Tonia Mastrobuoni, La Stampa 27/4/2014, 27 aprile 2014
LA SPIA VENUTA DALL’EST CHE DISTRUSSE IL SOGNO DI BRANDT
L’ultima missione di Stato, Willy Brandt la compie a fine aprile del 1974 in Algeria e in Egitto, dove Sadat lo celebra come «l’uomo che con la sua capacità di visione è riuscito a portare la pace e la prosperità, dove una volta c’erano l’odio e il caos». Ma al ritorno, appena il Cancelliere scende dall’aereo militare, a Köln-Wahn, ad attenderlo c’è la notizia che lo costringerà da lì a poco alle dimissioni: Günter Guillaume, uno dei suoi più stretti collaboratori, è stato arrestato. E quando gli agenti gli hanno messo le manette, è stato lui a identificarsi: «Sono un ufficiale della Stasi: trattatemi con il riguardo che merito».
È il più grave caso di spionaggio della storia tedesca. Per Brandt, il geniale architetto della Ostpolitik che si è inginocchiato davanti al ghetto di Varsavia, non è solo un colpo personale durissimo - «mostruoso» lo definirà. È la fine di una straordinaria carriera politica. Dopo aver vinto il Nobel per la Pace nel 1971 e portato l’anno dopo i socialdemocratici al trionfo, al più grande successo elettorale di sempre, l’amatissimo cancelliere di Lubecca deve capitolare. Il 6 maggio di 40 anni fa, Willy Brandt lascia. Ma il «caso Guillaume» è soltanto la causa più apparente del suo passo indietro. Un atto dovuto, vista l’incredibile ingenuità dimostrata non soltanto dai servizi segreti tedeschi, ma anche dal Cancelliere, che sapeva che sul suo fido collaboratore gravava un sospetto sin dal 1973. Guillaume, però, è un pretesto. Da tempo, Brandt è in una crisi nera.
Da mesi, i suoi interlocutori hanno notato che le sue proverbiali pause sono diventate lunghissime. Che a volte il Cancelliere si alza nel bel mezzo di una conversazione, si sposta alla finestra e guarda fuori. Da mesi i suoi collaboratori notano che beve molto, che la sua tendenza alla depressione si è aggravata. Qualcuno parla di «attacchi di autismo». Persino Günter Grass, che aveva partecipato alla sua campagna elettorale, lo attacca pubblicamente: il governo «ha un passo da sonnambulo» e «autocompiacimenti paralizzanti». Lo «Spiegel» gli dedica un’amara copertina, per il 60° compleanno: «Il Cancelliere in crisi». I suoi due rivali più micidiali nel partito, Herbert Wehnert e il futuro cancelliere, Helmut Schmidt, lo attaccano ormai apertamente.
Tuttavia, quando il governo Brandt cade, è un enorme colpo anzitutto per i mandanti di Guillaume, per la Germania est, che perde uno dei suoi più preziosi alleati in occidente. La scoperta che quel collaboratore arrivato a metà negli anni 50 da Berlino Est e asceso alla velocità della luce fin negli uffici della cancelleria, è un traditore, e le conseguenze per Brandt, sono un boomerang micidiale anzitutto per Honecker. Tanto più che proprio la Stasi ha corrotto un anno prima alcuni deputati cristianodemocratici per sventare il tentativo di una «sfiducia costruttiva», di sostituire Brandt con Barzel.
Guillaume, oltretutto, non è neanche una spia indispensabile. Brandt, l’estate prima dello scandalo, pur sapendo delle ombre che gravano su di lui, se lo porta in vacanza in Norvegia. Forse lo sottovaluta. Lo ritiene un uomo noioso e poco intelligente. Guillaume è laborioso, gli sistema le piccole cose: i conti, gli appuntamenti, le scarpe per i ricevimenti. Ma sa ogni particolare della vita del cancelliere, lo accompagna ovunque. E ha anche la possibilità di vedere le scartoffie. Tra di esse, anche documenti segreti: una lettera di Nixon, i protocolli sui colloqui con Washington, le note dei servizi tedeschi. Dettagli disastrosi, anche se per un caso pazzesco i testi norvegesi non arriveranno mai a destinazione: il corriere, intercettato, li butterà in un fiume. L’agente Wolf, però, scriverà anni dopo nelle sue memorie che apprezzava «l’intelligenza politica» di Guillaume, la sua capacità di capire in anticipo le mosse di Brandt.
Nei giorni successivi all’arresto, quando i giornali cominciarono a mescolare dettagli su Guillaume con quelli sulla sua vita privata, raccontandone le scappatelle con alcune giornaliste, le cose precipitarono. Il giorno delle dimissioni, alcuni giovani militanti si riunirono davanti alla sua casa, per solidarietà. Alle due e mezza di notte, un amico di Brandt si affacciò. «Ragazzi, vi capisco assolutamente. Ma ora lasciatelo dormire». Fu la fine del cancelliere dei tre milioni di voti, il più popolare di sempre. Al suo posto, arrivò Schmidt. E cominciò un’altra storia.
Tonia Mastrobuoni, La Stampa 27/4/2014