Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 29 Martedì calendario

LA BIBBIA SMENTITA DAIGLI ARCHEOLOGI ISRAELIANI

Chi ha distrutto le mura di Gerico? Oggi molti in Israele direbbero che sono gli archeologi ad averle distrutte, o quanto meno “decostruite”. Perché tutto quello che emerge dal lavoro scientifico degli archeologi israeliani che scavano e hanno scavato per decenni i siti delle Sacre Scritture è radicalmente diverso da ciò che racconta la Bibbia sulla storia del popolo ebraico. Così ad esempio non furono i sacerdoti israeliti a fare, come si legge nel Libro di Giosuè, sette giri intorno alle mura per sette giorni e a far crollare le mura dando fiato alle loro trombe di corno. Semplicemente perché le mura non c’erano. Le città di Canaan non erano «grandi», come si legge nella Bibbia, non erano fortificate, non avevano mura «che si levavano alte fino al cielo». «E perciò l’eroismo dei conquistatori, che erano pochi contro i tanti canaaniti ma erano sorretti dall’aiuto di Dio che combatteva per la sua gente, non è che una ricostruzione teologica priva di qualsiasi base fattuale», dice l’archeologo Zeev Herzog, uno dei più noti professori alla Facoltà di archeologia di Tel Aviv. «Ormai tutti questi risultati scientifici sono acquisiti, e la grande maggioranza degli studiosi nei campi che vanno dall’archeologia agli studi biblici e alla storia nel popolo ebraico concorda che gli eventi narrati dalla Bibbia non sono fatti storici. Sono leggende, come per voi quella di Romolo e Remo. Si tratta di una vera e propria rivoluzione scientifica».
A lungo l’archeologia in Israele era servita a provare quello che scrive la Bibbia. Anzi, dopo che nell’800 la scuola tedesca di Julius Wellhausen aveva negato la verità storica della Bibbia, sostenendo che tutta la storia da Abramo e Isacco fino alla conquista della terra da parte delle tribù degli Israeliti era una ricostruzione successiva, motivata da scopi teologici, la spinta alla ricerca per provare il contrario divenne frenetica.
I primi a scavare, soprattutto a Gerico e a Nablus, furono i ricercatori biblici che cercavano i resti delle città menzionate nelle Sacre Scritture. Come l’americano padre Albright negli anni 20. I sionisti adottarono con entusiasmo l’approccio biblico e cominciarono a scavare i siti dell’età dei Patriarchi e le città canaanite distrutte. Secondo la Bibbia infatti gli israeliti avevano attraversato
il Giordano a Bet Shan e Gerico e di lì erano penetrati nella Terra d’Israele conquistandola ai canaaniti. «L’archeologia diventò un vero e proprio hobby nazionale negli anni 50 e 60», dice Herzog. «Le nazioni nuove trovano un sostegno nell’archeologia per rafforzare la coesione nazionale, rifondare la nazione. E i figli degli immigrati avevano bisogno di relazionarsi con la terra. Diventò una passione collettiva, per questo io stesso sono diventato archeologo».
«Così abbiamo scavato e scavato. Ma lentamente sono cominciate ad apparire le prime contraddizioni. E alla fine tutti questi scavi ci hanno rivelato che gli israeliti non erano mai stati in Egitto, non avevano mai vagato nel deserto, né avevano conquistato militarmente la terra per poi consegnarla alle Dodici tribù d’Israele. Nessuno degli eventi centrali della storia degli israeliti veniva corroborato da quello che trovavamo. Nei tanti documenti egiziani per esempio non c’è traccia dell’esodo, vi si parla invece dell’abitudine di pastori nomadi di entrare in Egitto nei periodi di siccità e accamparsi sulle rive del Nilo. Al massimo l’esodo può aver riguardato qualche famiglia, la cui storia era stata poi allargata e ‘nazionalizzata’ per ragioni teologiche».
Una rivoluzione così clamorosa è difficile da far penetrare nella consapevolezza generale, dice il professore. Di tutte le contraddizioni con il racconto biblico quella più difficile da digerire, per chi ha sempre creduto che la Bibbia sia un documento storico, è che il grande Regno di Davide e Salomone, che le Scritture descrivono come il culmine della potenza politica, militare ed economica del popolo d’Israele, un regno che secondo il Libro dei Re si estendeva dalle rive dell’Eufrate fino a Gaza, sia, come dice Herzog, «una costruzione storiografica immaginaria».
«La grandezza del regno di Davide e di Salomone è epica, non storica. Forse la prova ultima è che di questo regno non abbiamo mai conosciuto il nome», dice Herzog. «Gerusalemme, per esempio, è stata quasi tutta scavata. E gli scavi hanno dato una quantità impressionante di materiali dei periodi precedenti e successivi al Regno unito di Davide e Salomone.
Di quel periodo invece non è stato trovato nulla, tranne qualche pezzetto di coccio. Quindi non è che non abbiamo trovato nulla perché magari abbiamo scavato nel posto sbagliato. Abbiamo trovato una quantità di materiale che ci dimostra come al tempo di Davide e Salomone Gerusalemme non fosse che un grosso villaggio, dove non c’era né un tempio centrale né un palazzo reale. Davide e Salomone erano capi di regni tribali che controllavano piccole aree, David a Hebron e Salomone a Gerusalemme. Contemporaneamente si era formato sulle colline della Samaria un regno separato. Israele e Samaria sono stati dall’inizio due regni separati e a volte avversari».