Anais Ginori, la Repubblica 27/4/2014, 27 aprile 2014
“IO, SUPERPOLIZIOTTA IN UN MONDO PER SOLI MASCHI”
PARIGI.
Nei primi interrogatori non veniva presa sul serio neanche dai criminali. «Chi è questa qui?» aveva sbottato un delinquente, sorpreso di essere messo sotto torchio da una poliziotta. «Il nostro capo, è a lei che devi rispondere » si premuravano gli ispettori, con un filo di imbarazzo. Alla fine degli anni Settanta nessuno, neppure i malavitosi, avevano mai visto una donna alla guida della “brigata di repressione del banditismo”. Mireille Ballestrazzi, oggi presidente di Interpol e direttrice della polizia giudiziaria francese, è stata, insieme a poche altre, una pioniera. Prima donna a partecipare al concorso di polizia, nel 1976, quando la Francia ha deciso di aprire il mestiere all’altra metà del cielo. Dal commissariato di Roubaix, città povera del Nord, fino alla lotta al contrabbando di opere d’arte, alla polizia giudiziaria in Corsica, ha scalato uno dei corpi più maschili dello Stato. «Ma non voglio essere considerata un’eccezione, perché sarebbe un modo di confermare che la regola è un’altra» si schermisce nell’ufficio di place Beauvau, sede del ministero dell’Interno.
Nel corridoio che porta al suo ufficio, la foto di Ballestrazzi è l’ultima in una galleria di ritratti maschili. Sono gli uomini che per oltre un secolo hanno diretto la polizia giudiziaria, crocevia di tutti i grandi casi criminali del paese. Da dicembre, Ballestrazzi guida oltre cinquemila uomini e (poche) donne: 20% di poliziotte, percentuale che diminuisce nei ruoli operativi. «È un mestiere che richiede una disponibilità completa», osserva la presidente di Interpol. «Si lavora di notte come di giorno, da lunedì al lunedì. Per chi ha una vita famigliare può essere un problema». Ballestrazzi, 60 anni, alta, elegante nel tailleur e camicia di seta, capello corto castano, ha avuto due figli costretti a traslocare e cambiare scuola diverse volte in quasi quarant’anni di carriera. «Ho avuto un marito che mi ha sempre sostenuta. Ai miei figli ho imposto dei sacrifici, ma oggi sono fieri di me».
Ricorda il muro di diffidenza all’inizio della sua carriera. «Alcuni colleghi mi guardavano con tristezza, come a dire: ‘Che ho fatto di male per meritarmi un capo donna?’«. A 25 anni, quando arriva a Bordeaux, uno dei suoi superiori la avverte: «Se fallisci si richiuderanno le porte per tutte le altre donne che arriveranno dopo di te». Ballestrazzi deve dimostrare di poter andare incontro a un uomo con un fucile puntato, convincendolo a deporre l’arma. Impara a maneggiare l’attesa, la delusione nei lunghi e faticosi appostamenti. Scopre come rimanere impassibile durante un’autopsia in cui, dice, «il corpo umano diventa un elemento d’indagine come un altro ». Esplora il mondo notturno, incontrando vittime della prostituzione e della droga. «Anche le prostitute erano stupite le prime volte che si trovavano di fronte a una poliziotta. Non sono mai riuscita a toglierne una dalla strada, con i magnaccia c’è un legame forte e profondo». Ballestrazzi deve scattare a ogni emergenza, come quando viene chiamata dopo che Jacques Mesrine ha tentato di uccidere un giornalista. Deve, infine, dimostrare di essere un buon capo, sapendo dosare «autorità e umiltà». L’evoluzione delle tecniche di indagine, aggiunge, ha cambiato il mestiere di una volta. «Per fortuna — dice Ballestrazzi — la forza fisica conta sempre meno».
La sua direzione controlla anche la polizia giudiziaria di Parigi, il mitico Quai des Orfèvres, in cui aleggiano tanti personaggi veri o letterari. «Sono cresciuta leggendo Simenon e Agatha Christie », ricorda Ballestrazzi, nata in una famiglia di tre fratelli maschi e un padre militare. Uno dei suoi bisnonni ha origini liguri. Un anno fa, Madame la Commissaire — così s’intitola la sua autobiografia — è stata eletta anche Presidente di Interpol, il coordinamento tra ben 190 polizie del mondo. Un incarico che ha deciso di mantenere nonostante la nuova nomina alla direzione della polizia giudiziaria. «La sicurezza di un paese — spiega — ormai dipende anche da quella degli altri ». Forte di questo doppio incarico vorrebbe essere un esempio per altre donne. «Da giovane non sono mai stata femminista. Mi sentivo pari agli uomini e basta» spiega Ballestrazzi prima di salutare con un sorriso. «Oggi però vorrei che la smettessimo di stupirci appena una donna arriva in un posto di potere. Non può essere sempre la prima volta».
Anais Ginori, la Repubblica 27/4/2014