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 2014  aprile 29 Martedì calendario

IL GIUDICE E QUELLE CENE DELL’EX CAVALIERE «DONNE OGGETTO E SITUAZIONI SCABROSE»


ROMA — Altro che «cene eleganti». Le feste di Silvio Berlusconi erano serate organizzate dall’«agenzia di servizi» gestita da Gianpaolo Tarantini «che potevano concludersi con prestazioni sessuali» e durante le quali «le ragazze reclutate dovevano presentare, oltre ai requisiti fisici e di abbigliamento, anche affidabilità e massima discrezione circa i luoghi e le persone che erano chiamate a frequentare, sicché non si trattava di semplici prostitute , sia pure di alto bordo, ma di persone che sapessero mantenere la adeguata riservatezza sulle scabrose situazioni cui erano chiamate a partecipare». È durissima la motivazione con la quale il giudice di Bari Ambrogio Marrone condanna a un anno di reclusione con rito abbreviato l’avvocato Salvatore Castellaneta per induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Il legale, amico di Tarantini e finito nel suo stesso processo, era accusato di aver convinto almeno un paio di amiche a mettersi a disposizione. Il giudice lo assolve dall’accusa di aver partecipato all’associazione a delinquere messa in piedi dallo stesso imprenditore, ma sottolinea come «il materiale probatorio offre uno sconcertante quadro della vita privata di vari soggetti coinvolti nella vicenda, dalle ragazze all’allora presidente del Consiglio, che al di là di una formale apparenza di “cene eleganti”, dissimulava una fiorente attività di esercizio della prostituzione».
In 10 mesi 25 feste
Il giudice rilegge testimonianze e intercettazioni riguardanti «25 incontri e serate avvenuti tra luglio 2008 e maggio 2009 nel quali si è manifestata l’attuazione del programma criminoso ideato e poi realizzato dagli imputati sotto la guida di Tarantini». E spiega come «l’impianto accusatorio, pur se negato o minimizzato da alcuni degli indagati e dalla maggior parte delle donne, ha trovato ampi riscontri nelle stesse dichiarazioni di Tarantini e di alcune ragazze» come Patrizia D’Addario, Stefania Montereale, Terry De Niccolò e Fadoua Sebbar.
Ma soprattutto sottolinea che durante il processo — tra gli imputati ci sono Sabina Began, Massimiliano Verdoscia e altri presunti «reclutatori» — «dovrà essere necessariamente esaminato il materiale probatorio, pur nel suo contenuto di oscenità e bassezza, al fine di evidenziare la situazione di mercimonio del corpo femminile e la considerazione delle donne come semplici oggetti suscettibili di commercio a scopo sessuale che caratterizza la vicenda e ne evidenzia la natura spiccatamente dolosa e pervicace».
Sesso e gettoni di presenza
Tarantini viene ritenuto «attendibile» quando racconta di aver speso «circa 50mila euro» per i «cachet» e i gettoni di presenza, anche se si ritiene provato che «le utilità vengono elargite di solito dallo stesso Berlusconi, quasi sempre poco prima che le donne vadano via dalle sue dimore, il giorno dopo l’incontro “ravvicinato” a scopo sessuale, avvenuto di notte con le ragazze di turno». L’indagine ha fatto emergere la speranza di Tarantini si essere candidato alle elezioni e poi i suoi tentativi per fare affari con Finmeccanica e Protezione Civile. E le aspirazioni delle donne.
Scrive il giudice: «Le ragazze sono ben consapevoli delle utilità che possono trarre e a volte sollecitano Tarantini a organizzare nuove serate perché bisognose di risorse economiche di facile guadagno» evidenziando poi «le possibilità per loro di affermazione professionale e sociale». Viene citato il caso di Grazia Capone «che ammette di essere rimasta sola con il Presidente e aver dormito solo un’ora anche se poi nega che quella notte vi fosse stato un rapporto sessuale completo. Se la tesi fosse veritiera, sarebbe l’unico caso dei venti documentati. In ogni caso la giovane ha realizzato il suo desiderio visto che poi è stata assunta presso la presidenza del Consiglio grazie all’intervento di Berlusconi» .
La «nottata boccaccesca»
La sentenza ricostruisce varie serate e anche «una boccaccesca nottata di tre ragazze insieme all’allora premier che consente di cogliere le modalità dell’accordo criminoso tra Tarantini e gli altri “reclutatori”». Si sottolinea come le quattro regole seguite dall’imprenditore — ricerca delle donne, verifica delle loro caratteristiche fisiche, indicazioni dell’abbigliamento da indossare e delle norme di comportamento da tenere, induzione ad accettare le richieste di approccio di Berlusconi — fossero parte di un copione sempre uguale.
Un meccanismo ideato da Sabina Began, «ape regina» che di Tarantini sarebbe stata la «maestra» e viene definita «Tarantini in gonnella».