Guiomar Parada, Il Sole 24 Ore – Nòva 27/4/2014, 27 aprile 2014
IL LATO OSCURO DEL TRADING VELOCE
aI super computer in grado di realizzare migliaia di operazione al secondo hanno lavorato nell’ombra fino a qualche settimana fa. Poi un libro e una serie di eventi hanno accesso su di loro i riflettori. Fbi, Sec (la Consob Usa), il ministero della Giustizia federale e quello di New York, tutti vogliono ora accertare che l’High-Frequency Trading non violi le leggi o manipoli le Borse, ovvero i capi d’accusa di varie cause intentate nelle ultime settimane contro la Borsa dei future di Chicago, il Nasdaq, il Nyse, alcune società di Hft e banche quali JpMorgan, Goldman e Citigroup.
Che i "cattivi ragazzi" dell’Hft godano di vantaggi illegittimi dai quali ricavano milioni di dollari al giorno è la tesi del libro di Michael Lewis, «Flash Boys: A Wall Street Revolt». La sua frase «le Borse americane sono manipolate» ha fatto ribollire il sangue a molti americani le cui pensioni dipendono dagli investimenti in Borsa e ha diviso Wall Street.
Il trading ad alta velocità con algoritmi non è certamente nuovo, mentre lo sono la sofisticazione delle strategie, le sempre maggiori velocità e l’estensione del fenomeno: cinque anni fa, scrive Barclays, solo un quarto del volume degli scambi negli Usa era generato dall’Hft, oggi è il 50 per cento. Nell’Hft, i tempi di esecuzione sono di millesimi e milionesimi di secondo. In un battito di palpebre – 100-400 millisecondi – i computer piazzano migliaia di ordini. Le basse latenze – il tempo impiegato dalle informazioni per andare dal punto A al punto B – sono un altro vantaggio dei flash boys. L’accesso privilegiato all’informazione che queste società acquistano dalle Borse permette ai loro "algoritmi predatori" di visualizzare il flusso degli ordini altrui e di predire i movimenti per comprare basso e vendere alto. Poiché un milionesimo di secondo fa una differenza, le società black box pagano milioni di dollari per installare i propri server nello stesso edificio dei centri operativi o il più vicino possibile.
«Si parla poco dei massicci investimenti che queste società hanno fatto in sofisticati programmi di analytics predittive del big data – dice a Nòva24 Vasant Dhar, professore di Business Analytics alla Stern School dell’Nyu –. Chi è in grado di scoprire schemi sepolti con intelligence e velocità ha un enorme vantaggio: i trader conoscono approfonditamente Borse e latenze e sanno quali domande porre ai computer. Poi integrano le risposte con rischio e probabilità e le sfruttano operando con algoritmi».
I guadagni non superano spesso i centesimi di centesimo di dollaro, ma si ripetono ogni singolo millesimo di secondo della giornata. Tra le altre strategie individuate dalla Sec ci sono i falsi ordini attivati dagli algo-robo per scoprire il prezzo che gli altri sono disposti a pagare, il "gonfiare" il volume degli ordini per rallentare le informazioni che arrivano ai concorrenti e gli "attacchi" a un dato titolo per farlo oscillare più volte al secondo durante una giornata e lucrare sulla volatilità.
Gli algoritmi valgono milioni, ma spesso hanno vita breve, perché quelli concorrenti ne individuano le strategie e le smontano anticipandole. Come l’hardware, devono essere aggiornati continuamente. Nella "corsa agli armamenti", nel gergo del settore, sono impegnati matematici e ingegneri, come quelli che si preparano sull’altra riva dell’Hudson in un laboratorio dello Stevens Institute of Technology che riproduce esattamente una sala di trading. «La frammentazione dei centri operativi, che qui sono circa 50, ha contribuito a espandere il fenomeno negli Usa – spiega a «Nòva» il direttore del Financial Lab e professore di Quantitative Finance, George Calhoun –, perché dà ai trader più possibilità di visualizzare le quotazioni nei vari centri e fare arbitraggio comprando basso in uno e vendendo alto nell’altro». I sostenitori dicono che l’Hft fornisca liquidità al sistema anche tramite le dark pools (denaro per transazioni mantenuto anonimo). «È vero – dice Calhoun – più interesse c’è per un titolo, più si attrae liquidità. Il problema è che quelli dell’Hft non lo fanno ufficialmente e possono ritirarsi quando perdono il vantaggio. Le analisi che ho visto del flash crash del 2010 rivelano che fu proprio un loro massiccio ritiro a causare il repentino crollo del Dow».
Le segnalazioni contro l’Hft si susseguono da anni, ma quelle di Credit Suisse e Goldman hanno richiamato l’attenzione. Il sospetto è che le autorità non siano state molto aggressive finora perché il rialzo della Borsa ha ricadute positive sull’economia, perché dell’Hft beneficiano in parte anche gli investitori comuni e i loro fondi pensione grazie all’abbassamento del costo del l’operatività o semplicemente perché la materia è molto complessa e i migliori consulenti sono già nei libri paga di Wall Street.
«Aver richiamato l’attenzione su questa complessità è un merito del libro di Lewis, ma non si possono rallentare i computer. Storicamente i mercati hanno sempre favorito alcuni partecipanti su altri. La soluzione è dare a tutti un accesso veloce ai dati e abbracciare il progresso dato dalla tecnologie lasciando parlare i fatti», è l’opinione di Dhar. Secondo Calhoun, il fenomeno del l’Hft ha raggiunto il picco. «Continuerà a essere una componente, ma i cambiamenti normativi chiuderanno alcune delle strade controverse sfruttate dai trader – conclude il professore –. I mercati continueranno a operare a velocità sempre maggiori. Su questo non si torna indietro».
Guiomar Parada, Il Sole 24 Ore – Nòva 27/4/2014