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 2014  aprile 29 Martedì calendario

IL BOTANICO CHE INVENTÒ LA LAMBRETTA


Pierluigi Torre, uno dei geni italiani più dimenticati, l’ingegnere che ha progettato i motori dell’idrovolante Savoia-Marchetti S.55, usato da Italo Balbo per compiere la sua celebre trasvolata atlantica da Roma a New York del 1933, ma anche inventore del primo modello di scatola nera e della Lambretta, lo scooter che diede la libertà di sognare a tanti italiani negli anni del boom economico.
A ridare voce a Torre è adesso la nipote Roberta Torre - celebre regista teatrale e cinematografica, pluripremiata con i David di Donatello e autrice del film culto Tano da morire. Nel suo romanzo Il colore è una variabile dell’ infinito (da pochi giorni in libreria per Baldini&Castoldi, pp. 124, euro 16,50) racconta la vita di un uomo sempre alla ricerca dell’innovazione, sempre impegnato nel cercare di dare al progresso un volto umano, un uomo mai domo davanti alle mille difficoltà della vita e scienziato eclettico e innovatore. Pierluigi Torre è stato l’antesignano di tanti uomini e donne di scienza, oggi canonizzati dalla sinistra (vedi Margherita Hack), capaci di affrontare l’infinito. Purtroppo è sempre stato accusato di essere un fascista e come tale bollato d’infamia. In realtà Torre è stato uomo e scienziato libero da ogni ideologia perché per lui la cultura non ha mai avuto colore. Oltre al romanzo, dal 13 Maggio al Teatro dell’Arte della Triennale di Milano, ci sarà il debutto dello spettacolo tratto dal libro e interpretato da Paolo Rossi con la regia della stessa Roberta Torre.
Il romanzo è scritto in punta di penna, a iniziare dal meraviglioso titolo, con la capacità di restituirci la figura di uomo tormentato tra il suo desiderio di fare parte di un mondo che continua a progredire, ma in cui nessuno sembra progredire veramente. Nato nel 1902 a Vieste da una famiglia di pescatori, Torre si traferisce a Milano, dove si laurea in Ingegneria meccanica ed elettronica, poi a Torino dove consegue la laurea in Ingegneria Aeronautica e infine a Roma, nel centro sperimentale di Guidonia completamente dedicato ai progetti più innovativi. È qui che mette a punto i motori che consentiranno a Italo Balbo di compiere la sua transoceanica in volo del 1933, in un’Italia che inizia a convivere con i primi segnali del fascismo. Dopo il 2 ottobre del 1935, giorno in cui prese avvio la campagna di Etiopia, Torre si ritova negli hangar di Guidonia non più a ricercare un’utopia, ma a progettare “aerei che avrebbero portato distruzione e morte”. Torre si ribellò più volte a questo diktat e appena “i nostri alleati tedeschi in un attimo divennero i nostri nemici” si trasferì a Milano. Qui iniziò a lavorare per la Innocenti e inventò la Lambretta, che prende il nome proprio dell’ubicazione
della fabbrica Innocenti, nel quartiere di Lambrate. Era l’Italia del Dopoguerra, quella che cercava di riprendersi dalle macerie, anche morali, di un conflitto che aveva raso al suolo città e speranze. Con la Lambretta Torre contribuì a dare la speranza agli italiani: il sogno di «volare» su due ruote, alla portata di tutti. E’ l’inizio del sogno che si trasformerà nel «boom economico». Nel contempo una tragedia minerà per sempre la vita di Torre: la malattia della moglie Albertina, costretta su una sedia a rotelle e il suo stesso licenziamento dalla Innocenti. L’azienda ormai importava nuovi prototipi dall’America e a Torre fu dato il benservito.
Da un giorno all’altro: «Passai in mezzo agli operai e, mentre leggevo nei loro occhi la rassegnazione verso un mondo che sempre più li abbandonava scegliendo logiche di mercato che riducevano l’uomo a un piccolo ingranaggio della macchina produttiva. Sarebbero stati anche loro stritolati senza pietà».
Poi la morte della moglie, nella loro villa di Stresa, sul Lago Maggiore, non prima che Torre, da decenni esperto botanico, non le regali il primo esemplare di rosa blu naturale, ottenuta dopo anni di incroci e esperimenti. Un uomo distrutto, sempre più vicino a quella che sarà la sua fine. Nel frattempo diventa docente al Politecnico di Milano. Alla soglia dei settant’anni trova nei volti degli studenti la sua nuova giovinezza. Fino ai primi movimenti studenteschi: la gioia si trasforma in terrore. Torre è accusato di essere un fascista ed è costretto ad allontanarsi. Ancora una volta. Finirà i suoi giorni in una clinica psichiatrica.
Questo romanzo biografia è una lunga e commovente cavalcata nel cuore oscuro del ‘900: il secolo scorso raccontato da un lato inedito, attraverso uno dei suoi protagonisti meno noti. Un romanzo scritto in punta di penna, per l’appunto, che emoziona e commuove e, soprattutto, ci fa conoscere tensioni e ideologie che hanno devastato un secolo. In nome di una politica che, ancora una volta, non è stata in grado di riconoscere equamente i meriti. Un libro, quello di Roberta Torre l’amata nipotina, che è un riconoscimento a una delle menti più geniali del nostro Paese: sempre indipendente da ogni costrizione, sempre libero di pensare e agire nel nome di una libertà che è come i colori. Quella «variabile dell’infinito» del titolo che è dentro ad ogni uomo.