Daniele Marini, La Stampa 28/4/2014, 28 aprile 2014
GLI ITALIANI E L’EUROPA. TRA IDENTITÀ E FIDUCIA LO SPREAD È ANCORA ALTO
Un vento minaccioso attraversa il vecchio continente. A poche settimane dal voto che deve eleggere il Parlamento europeo, aumenta la preoccupazione nei confronti di un orientamento avverso all’Ue. Una crisi che ancora morde famiglie e imprese; una crescita che decolla lentamente e genera una disoccupazione che colpisce le nuove generazioni; una difficoltà a gestire fenomeni complessi come quelli migratori e dell’integrazione.
Sono alcuni degli aspetti che attanagliano la casa comune europea, nodi aggrovigliati che alimentano le istanze di chi vorrebbe uscire dall’Unione per tornare ai singoli stati nazionali o a ipotetiche macroregioni dei popoli. Abbiamo potuto osservare la diffusione di questo malessere nelle diverse elezioni (regionali e nazionali) svolte recentemente in alcuni Paesi. In Italia, il dibattito attorno a questa scadenza è considerato più per il suo effetto-termometro nei confronti del Governo Renzi e per misurare le forze dei diversi partiti piuttosto che per una riflessione approfondita sulle politiche e le prospettive dell’Ue.
Se escludiamo l’intervento del Presidente Napolitano sul ruolo, l’importanza e il valore di appartenere all’Unione Europea, pur con tutte le difficoltà, sono ancora tiepide le voci che sottolineano i traguardi e gli esiti positivi raggiunti. E ciò non solo in vista della scadenza elettorale del 25 maggio prossimo, ma anche della presidenza che l’Italia assumerà nel prossimo semestre europeo a luglio.
L’appartenenza a un territorio e la fiducia nelle sue istituzioni, in vista del prossimo appuntamento elettorale, sono l’oggetto dell’ultima rilevazione dell’indagine LaST (Cmr – Intesa Sanpaolo, per La Stampa). La dimensione del territorio è fondamentale nella costruzione delle identità e di senso. Tuttavia, Internet, i social network, le nuove tecnologie hanno infranto i perimetri fisici tradizionali. Il processo di integrazione europeo, l’introduzione della moneta unica e la libertà di scambio di prodotti e delle persone hanno ridisegnato i vecchi confini in modo irreversibile. Questi fenomeni ridefiniscono anche le nostre appartenenze: è la stessa idea di territorio che dev’essere rivisitata.
La ricerca dimostra un’identità articolata. La popolazione sente di appartenere all’Italia, ma anche all’Europa. E i due aspetti coesistono contemporaneamente. Siamo italiani-europei. Ma diamo poco credito alle sue istituzioni, e ancor di meno a quelle nazionali. Viviamo in una casa comune cui sentiamo di appartenere, ma ci fidiamo poco della sua struttura e della «governance». Testimonia dell’esistenza di uno spread fra l’identità, da un lato, e dall’altro la fiducia.
Innanzitutto, si è sondato il senso di identità territoriale. In prima battuta, gli italiani non si riconoscono in un’unica area, piuttosto emerge un’identità molteplice che si costruisce su più livelli. Si è certamente soprattutto italiani (31,2%), ma nello stesso tempo europei (28,1%) e anche appartenenti al mondo intero (24,4%). Lo spazio della Regione (8,2%) e della propria città o paese (8,2%) costituiscono un luogo decisamente meno rilevante rispetto ai precedenti. Potrebbe essere diversamente in un’epoca in cui possiamo in ogni momento e luogo connetterci con qualsiasi parte del globo, vedere cosa accade ai nostri antipodi, comunicare in ogni momento del giorno?
Questo essere online continuamente non può non produrre una riscrittura dei nostri confini (non solo mentali) e, quindi, delle nostre identità: che non possono più essere univoche, ma si ridefiniscono progressivamente. Siamo italiani, ma nello stesso tempo ci piace (o piacerebbe) essere spagnoli, francesi, tedeschi, perché di quei territori apprezziamo alcuni aspetti, li vorremmo avere anche noi, li abbiamo sperimentati visitandoli. Gli stessi oggetti che indossiamo e utilizziamo quotidianamente provengono da più parti del mondo, e così pure il cibo che mangiamo, i canali televisivi che vediamo. Viviamo in un grande condominio globale, con tutti i suoi aspetti positivi e negativi. Provando a costruire una sintesi delle appartenenze territoriali, possiamo delineare cinque profili.
Gli «italo-globali» (39,0%) costituiscono il gruppo più cospicuo e assommano un’identità nazionale a una europea o mondiale. Seguono i «cosmopoliti» (21,0%), coloro che si riconoscono esclusivamente come cittadini del mondo ed europei. I «glocali» (18,4%) si identificano congiuntamente su un livello regionale/locale, con uno europeo/mondiale. Una quota analoga (17,5%) è quella degli «italo-locali» in cui troviamo quanti sommano l’identità nazionale con quella regionale/locale. Infine, più marginali, risultano i «localisti» (4,1%) ovvero quanti esprimono soltanto un’appartenenza regionale e di paese. Gli italiani manifestano un senso di appartenenza all’Italia e all’Europa più elevato di quanto non siamo portati a supporre.
La fiducia espressa nei confronti delle istituzioni, tuttavia, non raggiunge un livello elevato. Emerge evidente uno spread fra il senso di appartenenza e la stima loro attribuita. Che, peraltro, è ancor più stridente nei confronti degli ambiti nazionali rispetto a quelli europei. Nessuna delle istituzioni proposte al vaglio degli italiani interpellati supera il 50% dei consensi. La fiducia nei confronti dell’Ue si ferma al 47,0%, il Parlamento europeo si attesta al 42,1% e la Banca Centrale Europea al 36,8%. Peggio, per i rispettivi livelli, riescono a fare le istituzioni italiane: lo Stato si colloca al 25,2%, superato di poco dalla Banca d’Italia (27,6%), ma con il Parlamento solo all’11,5% di fiducia.
È interessante osservare come la fiducia nelle istituzioni europee sia proporzionalmente collegata a un’appartenenza territoriale più ampia, mentre quella verso le istituzioni nazionali sia sostanzialmente omogenea. Come a dire che la (s)fiducia nazionale è diffusa e pervasiva, mentre a un grado di identità territoriale più aperta corrisponde un maggior livello di stima nei confronti delle istituzioni sovranazionali.
Tra identità e fiducia nelle istituzioni esiste dunque uno spread elevato. Lo spread finanziario dell’Italia è stato fortemente ridotto. Quello immateriale della fiducia non è però meno importante da recuperare: verso le istituzioni europee, e verso quelle italiane.
Daniele Marini*, La Stampa 28/4/2014
*Università di Padova