Mariano Maugeri, Il Sole 24 Ore 29/4/2014, 29 aprile 2014
QUEL REFERENDUM CHE «BLOCCA» IL VENETO
La questione veneta ormai ruota attorno al tema dell’autonomia e dell’indipendenza. Una questione così scottante da provocare persino una sospensione lunga quasi tre mesi dei lavori del consiglio regionale, la cui ultima seduta plenaria si è tenuta il 21 di marzo e la prossima è stata riconvocata il 10 di giugno. «Colpa delle Europee» dicono a Palazzo Ferro-Fini, sede del parlamentino veneto. Se è per questo, di mezzo ci sono anche le amministrative: in contemporanea con il voto per il parlamento europeo vanno alle urne 345 Comuni veneti, tra i quali spicca Padova, unico capoluogo di provincia. In realtà, il Consiglio ha preso al balzo la palla delle Europee per rinviare a dopo le elezioni una discussione che si annuncia incandescente. Argomento: la legge sul referendum consultivo, la risoluzione numero 342, che ha come oggetto l’indipendenza del Veneto presentata dall’ex Udc Stefano Valdegamberi e approvata il primo di aprile a maggioranza (ma i consiglieri Pd sono usciti dall’aula) dalla commissione Affari istituzionali. Non si trattava di un pesce d’aprile.
A drammatizzare la situazione ci hanno pensato i carabinieri del Ros che nella notte tra l’uno e il due di aprile facevano scattare le manette a un gruppo di 24 venetisti, tra i quali l’ex deputato della Repubblica e sottosegretario agli Esteri Franco Rocchetta. Di lì a qualche settimana sono scesi in piazza i sostenitori di Plebiscito.eu, gli ideatori del referendum online sull’indipendenza, che a Vicenza hanno riunito i loro militanti per chiedere la liberazione dei "patrioti veneti". Ovvio che il governatore Luca Zaia propendesse per una pausa. Anche se la linea è stata ormai acclarata con una serie di dichiarazioni ufficiali che vanno tutte nella medesima direzione: «Il consiglio regionale è sovrano» continua a ripetere il governatore. Come dire: tocca al parlamentino regionale pronunciarsi sul referendum consultivo. Una scelta che molti giudicano pilatesca, e che comunque ha procrastinato molto al di là del 25 maggio la discussione su un tema che avrebbe meritato almeno un esame non così ritardato. Dice Diego Bottaccin, consigliere regionale di Scelta civica: «È evidente che Zaia voglia farne il terreno di scontro per le prossime regionali del 2015. Rinviando così alle calende greche il conflitto istituzionale con Roma e la data in cui si dovrà tenere l’ipotetico referendum».
Il tema dell’autonomia del Veneto fu affrontato per ben due volte (nel 1992 e nel 2000) dagli ex presidenti della Regione Gianfranco Cremonese e Giancarlo Galan. Entrambi presentarono alla Consulta due delibere con le quali chiedevano di poter indire un referendum consultivo per verificare l’adesione popolare all’ottenimento dello statuto speciale (il Veneto confina con la provincia autonoma di Trento e il Friuli-Venezia Giulia). Decisioni sonoramente bocciate con le delibere 470 del 1992 (relatore Enzo Cheli) e 496 del 2000 (relatore Carlo Mezzanotte). Racconta Mario Bortolissi, ordinario di diritto Costituzionale a Padova ed erede di Livio Paladin: «Nella seconda sentenza, quella del 2000, le ragioni delle Consulta furono violentemente avverse alla proposta veneta. Tradendo, secondo me, lo spirito della Costituzione che non è niente affatto centralista come vorrebbero far credere i giudici costituzionali».
Il 14 gennaio Bertolissi è stato convocato a Palazzo Ferro-Fini per esporre alla commissione Affari istituzionali tutti gli ipotetici percorsi che avrebbero potuto avere come sbocco l’autonomia o l’indipendenza. Fu il costituzionalista a suggerire una consultazione online, tradotta in pratica da Plebiscito.eu, per sondare gli umori dei veneti e non urtare la sensibilità della Corte costituzionale, che in caso di approvazione della legge regionale sul referendum potrebbe sciogliere d’imperio il parlamentino veneto per violazione dell’articolo 5 della Costituzione («l’Italia è una e indivisibile»). Dice Bertolissi: «Credo che al di là del referendum sull’indipendenza il tema vero sia quello di sperimentare una nuova forma di organizzazione delle autonomie. Il Veneto dovrebbe diventare una sorta di laboratorio della semplificazione». Il giurista padovano fa esplicito riferimento ai decreti attuativi sulle riforme per lo sviluppo e la crescita lasciati in attesa dai governi Monti e Letta: «Ne mancano all’appello oltre 500, come ha riportato correttamente il Sole 24 Ore del 22 aprile. Significa, molto semplicemente, che il sistema è andato in tilt».
Mariano Maugeri, Il Sole 24 Ore 29/4/2014