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 2014  aprile 29 Martedì calendario

Everest per Sette - Gli Sherpa dell’Everest sono in sciopero, la stagione delle salite è bloccata dopo la morte di 16 persone tra guide e portatori d’alta quota uccise da una valanga, avvenuta il 18 aprile

Everest per Sette - Gli Sherpa dell’Everest sono in sciopero, la stagione delle salite è bloccata dopo la morte di 16 persone tra guide e portatori d’alta quota uccise da una valanga, avvenuta il 18 aprile. Qualche anno fa gli Sherpa chiedevano sino a 500 dollari a qualsiasi visitatore privo di permesso per la cima che volesse salire qualche centinaio di metri verso il primo campo. Adesso la tragedia li spinge a volere molto di più dal loro governo e soprattutto dalle spedizioni straniere. La loro rabbia è scoppiata, anche con manifestazioni violente, quando il ministero degli Interni ha risposto alla richiesta di indennizzo promettendo 410 dollari alle famiglie delle vittime. Ora la somma è stata alzata a 15.000 dollari. Everest, la più alta vetta del mondo (8.848 metri) situata tra Cina e Nepal. Temperature: in gennaio, una media di -36 °C con picchi fino a -60 °C; a luglio, una media di -19 °C. Venti che possono arrivare a 280 chilometri orari. I tentativi di misurare l’altezza dell’Everest risalgono al primo Ottocento, quando Alexander von Humboldt tentò di quotare le montagne himalayane in un articolo apparso su “Annales de Chimie et de Physique”. Il primo a dare una stima vicina a quella accettata ai nostri giorni fu nel 1852 l’indiano Radhanath Sikdar: stabilì la quota a 8.840 metri, valore che rimase ufficiale per oltre un secolo. Solo nel 1987 Ardito Desio, geologo e alpinista italiano, si propose di misurare le due montagne più alte del mondo, l’Everest e il K2, con lo scopo di smentire chi, negli Stati Uniti ipotizzava che il secondo era più alto del primo. Negli anni successivi le misurazioni hanno utilizzato strumenti sempre più precisi, come i satelliti da posizionamento. Ma neanche così se n’è venuti a capo. Infine i cinesi, a cui appartiene uno dei lati del monte, hanno effettuato una campagna con Gps nel 2005 fissando la quota massima della roccia a 8.844,43 metri con un margine d’errore di 21 centimetri. I tibetani non accettano la misura e promettono che per fare chiarezza useranno i satelliti. L’Everest è il monte più alto del pianeta perché si fa riferimento al livello del mare. Se si partisse dalla base, il monte più alto diventa il Muuna Loa, vulcano delle Hawaii che si erge per oltre 10mila metri dai fondali dell’Oceano Pacifico. Il nome Everest fu introdotto nel 1865 dall’inglese Andrew Waugh, governatore generale dell’India, in onore di Sir George Everest, che al servizio della corona britannica aveva lavorato per molti anni come responsabile dei geografi britannici in India. Il monte è chiamato Chomolangma (“madre dell’universo”) in tibetano e Qomolangma in cinese. Il nome nepalese invece è Sagaramāthā (in sanscrito “dio del cielo”), adottato ufficialmente dal governo del Nepal all’inizio degli anni sessanta. Nel 1852 fu chiamato “Cima XV”. L’Everest ha la forma di una piramide, con tre pareti (Nord, Est e Sud Ovest) e tre creste (Nord Est, Sud Est e Ovest). La linea di confine tra Cina e Nepal passa lungo le creste Ovest e Sud Est, quindi solo la parete Sud Ovest è nepalese. Il 29 maggio del 1953, Sir Edmund Hillary, apicoltore neozelandese, e lo Sherpa Tenzing Norgay furono i primi a raggiungere la vetta dell’Everest. Commento di Hillary: «L’abbiamo vinto il bastardo». Giunti sulla cima, in segno di ringraziamento, Hillary pose nella neve una croce, Tenzing biscotti e tè per le divinità della montagna. Rimasero sulla vetta un quarto d’ora. All’alba della mattina in cui salirono sull’ultimo tratto, Hillary e Norgay persero due ore per scongelare, su un piccolo fornello da campo, gli scarponi del neozelandese rimasti fuori della tenda. Le uniche foto dell’impresa ritraggono in vetta solo lo Sherpa Norgay: quando chiesero a Hillary come mai non si fosse fatto immortalare, rispose che il compagno non aveva mai scattato una foto in vita sua e quello non era il posto giusto per insegnargli a farlo. Junko Tabei, giapponese, la prima donna ad arrivare in cima all’Everest il 16 maggio 1975. Seconda fu la tibetana Phantog, terza la polacca Wanda Rutkiewicz. La prima italiana, nel 2003, la campionessa di sci di fondo, Manuela Di Centa. La prima ascensione italiana fu compiuta nel 1973. Guidata e voluta dall’esploratore e mecenate Guido Monzino, era composta da 55 militari e 8 civili. Utilizzava 110 tonnellate di materiale, trasferito con tre C-130, e durò tre mesi. Il 5 maggio raggiunsero la vetta due italiani, Mirko Minuzzo, sergente degli Alpini, e Rinaldo Carrel, guida alpina, con due portatori sherpa, Lhakpa Tenzing e Sambu Tamang. Reinhold Messner senza bombole d’ossigeno arrivò alla “death zone” (7.470 metri), dove la rarefazione dell’ossigeno addensa il sangue, la respirazione diventa difficoltosa, si distruggono i neuroni, si rischiano edemi polmonari. L’Everest ha due percorsi principali di ascesa: la via per il Colle Sud (e la cresta Sud Est), considerata la via normale, alla quale si accede dal Nepal, e la via per il Colle Nord (e la cresta Nord Est), alla quale si accede dal Tibet. Il percorso da Sud è quello più semplice e più utilizzato. Fu il percorso scelto da Hillary e Norgay. Il costo medio di una spedizione, permessi compresi, si aggira tra 35mila e 60mila dollari a testa. Esistono pacchetti low cost da 20mila dollari, il che provoca file e intasamenti: per esempio il 19 maggio 2012 arrivarono in vetta 234 persone, che prima di salire l’ultimo sperone, appena sotto la cima, aspettarono il loro turno per due ore. Siccome tutti quelli che sono saliti sull’Everest hanno lasciato lassù mucchi di spazzatura, il Nepal ha stabilito che chi vuole salire in cima deve riportare giù almeno otto chilogrammi di immondizia raccolta qua e là: non solo la propria, ma anche quella di altri appassionati d’alta quota. La raccolta funziona così: prima di partire si pagano 4mila dollari di cauzione. Alla discesa si va in un ufficio a far pesare i rifiuti: se sono stati raggiunti gli otto chili, si ottengono indietro i soldi, altrimenti niente. L’obbligo riguarda i rifiuti organici e inorganici, ma non «le bombole di ossigeno e gli escrementi umani». Una spedizione italiana calcolò che il 30% dei rifuiti lasciati sull’Everest è composto da imballaggi (plastica, cartoni, sacchetti), altrettanto da rifiuti organici; 20% di lattine, scatole metalliche, barattoli; 10% di vetro, e altrettanto di materiale vario come batterie e medicinali. Loro tra l’immondizia trovarono anche anche bottiglie di champagne, confezioni di pâté, vino, carte da gioco, un pappagallo, una sveglia anni ’70. Il Nepal sta pensando di cedere, in affitto o leasing, la vetta dell’Everest al miglior offerente. L’idea è quella di far soldi, ma anche di decongestionare dall’ingorgo di alpinisti l’Everest: con l’aumento dei viaggi aerei e del turismo dopo la fine della guerriglia maoista, nel 2013 si è toccato il record di 500 spedizioni concentrate durante la buona stagione tra aprile e maggio, causa di imbottigliamenti e code a 8.000 metri per salire o ridiscendere dalla vetta. Finora sono salite sulla cima dell’Everest circa 5.000 persone. Più di 200 quelli che vi sono morti (a partire dai seimila metri non è raro vedere affiorare cadaveri pietrificati, lasciati lì per volere dei parenti e perché troppo difficoltoso riportarli in basso). George Mallory e il suo compagno Andrew Irvine furono i primi, nel 1924, a tentare di scalare l’Everest. Il corpo di Mallory fu ritrovato nel 1999, mentre non si ha traccia di Irvine. Non è chiaro se siano morti durante la discesa o nel tentativo di raggiungere l’ambita cima. «Se il monte Everest fosse stato scalato al primo tentativo, l’impresa sarebbe stata giudicata notevole e presto dimenticata. Sono stati, ironicamente, i ripetuti fallimenti a conferire alla vetta la sua reale importanza» (lo storico Walt Unsworth). Situato a 5.400 metri d’altezza, il Campo base dell’Everest è già più alto della più elevata cima d’Europa. Eppure, è solo il punto di partenza. Ogni ascesa al Monte Everest inizia con una cerimonia (Puja), con cui gli Sherpa rendono omaggio agli dei della montagna. Sherpa, gruppo etnico delle montagne del Nepal, che condivide molte caratteristiche culturali, linguistiche e religiose con i vicini tibetani, situati a nord della loro regione. Circa 3.000 Sherpa abitano nelle zone ai piedi dell’Everest; il resto della popolazione, circa 20mila persone, vive in una serie di villaggi più a sud. Analizzando il Dna dei tibetani si è visto che l’altitudine, dove la concentrazione di ossigeno è fino al 40% inferiore rispetto a quella sul livello del mare, ha selezionato individui che invecchiano di meno e hanno organi più efficienti. Nel 2013 il record dello scalatore giapponese Yuichino Miura: ottantenne e con 4 operazioni al cuore, è stato il più anziano a raggiungere la cima dell’Everest. Jordan Romero, 13 anni, è il più giovane alpinista ad aver scalato l’Everest. Figlio di una coppia di appassionati scalatori, a 9 anni è salito in cima al Kilimangiaro e a 11 sul Mckinley e l’Aconcagua. «L’Everest era un’immensità senza confini, proprio perché non conquistato. Oggi l’incanto è rotto, oggi siamo sicuri che la cima favolosa è fatta come tante altre, che non vi abitano gli dei della montagna. È insomma cominciata la sua storia ma è finita per sempre la sua leggenda. E adesso? Che resta più da fare?» (Dino Buzzati).