Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 29/4/2014, 29 aprile 2014
IL DELFINO SI RIBELLA A DELRIO
È l’anti-Delrio. Doveva esserne il delfino, a Reggio Emilia. Invece Franco Corradini è stato stoppato (irregolarmente, dice lui) alle primarie Pd per succedere a Graziano Delrio a sindaco della città e poi anche estromesso dalla giunta comunale, dov’era assessore alla Coesione e sicurezza sociale.
Per protesta, dopo avere letto la sdolcinata intervista al vice-presidente del consiglio che Sette, il settimanale del Corriere della Sera ha pubblicato nell’ultimo numero, si leva i sassolini dalle scarpe.
Parole dure per sottolineare che lui, Delrio, lo conosce bene e quel ritratto non è attendibile: «chi ha lavorato accanto a lui», dice Corradini, «ha avuto modo di comprendere il suo amore per il potere, la sua determinazione nel conquistarlo e la disponibilità a raccontare bugie per mantenere intatta quella sua immagina di padre di famiglia al servizio del popolo che è riuscito costruirsi in questi anni. Tutti lo ricordano al suo debutto da candidato sindaco di Reggio Emilia, presentarsi costantemente con il maglioncino rosso e smarcarsi da una storia troppo cattolica e scomoda per la conquista dei cittadini reggiani allora prevalentemente elettori della sinistra».
Invece adesso che fa Delrio? «Si presenta sempre in giacca e cravatta», dice il suo ex-delfino, «e parla di De Gasperi e Dossetti come unici fondatori della ricostruzione del Paese». Neppure i prodromi della carriera politica diventata poi così brillante sono senza macchia, secondo il suo accusatore: «Va ricordato che al suo primo debutto come candidato in consiglio comunale non venne eletto, ma subentrò come primo dei non eletti, sostituendo un dimissionario. Successivamente fu eletto in consiglio regionale in un’ottica contro Pierluigi Castagnetti (parlamentare prima popolare e poi della Margherita) che sosteneva un altro candidato, per poi, furbescamente, diventare pro-Castagnetti una volta eletto in Regione e creare così quell’asse di ferro che l’ha portato alla candidatura a sindaco. Furono infatti decisive le trame di Castagnetti e Fassino a Roma per le sorti di Reggio».
Ancora: «Nel 2004 la direzione provinciale dei Ds votò perché si ricercasse, senza pregiudiziali nei confronti anche di una proposta che provenisse dal mondo cattolico, una candidatura che fosse più autorevole, con più esperienza di quanto rappresentato allora da Delrio».
Ma alla fine, anche in seguito alle pressioni romane, i Ds di Reggio Emilia, secondo Corradini, furono costretti a ingoiare la pillola: «fu questo l’esito di una stagione politica che stava terminando e che lasciò in eredità molte opere sulle quali lo stesso Delrio ha potuto beneficiare e lanciare le sue campagne promozionali: la stazione dell’alta velocità e i progetti di Calatrava (allora la giunta Delrio voleva bloccare il tutto), il Reggio Children, cioè il sistema degli asili, oggi così sbandierato ma considerato nei primi anni di Delrio l’esperienza più comunista da cancellare, la multiutility Enia ora Iren con un capitale di risorse umane e finanziarie da far invidia all’Italia intera... Invece oggi Delrio vuole apparire come una vittima della arroganza della sinistra (dei Ds) da cui esce vivo solo grazie alle sue qualità di grande combattente».
Non solo. Corradini solleva anche la questione di una parentopoli, cioè il caso dell’appalto per la ristrutturazione della scuola Allende (140 mila euro) assegnato dal comune di Reggio Emilia alla ditta di Paolo Delrio, cugino dell’allora sindaco. Non solo. La moglie di Paolo Delrio è la dirigente comunale Enrica Montanari, all’epoca dell’appalto socia accomandante della ditta del marito (oltre che funzionaria del servizio Appalti e Contratti del Comune), cioè lo stesso ufficio che si è occupato dell’assegnazione dell’appalto.
La nota di risposta del Comune non sembra, in realtà, turare la falla aperta da Corradini: «L’appalto è stato bandito dall’istituzione Scuole e Nidi per l’Infanzia e si svolse con la collaborazione del Comune di Reggio Emilia, dato che l’Istituzione è parte di questo ente. La dottoressa Enrica Montanari, funzionaria del Servizio Appalti e Contratti del Comune di Reggio, coniuge di Paolo Delrio, ha avuto un ruolo d’ufficio minimale, non si è occupata dell’invito alle ditte e non ha partecipato ai lavori della commissione».
Ma regge questo teorema difensivo di fronte a una società (di parenti) che dal ’97 ha avuto affidamenti dal Comune per oltre 790mila euro?
Sulla scia di questa sua campagna moralizzatrice Corradini s’è presentato, malvoluto, alle primarie (in marzo) per succedere a Delrio planato alla corte di Renzi. Pur snobbato dall’apparato Pd è arrivato secondo (su quattro candidati, la vittoria è andata al delriano Ugo Vecchi) con 1.354 voti, il 22%. A questo punto cos’è successo? Che il facente funzione di sindaco, Ugo Ferrari, subentrato a Corradini nel cuore politico di Delrio, ha chiamato l’assessore e gli ha dato il benservito.
Di qui la sua decisione di lavare i panni sporchi in pubblico: «non comprendo- dice- l’immagine che Delrio vuol dare di vittima cattolica all’interno dei Ds prima e del Pd dopo, che nulla deve alla sinistra, in realtà tutto il partito alla fine accettò una scelta, la sua elezione a sindaco, che considerava, erroneamente, buona per lo sviluppo della città».
Conclude Corradini, diventato l’enfant terrible del Pd reggiano: «Non c’è bisogno di nostalgie del bel tempo passato che non tornerà più ma di un dibattito vero che faccia circolare idee e non quel pasticcio di alleanza di potere che sosterrà il candidato sindaco Pd alle prossime elezioni e che prefigura una spartizione di potere a carico della città. C’è bisogno di un sano riformismo, di un po’ di umiltà e di meno falsi eroi troppo impegnati a costruirsi furbescamente una nuova immagine».
Twitter: @gponziano
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 29/4/2014