Viviana Daloiso, Avvenire 29/4/2014, 29 aprile 2014
CARCERI, È TEMPO DI CAMBIARE
Tornano al centro di un dibattito infuocato le condizioni disumane dei detenuti nelle carceri italiane all’indomani del rinnovato appello del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, affinché si agisca – e al più presto – per rimuovere l’emergenza, rispondendo anche a quanto ci chiede l’Europa. Un appello lanciato in occasione della cerimonia di canonizzazione dei due Papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, durante il breve colloquio di Napolitano con Papa Francesco. Rispetto a un anno fa la situazione è leggermente migliorata, ma il sovraffollamento resta la piaga delle nostre 205 carceri: rispetto ai posti disponibili ci sono quasi 12mila detenuti in più. Gli ultimi dati pubblicati sul sito del ministero della Giustizia sono aggiornati al 31 marzo scorso. E dicono che il numero dei reclusi supera la quota di 60mila: 60.197 per l’esattezza, rispetto a una capienza regolamentare di 48.309 posti. Un anno fa sfioravano i 19mila. «Si è fatto molto in questi ultimi due anni, il sovraffollamento è stato dimezzato», ha commentato il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino, spiegando come lo sforzo non basti e come a fronte di 3mila posti carcere consegnati se ne attendano altrettanti, oltre che la riforma della custodia cautelare. Dichiarazioni contro cui si è scagliato il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (il Sappe), secondo cui i numeri sono drammaticamente diversi e il nuovo appello di Napolitano è fondamentale per capire cosa è stato fatto di concreto, a partire dalla certezza che «pensare di risolvere i problemi del sovraffollamento dando la possibilità a chi si è reso responsabile di un reato di non entrare in carcere è sbagliato e ingiusto». Fondamentale l’intervento di Napolitano anche per il Partito Democratico, secondo cui «la verifica richiesta su quanto è stato fatto e quanto resta da fare sulla questione delle carceri, alla vigilia dell’esame da parte della Corte europea dei diritti umani, deve essere atto di piena responsabilità per il Governo, il Parlamento e per tutte le forze politiche», ha sottolineato il responsabile nazionale Carceri del Pd, Sandro Favi. Mentre proprio affinché le forze politiche si assumano «la piena responsabilità della situazione» si è espressa l’Unione camere penali, che è tornata a insistere sulla necessità «di provvedimenti emergenziali, in particolare l’indulto». Intanto proprio a Napolitano, al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al ministro della Giustizia Andrea Orlando (ma per conoscenza anche al presidente del Consiglio europeo Van Rompuy e quello della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento Europeo Juan Fernando Lòpez Aguilar) è stata indirizzata la lettera-appello di 60 associazioni e cooperative che operano nella realtà carceraria. Sette le richieste messe a fuoco: da quella di «diversificare il sistema sanzionatorio» (così da «procedere sulla doppia via della depenalizzazione e della residualizzazione della pena carceraria») all’accantonamento del vecchio trattamento dei detenuti, fondato sulla «soggezione, l’afflizione e l’umiliazione», per passare ad un modello più improntato alla socialità e alle attività all’interno del carcere, a cominciare dal lavoro. Si fa notare che la gran parte dei detenuti è a basso indice di pericolosità e si chiede di favorire l’invio in comunità di detenuti in affidamento, esperienze che «abbattono la recidiva e hanno un costo inferiore a quello dello Stato».