Nicola Borzi, Il Sole 24 Ore – Plus 26/4/2014, 26 aprile 2014
BANCHE IN RIPRESA NEL 2015
Quella sul settore del credito in Italia è una scommessa da cassettisti. Il mondo delle banche italiane è oggetto di una grande spinta al rinnovamento. Negli ultimi 10 anni, però, i loro corsi hanno pagato pesantemente l’effetto della crisi finanziaria scatenata dai mutui subprime e della recessione che ne è seguita. Cosa c’è da attendersi dunque per il futuro?
Al netto di nuove, imprevedibili catastrofi, come quella del crack Lehman Brothers, gli analisti prevedono una ripresa graduale e costante delle performance borsistiche del settore, che lo riporterà – ma non prima del 2016 – a presentare risultati e indici migliori della media delle large cap quotate a Piazza Affari.
Come spiegato su Plus24 di sabato 5 aprile, dopo la grande gelata degli anni scorsi ora il settore dovrebbe beneficiare, con differenze di caso in caso, di una triade di fattori che tornano a renderlo interessanti agli investitori, grandi e piccoli: «innanzitutto la valutazione a forte sconto delle banche italiane rispetto ai loro competitor europei (trattano sotto i valori di patrimonio netto); l’attesa di una nuova stagione di fusioni e acquisizioni che ridisegni la mappa del credito; la fiducia nell’intervento della Banca centrale europea, con il passaggio della Vigilanza da Roma a quella di Francoforte e l’Asset quality review (il controllo della qualità del credito) di fine estate, a garantire stabilità e profittabilità nel medio periodo».
Secondo le cifre contenute nelle tabelle (vedi a pag 4-5), i principali indicatori delle maggiori banche quotate italiane (Intesa Sanpaolo, UniCredit e Banco Popolare) nell’ultimo decennio non sono stati del tutto convincenti. A parte Intesa Sanpaolo, principale istituto nazionale, che può vantare una performance borsistica a dividendi reinvestiti superiore alla media del campione dei titoli a larga capitalizzazione considerato, UniCredit ha ottenuto rendimenti inferiori alla media e il Banco addirittura negativi. Quanto alla loro volatilità, esasperata dalla crisi finanziaria e dalle sue conseguenze, sulla durata dei dieci anni è stata pari a una volta e mezza quella del campione analizzato.
Non a caso anche il consensus degli analisti finanziari sui multipli del triennio 2014-16 mostra una progressione positiva molto graduale. Solo alla fine del 2016, infatti, il price/earning ratio, cioé il rapporto tra utili e corso del titolo, scenderà sotto la media del campione (10,9x). Gli altri indicatori di redditività, quali il rendimento del capitale e il dividend yield (rendimento del dividendo) netto – con l’eccezione delle attese riguardanti Intesa Sanpaolo per il 2015 e il 2016 –, non terranno comunque il passo dei "pesi massimi" di Piazza Affari, mentre un importante indicatore quale il rapporto tra prezzo di Borsa e valore di libro resterà comunque ancora fortemente a sconto.
Quanto agli altri titoli del settore, le attese degli analisti riguardanti la redditività, gli utili e i dividendi confermano la progressione lenta ma costante indicata dalle large cap, segnale di una fiducia nella capacità complessiva del settore di far fronte al rafforzamento patrimoniale senza deprimere eccessivamente la redditività. Sul fronte del payout, cioé della percentuale di utili che (sempre secondo le attese degli analisti) dovrebbero essere destinate ai dividendi, per i bilanci dall’attuale a quello del 2015 è prevista invece prima una brusca frenata, a valere sui conti di quest’anno, poi una ripresa dall’anno prossimo. Si tratta però di valori percentuali che dicono poco sul montedividendi distribuito, che potrebbe essere comunque superiore grazie alla ripresa complessiva della redditività.
Nicola Borzi, Il Sole 24 Ore – Plus 26/4/2014