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 2014  aprile 29 Martedì calendario

LA CROAZIA TRIVELLA ALLA FACCIA NOSTRA


Mentre il Parlamento italiano si prepara a votare il blocco delle trivellazioni lungo le coste del Belpaese, la Croazia dà il via libera alla ricerca in mare aperto di gas e petrolio. Una società norvegese specializzata nello scovare riserve delle preziose fonti energetiche sotto i mari, ha consegnato il suo responso al governo croato: all’interno delle acque territoriali del nostro dirimpettaio si trovano ingenti giacimenti di queste materie prime.
Una notizia che ha galvanizzato Zagabria, tanto da far annunciare al ministro dell’Economia che il Paese si prepara a diventare «una piccola Norvegia». La Croazia ha già sul piatto 36 progetti in fase di costruzione nel settore energetico con investimenti potenziali di 9 miliardi di euro. Se a questi si dovessero aggiungere quelli relativi allo sfruttamento dei giacimenti scoperti lungo le coste, è facile prevedere che l’auspicio croato si trasformerà presto in realtà. Anche se l’annuncio della scoperta non è ancora stato accompagnato da numeri, la compagnia petrolifera croata INA parla di un potenziale tra gas e petrolio intrappolati nel fondo marino di 2,8 miliardi di barili. È un’enormità. La Norvegia, uno dei principali produttori di oro nero al mondo, ha riserve per 6,9 miliardi di barili.
Il problema per l’Italia non è soltanto il costante lavoro croato per superarci quale principale hub di gas dell’area. Ma, principalmente, che potrebbe costruire una serie di trivelle offshore a un passo dalle nostre coste, soffiarci la materia prima che, sotto i fondali marini, arriva democraticamente anche all’interno delle nostre acque territoriali e, potenzialmente, esporci agli stessi rischi di disastri ambientali che ci esporrebbero eventuali nostre nuove piattaforme. Solo che loro, così facendo, si arricchirebbero, noi no. È un po’ la storia delle centrali nucleari oltre il confine alpino. Corriamo gli stessi rischi di chi li ha in casa (alti o bassi che siano) ma non gli stessi frutti.
Non che l’Italia non abbia già molte piattaforme al largo delle sue coste. Ma la volontà politica è quella di stopparne di nuove. In più vuole alzare a dismisura le royalty che le compagnie pagano sull’estrazione del petrolio, mettendo a rischio ben 18 miliardi di investimenti che le società estrattive hanno in programma nel dossier “Italia”. Facile immaginare che una bella fetta di questi soldi potrebbero essere spostati a pochi chilometri dal nostro naso.
Anche l’Ambiente, così come l’Energia, avrebbe bisogno di un maggiore coordinamento europeo. È vero che la sensibilità sul tema può essere sostanzialmente diverso tra Paese e Paese, ma, come si vede, il conto da pagare per queste differenze è salato.
Il blocco delle trivellazioni che Roma metterà ai voti, non darà una gigantesca mano alla sola Croazia. Nel provvedimento infatti è previsto che i giacimenti al largo della Sicilia restino intatti. Le coste sicule sono così al sicuro da eventuali (anche qui, probabili o improbabili non importa) maree nere? Certo che no. Perché il divieto vale per noi, ma non certo per Malta, che potrà così organizzare una grande festa e foracchiare a piacere i fondali per estrarre ricchezza. Certo, se trivellassimo anche noi, alzeremmo le probabilità di incidenti. Consoliamoci così.