci sta: il colosso petrolifero ha fatto sapere che ignorerà le sanzioni imposte in particolare contro Igor Sechin, presidente di Rosneft. I britannici hanno confermato i loro investimenti nel gigante russo dell’oro nero: «Restiamo impegnati nel nostro investimento in Rosneft e puntiamo a restare un investitori di successo di lungo termine in Russia». Sechin, dal canto suo, ha parlato con una punta di sarcasmo di un «alto apprezzamento dell’efficacia del nostro lavoro». Ieri il titolo Rosneft ha subito un forte calo. Tuttavia i listini di Mosca non sembrano invece aver risentito delle sanzioni: la Borsa ha archiviato la giornata in progresso. E la domanda di fondo è: quante aziende si accoderanno a Bp, disobbedendo alle sanzioni Usa-Ue contro il Cremlino?
Nelle scorse settimane alcune aziende europee di primissimo piano non avevano nascosto il proprio malumore alla prospettiva di un giro di vite anti-russo. Del resto, gli affari europei con Mosca riguardano spesso commesse plurimiliardarie e pluriennali: doloroso rinunciarci. Non solo nell’ambito dell’energia e in particolare del gas, dove i contratti si stipulano su decenni. In vista dei Mondiali di calcio, ad esempio, la tedesca Siemens e la francese Sncf stanno corteggiando i russi per poter costruire 800 chilometri di ferrovia da Mosca a Kasan. Un affare da 20 miliardi di euro. E quando il capo di Siemens, Joe Kaeser, era stato criticato per aver incontrato Putin nel bel mezzo della crisi del Maidan, ha deciso molto semplicemente di incontrare i suoi soci altrove, a Parigi. Ma a parte Siemens, è difficile pensare che lo vogliano fare le migliaia di aziende tedesche ed europee che hanno concluso accordi nel Paese di Putin.
Intanto, il viceministro degli Esteri russo, Serghiej Riabkov, ha replicato ieri a stretto giro alla decisione di Obama: «Certamente risponderemo – ha puntualizzato – e siamo certi che la risposta sarà dolorosa, per Washington». Il consigliere economico del Cremlino, Andrej Belusov, sembra particolarmente rilassato: le sanzioni «avranno difficilmente effetti seri nel breve termine». Ma il «Financial Times» racconta che i giganteschi capitali russi starebbero già confluendo verso Londra per essere investiti nel mattone, prima di finire nella tagliola dei conti congelati. Come avrebbe detto un presidente geniale come Bill Clinton, «it’s the economy, stupid». Per i soldi, una via di fuga c’è sempre.
E forse una via di fuga pare profilarsi anche per la crisi Ucraina: ieri, in una giornata che ha visto il ferimento del sindaco filo-Kiev di Kharkiv (Gennady Kernes è stato colpito da un cecchino mentre era in bicicletta) e nuove occupazioni nell’Est, le truppe russe hanno iniziato a ritirarsi dal confine.
Tonia Mastrobuoni, La Stampa 29/4/2014