Federico Fubini, la Repubblica 27/4/2014, 27 aprile 2014
MANOVRA D’AUTUNNO CACCIA A 25 MILIARDI
La leggenda vuole che il conquistatore Hernan Cortes, sbarcato in Messico, abbia fatto bruciare le navi. Solo così era sicuro che i suoi non avrebbero disertato per tornare indietro. Una versione aggiornata della scelta di Cortes è la manovra di Matteo Renzi in ottobre.
Perché la correzione dei conti può arrivare fino a 25 miliardi.
L’equivalente delle navi al rogo, l’addio alla via di fuga, sono gli impegni che il premier ha già preso, oltre a quelli che eredita dal governo precedente. Renzi ha promesso di rendere permanenti sgravi fiscali per dieci miliardi l’anno (lo 0,7% del Pil) per i redditi medio-bassi. Poiché il governo propone alla Commissione Ue di rallentare il passo del risanamento del bilancio quest’anno per poi accelerare nel 2015, Renzi resta senza alternative. Si è bruciato le navi alle spalle. Può solo avanzare come Cortes, cioè procedere a tagli di spesa sei volte più ampi di quelli da circa tre miliardi annunciati sul 2014. È una cura radicale, se il premier ne avrà la forza politica. L’alternativa sarebbe una deriva dei conti o il tornare indietro sulla promessa dei 10 miliardi che ormai è diventata la sua cifra.
Recita infatti il Documento di economia e finanza (Def) pubblicato questo mese: “Nel 2015 e 2016 il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali richiederà misure aggiuntive per colmare il gap residuo, che il governo ipotizza perverranno unicamente dalla spesa”. Questo significa trovare quasi cinque miliardi per ridurre il deficit, oltre ai dieci per coprire gli sgravi Irpef. Siamo già a 15.
La lista della manovra che aspetta Renzi in autunno però non finisce qua. L’agenzia Reuters ha fatto una stima, andando a vedere gli impegni lasciati dalla precedente Legge di stabilità. E ne emergono interventi per almeno altri dieci miliardi, anche perché l’ultima manovra del governo di Enrico Letta utilizza già i proventi di una parte dei tagli di spesa previsti. È così che il conto della legge di stabilità d’autunno rischia di salire a 25 miliardi.
La legge di stabilità di Letta, ovviamente in vigore, prevede una scansione precisa di eventi. Per esempio, dice che «entro il 31 luglio del 2014» devono essere definiti tagli alla spesa per 500 milioni nel 2014, 1,4 miliardi nel 2015 e 1,9 nel 2016. Non solo. In base alla legge di stabilità in vigore il governo deve definire con un decreto del presidente del Consiglio «da adottare entro il 15 gennaio 2015» (come ricorda Reuters) un’ulteriore correzione dei conti da tre miliardi nel 2015, che sale a sette miliardi nel 2016 e dieci miliardi nel 2017. Così il conto della manovra per l’anno prossimo sale già a 19 miliardi.
Ci sono poi spese difficilmente evitabili, per le emergenze sociali e per gli impegni internazionali dell’Italia. La cassa integrazione in deroga e le missioni all’estero vanno rifinanziate. In più ci sono altri ammortizzatori sociali, i sussidi all’autotrasporto, la manutenzione di strade e ferrovie. Solo per la Cig in deroga, quella per i dipendenti sospesi dalle piccole imprese, serve un altro miliardo nel 2014. E per l’insieme di queste spese incomprimibili il Def stima che, a politiche invariate, si debbano trovare sei miliardi nel 2015 (ai quali ne vanno aggiunti tre nel 2016).
Sale così a 25 miliardi il conto potenziale della correzione dei conti che Renzi deve varare con legge di stabilità prevista per metà ottobre. È circa l’1,7% del Pil. Non sarà facile in un Paese già esausto per aver affrontato manovre da 67 miliardi fra il 2011 e il 2013, con interessi sul debito pubblico che gravano ogni anno per 80 miliardi sui contribuenti. Dev’essere per questo che la Banca d’Italia ha già detto che «nel 2015 i risparmi di spesa indicati non sarebbero sufficienti, da soli, a conseguire gli obiettivi programmatici ». Ma Renzi si è bruciato le navi alle spalle, perché ha fatto la sua promessa sugli sgravi Irpef. Dovrà andare avanti a tagliare o incrociare le dita e sperare di rinegoziare gli impegni con l’Europa, oltre quanto ha già chiesto per il 2014. L’alternativa sarebbe una via di fuga laterale: elezioni in autunno. Ma questa, naturalmente, è tutta un’altra storia.
Federico Fubini, la Repubblica 27/4/2014