Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport 29/4/2014, 29 aprile 2014
PAPA’ NOLE
Novak Djokovic è guarito ai flessori del braccio destro: da giovedì o venerdì s’allenerà a Madrid per il torneo che scatta domenica.
Nole, è vero che lei pensa troppo?
«Il mio scopo è di aver consapevolezza di più cose possibili, per me più studia più un uomo ha valore, voglio sempre imparare qualcosa di nuovo. L’ho ereditato dalla mia famiglia, e l’educazione è qualcosa che ti rimane dentro, non si può vendere e non si può comprare. Da ragazzo, mi sono preso le mie responsabilità, crescendo con tante difficoltà economiche, ma con l’ambizione e la consapevolezza di quel che dovevo fare per arrivare “là”. Volevo crescere prima possibile per gestire tutte le situazioni della vita».
Lei è molto forte, dentro, ma è anche un filantropo con la sua gente.
«Vorrei aiutare tutti i bambini, specialmente quelli del mio paese, dargli una direzione per realizzare il diritto di sognare, per diventare un giorno atleti, dottori, ingegneri».
Presto sarà padre: quale principio regalerà a suo figlio?
«Io sono grato della opportunità di poter giocare a tennis, lo sport che amo con tutto il mio cuore, ma non prendo niente per scontato. E così apprezzo di più la vita perché non ho avuto tutto gratis».
Che cos’è un figlio per un campione, iper-egoista come un tennista?
«La mia Jelena mi ha dato la giusta parola: fonte della gioia. E’ il massimo: inizia un nuovo capitolo nella vita, sono molto felice, anche se tutti dicono che capiremo quando darà il primo calcio. Magari tirerà un rovescio lungolinea...».
Di sicuro lei è il n. 2 del mondo più felice: zero frustrazione.
«Il tennis non è l’unica fonte della felicità, per questo sono sempre contento, perché ho tante cose differenti fuori dal campo, gioia, passione, amore, persone che mi vogliono bene. Perché dovrei essere stressato da numero 2? Proverò a tornare 1 perché il tennis è la mia passione, il mio amore e anche il mio lavoro, ed è la cosa che faccio meglio. Cercherò la forza per vincere tutti i tornei. Ma con l’arrivo del bambino il tennis non è più la priorità numero 1».
Cambierà i pannolini?
«Ho diversi amici tennisti che l’hanno fatto, come Ljubicic. Non vedo l’ora di vivere queste situazioni. Sì, anche star svegli la notte... La vedo in positivo: ti stanchi un po’, ma ti dà nuova energia. Ljubo voleva fermarsi col tennis e ha trovato nuove motivazioni. E Haas che ispirazione ha avuto dall’arrivo della bambina?».
Rafa sta perdendo il giocattolo terra rossa?
«Tutti siamo rimasti un po’ sorpresi vedendolo perdere in due tornei di fila. E’ lo sport: dominare negli ultimi anni ha aiutato la sua fiducia e gli ha dato un vantaggio mentale, ma ha anche dato tempo agli avversari di capire come affrontarlo».
Djokovic l’ha capito a Roma 2011.
«E’ stata importantissima la semifinale con Murray, finita a mezzanotte, non ho avuto tanto tempo per recuperare, ma ho trovato una forza incredibile e inesplicabile. Perché a Roma mi sento come a casa, e i romani mi vedono come uno di lì, anche perché parlo abbastanza l’italiano, e mi trasmettono un grande calore. Nella testa, avevo un problema fisico, contro Rafa, il più grande giocatore della storia sulla terra rossa. Però io arrivavo da 38 vittorie di fila e quindi non ho sofferto per i precedenti. Era il momento giusto per batterlo: di testa, sono stato più forte e decisivo».
Il Roland Garros è l’unico Slam che Djokovic non ha vinto.
«Non devo pensare solo a Nadal. L’anno scorso Tsonga ha vinto contro Federer e Ferrer è andato in finale, ora Wawrinka ha vinto Montecarlo, e Ferrer e Almagro hanno battuto Rafa. Senza dimenticare un top player come Murray. Sicuramente Wawrinka ha preso grande fiducia dai tornei e dalle vittorie coi primi: ci ha battuto tutti, sulla terra battuta si sente bene, e si vede, ha trovato il controllo nell’aggressività. E’ l’esempio dei giocatori che migliorano, e ha pure dimenticato tutte le volte che l’avevamo battuto».
Che cosa perde Djokovic sulla terra rossa?
«Perdi un po’ il ritmo perché il rimbalzo è sempre diverso e devi stare molto attento, devi essere più reattivo e veloce, il gioco non è così automatico, mentre sul cemento ci sono colpi che puoi giocare con fluidità, usando la velocità del campo, sulla terra ogni colpo chiede forza e devi lavorare di più. Devi creare ed avere più pazienza».
Djokovic dove ha studiato da Djokovic?
«Sono andato a scuola fino a 18 anni, e ho sempre avuto il rimpianto dell’Università. Ma ho letto e leggo tanto, psicologia — la facoltà che avrei scelto — e psicologia dello sport. E poi storie con approccio scientifico. Mi piace anche scrivere: ho di nuovo un diario, come anni fa. E’ bello: per rileggere come hai vissuto certi momenti e anche per i tuoi bambini, per spiegare come sei. Molto meglio di una fotografia».
Una foto del suo Milan: Balotelli.
«Ha molto talento e in prospettiva ha il potenziale per essere un top player. Ha fatto vedere che quando vuole lavorare ed è disciplinato, quando vuole veramente giocare è uno dei migliori nel ruolo».
Balotelli è un po’ come Fognini.
«Sì, Fabio ha avuto tanto successo negli ultimi 15 mesi perché ha cambiato anche psicologicamente. Si è seduto, ha pensato, e finalmente ha capito che cosa significa essere professionista in modo totale. Oggi nel tennis tutto ha un’influenza sulla struttura mentale e può venire a galla nei punti decisivi: quando sei solo, in campo, e senti che l’avversario è più fresco mentalmente».