Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 27/4/2014, 27 aprile 2014
LE BANCHE RUSSE CORRONO AI RIPARI
Cento milioni di carte Visa nel limbo: tra i primi ad avvertire il colpo delle sanzioni non ci sono solo i russi. «Siamo presi in mezzo, tra la politica degli Stati Uniti e quella della Russia», si lamentava giovedì scorso Byron Pollitt, il chief financial officer di Visa. Prima ancora della nuova ondata di provvedimenti, la crisi ucraina ha già inciso sulle transazioni della più grande compagnia mondiale di carte di credito e di debito. Che, insieme a Mastercard, ha bloccato i servizi nei confronti di due banche russe, dopo le prime sanzioni annunciate da Barack Obama in marzo. «Assistiamo chiaramente a un calo dei volumi cross-border», ha spiegato Pollitt. E il futuro è in balia degli eventi perché, malgrado Visa e Mastercard coprano il 90% del mercato russo - «e noi glielo lasciamo fare», ha sottolineato Vladimir Putin - un allargamento del fronte delle banche bloccate dalle sanzioni potrebbe ulteriormente peggiorare il quadro. E sembra proprio questa la direzione in cui si sta muovendo Washington.
«Tra i prossimi obiettivi, il più probabile è il settore finanziario - spiega Pavel Laberko, responsabile per Russian Equities di Union Bancaire Privée -. La Banca centrale è pronta a prestare assistenza nel rifinanziamento del debito estero delle banche, ma gli istituti di credito che hanno una quota elevata di finanziamenti sul mercato nei loro bilanci rischiano di soffrire più di quelli che sono prevalentemente finanziati dai depositi dei clienti. Analogamente, le società con elevata leva finanziaria hanno maggiori probabilità di avere difficoltà di rifinanziamento rispetto ai competitor meno indebitati».
Mentre le imprese focalizzate sul mercato interno, continua Laberko, sono maggiormente in grado di sopportare le turbolenze esterne. Del resto, «rientrare!» è l’indicazione lanciata dal Cremlino, mentre corre ai ripari e cerca di ridurre la dipendenza dall’Occidente e arginare la fuga dei capitali dalla Russia, quella che il presidente russo chiama «de-offshorizzazione».
I provvedimenti che gli Stati Uniti si apprestano ad annunciare domani, secondo fonti americane, allungheranno la lista degli individui vicini al presidente Putin, ma colpiranno anche "entità" specifiche piuttosto di includere, per ora, interi settori dell’economia: tra i possibili obiettivi le indiscrezioni hanno fatto il nome di Gazprombank, la terza banca russa legata al monopolio dell’energia che ne detiene il 36% ed è probabilmente la ragione per cui, prima di Gazprom, la banca finirà nel mirino. E i dirigenti di Gazprombank, insieme alla statale Vnesheconombank - nata ai tempi sovietici per gestire i rapporti con l’estero, oggi proprietaria del 10,2% di Gazprombank - starebbero già prendendo contromisure rimpatriando capitali, anticipando un possibile congelamento di assets detenuti in banche straniere.
Dati pubblicati da Bank Rossii sul proprio sito indicano che Gazprombank ha spostato sulla Banca centrale russa almeno 7 miliardi di dollari, riducendo l’esposizione all’estero e utilizzando per le operazioni internazionali i propri depositi in valuta presso l’istituto centrale. Né Gazprombank sarebbe la sola tra le banche russe, sempre secondo i dati di Bank Rossii, a tagliare sui depositi in banche straniere: in totale, in marzo la valuta detenuta all’estero è scesa da 100 a 79 miliardi di dollari.
Un esodo che un rapporto dell’austriaca Raiffeisenbank vede continuare, mentre si allunga la lista dei banchieri che potrebbero trovare conforto nell’esperienza del primo tra loro a finire sotto sanzioni, Jurij Kovalchuk, l’alleato di Putin che guida Bank Rossija, la prima e per ora unica banca nella lista di Washington. «La gente capisce da che parte della barricata stai», reagì Kovalchuk alla notizia, in marzo, dando in tv consigli patriottici a oligarchi, come Roman Abramovich, famosi per avere ville in Francia o squadre di calcio in Inghilterra: «La domanda è: dov’è casa tua?». A Kovalchuk tra l’altro è andata bene: all’annuncio che la sua banca era nella lista degli Usa, Putin ci ha subito aperto un conto. E in un attimo, racconta il banchiere sanzionato, «siamo stati inondati di clienti».
Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 27/4/2014