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 2014  aprile 28 Lunedì calendario

“LAVORARE CON CROZZA È COME STARE 5 GIORNI CHIUSI IN CASERMA”

[Intervista ad Andrea Zalone] –

Attenti al Corazziere Uno di Maurizio Crozza: il suo alter ego reale, Andrea Zalone, sarà sabato 3 maggio al Festival della tv e dei nuovi media di Dogliani, per un incontro su «Professione autore». Con lui Furio Andreotti, Luca Bottura, Sebastiano Pucciarelli e Michele Serra. Zalone è autore ma pure attore, per questo è stato scelto quale spalla del capocomico. Torinese, casa a Torino e vita lavorativa a Milano, 45 anni, collaboratore di Gregorio Paolini, Caterina Guzzanti, la Gialappa’s, Geppi Cucciari, Victoria Cabello, inventore di Piloti, è marito di Germana Pasquero, attrice comica anche lei, più Fornero della Fornero nella mitica imitazione a The show must go off della Dandini.
Le piace lavorare con sua moglie?
«Non necessariamente. Però, insieme abbiamo realizzato Ciau bale, nato su Quarta Rete Tv, e diventato spettacolo teatrale. Un progetto glocal cui tengo tantissimo».
È un piccolo «cult» di ironia e comicità, perché mollarlo?
«Il fatto è che, nonostante il grande successo di pubblico, il teatro torinese istituzionale non l’ha sostenuto. Diciamo pure che l’ha snobbato. Spero di avere tempo e energia per rimetterlo in circolazione».
Com’è per lei la professione di autore?
«La divido in due. Da una parte vuol dire pensare e scrivere programmi per la tv. Dall’altra vuol dire lavorare con Crozza. Ed è tutt’altra cosa. Con Mauri siamo in sette autori, tre per Ballarò, e poi c’è lui. Il primo che arriva, l’ultimo che se ne va, tutto passa attraverso di lui. Per cinque giorni viviamo in una sorta di caserma, sempre insieme, parliamo continuamente dei testi, degli aggiornamenti. Anche quando mangiamo. Ho due televisori, la mattina mi sveglio con Agorà da una parte e Omnibus dall’altra».
È come bere la grappa appena alzati: sempre in aggiornamento?
«Continuo. Ed è una continua corsa contro il tempo, dobbiamo essere veloci e in grado di trasformare lo spettacolo, anche quando capita qualcosa all’ultimo momento».
Nella tv del passato si improvvisava molto, Arbore più di tutti. Crozza, si dice, non improvvisa mai, ma interpreta un testo scritto: è così?
«Non è un cabarettista. Quello che dice nel Paese delle meraviglie è tutto scritto, certo. Però lo dovreste vedere quando scriviamo. È lì che improvvisa, inventa, e noi prendiamo appunti, elaboriamo».
Com’è fargli da spalla?
«Facile. Quando interpreta qualcuno, Crozza non è più lui, ma si cala completamente nel personaggio, lo diventa, è come in trance. Penso a Maroni, a Razzi, a Fuffas. Andare oltre è dura, ci arrendiamo al suo talento».
Problemi di par condicio?
«Su La7 c’è totale libertà. E, ancora una volta, Maurizio è fondamentale: non parla con nessuno, non va a cena con nessuno, non è amico di nessuno, non è mai sbilanciato. Diverso con i social network».
Perché, che cosa capita?
«Che lì, appena tocchi praticamente chiunque, si scatena l’inferno. Trasversale. Siamo un paese di tifosi, che trovano in Facebook e in Twitter un modo per urlare al mondo: e si scatenano cattiverie pazzesche. È un fenomeno importante: i media, noi, prendiamo per oro colato cinguettii e post. Un’immersione continua e surreale nel mare del chiacchiericcio».
Solo Crozza, nel suo futuro?
«Oltre al sogno di rifare Ciau bale, c’è altro teatro. Nel 2013, con Francesco Freyrie abbiamo scritto L’ho fatto per il mio paese, con Cornacchione e la Vasini. Vediamo di continuare. Altra tv, no, non sarebbe fisicamente possibile».
Lei ha avuto la bronchite più seguita d’Italia?
«Era un ascesso tonsillare, mi hanno trattenuto in ospedale, Maurizio ci ha fatto uno sketch, con quel tono un po’ da coccodrillo: scongiuri».

Alessandra Comazzi, La Stampa 28/4/2014