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 2014  aprile 29 Martedì calendario

IMMOBILE, L’AZZURRO CHE AVANZA

Nel calcio cosiddetto “moderno”, gra­zie al cielo, non muoiono le storie che si ripetono, i corsi e i ricorsi ca­ri a Giambattista Vico e che si ri­presentano anche quando si tratta solo di rimbalzi di pallone, di ra­gazzi che gli corrono dietro. Uno dei tanti, assurto a recente celebrità, si chiama Ciro Immobile, è di Napoli, gioca nel Torino e sta riproponendo un ’remake’ di qualcosa di bello già visto in passato: nella stagione immediata­mente precedente un campionato del mondo, un cannoniere-rivelazione che unghia a suon di gol la convocazione tra gli eletti e quindi trasci­na la squadra a risultati eccelsi. Immobile, giocando nel Torino, ha già realizzato 21 reti (senza rigori) esplodendo dopo una pri­ma stagione di rodaggio in Serie A vissuta nel Genoa, tornando a far sognare la storica curva granata. L’attaccante che viene dal Sud e che ha trovato a Torino il suo momento più alto, con quello messo a segno con l’Udinese ha uguagliato un record che per il Toro risaliva ai due campionati-simbolo della storia moderna gra­nata: quello dello scudetto 1975-1976, quando fu Paolo Pulici a mettere a segno 21 gol; e quel­lo del ’76-’77, quando a farne 21 fu Ciccio Gra­ziani, e il Toro sfiorò il titolo arrivando a 1 pun­to dalla Juve. Prima, Immobile aveva già conquistato un titolo di capocannoniere in Serie B nel Pescara di Ze­man, manna di tanti attaccanti poi diventati qual­cuno, almeno in Italia. E il precedente, il percor­so, assomiglia tanto a quello del debuttante Pa­blito Rossi, che nel 1978 finì per stupire il mondo in Argentina dopo avere vinto due classifiche dei cannonieri (in B e in A) con il Lanerossi Vi­cenza di G.B.Fabbri e “bruciato” all’ultimo secondo proprio Graziani per una maglia azzurra di titolare ai Mondiali.
Il sorpasso avvenne in occasione del­l’ultima amichevole premondiale, di­sputata a Roma con la Jugoslavia: il ’generoso Ciccio’ deluse, Bearzot non esitò a lanciare il ragazzo tanto magro e tanto rapido in area di rigore. L’Ita­lia non vinse la Coppa, ma risultò a detta di tutti la squadra più brillante e gettò le basi per il trionfo spagnolo di 4 anni dopo.
Qui, oggi, il Graziani del caso si chiama Mario Balotelli e Immobile è lì, pronto a scattare e tirare come fa in campo. Am­messo e non concesso che Prandelli non de­cida sorprendentemente di andare contro­corrente (e sfidare buona parte dei 50 milioni di commissari tecnici in servizio permanente in I­talia) lasciando fuori dai 23 convocati per il Mon­diale brasiliano l’attaccante napoletano, anche qui potrebbe esserci un cambio di gerarchie del­l’ultimo secondo nei due test fissati prima della partenza contro l’Irlanda (31 maggio) e il Lus­semburgo (4 giugno). Balotelli è ancora e sempre preda dei suoi ripie­gamenti mentali, delle sue perturbazioni: pati­sce e ha patito anche l’annus horribilis del Mi­lan ed è naturale, al di là delle dichiarazioni di fac­ciata, che preoccupi il ct. Se alla “borsa” del tas­so di classe pura e di esperienza internazionale acquisita, SuperMario è in vantaggio sul giova­ne rivale, in questo momento è perdente dal pun­to di vista della condizione psicofisica e delle mo­tivazioni, fattori che in un Mondiale prendono un peso specifico esponenziale.
Alla borsa valori vera, quella del calciomercato insomma, il sorpasso c’è forse già stato: nel di­battito sottovoce, a distanza, già impostato tra To­rino e Juventus, proprietarie a metà del suo car­tellino, è piombato a quanto pare il Borussia Dortmund con un’offerta importante, qualcuno sussurra di 21-22 milioni. Un rumour, magari per ora c’è solo un interesse: buono tuttavia per ca­pire da subito che - in questo caso al contrario di quanto successo con Paolo Rossi - il campionato italiano è forse già destinato a perdere il dia­mante appena sgrezzato, non è più terra, questa, di weekend da ricchi. Per il presidente del Torino, Urbano Cairo, Immobile - almeno a parole - è per ora «un patrimonio granata. Dovremo tro­vare con i dirigenti bianconeri la so­luzione migliore, ma credo che per il ragazzo sia quella di restare un al­tro anno al Toro». Chissà.
In tutto questo Ciro Immobile, faccia e fisico da vichingo, vo­ce e accento da napoletano ri­servato e timido, non può fa­re altro che segnare e sognare. Ha ancora tre partite di cam­pionato per sedersi sul trono che è stato dei Nordahl, dei Ri­va, dei Platini, degli Ibrahimo­vic e ricordare ancora al ct Pran­delli che le storie si possono dav­vero ripetere, specie quando si parte per un Mondiale al di là del­l’Oceano. Segnare e sognare, è tutto quello che c’è da fare. ­