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 2014  aprile 26 Sabato calendario

UNA SENTENZA CHE SALVAGUARDA DIRITTO E GIUSTIZIA


La sentenza della Cassazione sulla vicenda Thyssen ha una grande importanza. Non soltanto perché la Corte si è pronunciata su alcune delicate questioni giuridiche sulle quali vi era stata divergenza fra giudice di primo e giudice di secondo grado; ma anche perché, per la delicatezza delle questioni di diritto, la decisione era stata assegnata alle Sezioni Unite.
La decisione presa, e la relativa motivazione, avranno dunque un peso rilevante sulla futura giurisprudenza in materia d’infortuni sul lavoro.
Il nostro sistema giuridico non è caratterizzato dalla forza vincolante del precedente giurisprudenziale; la Cassazione ha tuttavia la funzione di enunciare l’interpretazione delle norme al massimo livello d’autorevolezza, di creare in altre parole il cosiddetto «diritto vivente» destinato ad orientare coloro che dovranno in futuro cimentarsi con l’applicazione della norma.
Il primo profilo di rilievo enunciato ieri dalle Sezioni Unite è stata la conferma della decisione di appello che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva stabilito che nel caso di specie non vi erano gli estremi per configurare a carico di nessuno una responsabilità per dolo (cosiddetto «dolo eventuale»), ma soltanto per colpa (cosiddetta «colpa cosciente»).
Si ha dolo eventuale quando il soggetto si rappresenta come concretamente possibile che un evento possa verificarsi, ma, pur rappresentandosi come reale tale possibilità, va avanti accettando così il rischio che l’evento si verifichi; si ha colpa cosciente quando il soggetto si rappresenta come astrattamente possibile l’evento, ma esclude che in concreto esso possa avere luogo. Con riferimento alla vicenda Thyssen il giudice di primo grado aveva ritenuto (con riferimento ad uno degli imputati) che i riscontri processuali consentivano di ritenere provata non soltanto la consapevolezza del pericolo, ma anche la mancata esclusione che esso potesse concretamente tradursi in danno (dolo); il giudice di secondo grado aveva invece ritenuto che tutti gli imputati fossero convinti che il pericolo fosse meramente astratto e che l’evento non si sarebbe verificato (colpa). La Cassazione, confermando la sentenza di appello, ha giudicato corretta la valutazione del giudice di secondo grado.
Il giudice di primo grado aveva interpretato in modo molto rigoroso e del tutto innovativo rispetto alla giurisprudenza tradizionale i requisiti che consentono di ritenere provata la cosiddetta «accettazione del rischio» e pertanto l’esistenza del dolo eventuale; il giudice di secondo grado, adeguandosi alla prassi giurisprudenziale più diffusa, aveva ritenuto invece che potesse essere riconosciuta presenza di «accettazione del rischio» soltanto allorquando il verificarsi dell’evento potesse ascriversi ad accadimenti chiaramente riconoscibili in concreto come molto rischiosi. Le Sezioni Unite, a questo punto, sembrano avere fornito un avallo decisivo a questa, più cauta, linea interpretativa.
Il secondo profilo di rilievo della decisione delle Sezioni Unite è stato l’annullamento della parte della sentenza della Corte di Appello di Torino che aveva determinato le pene a carico degli imputati condannati. Tale sentenza, pur avendo riconosciuto soltanto una loro responsabilità per colpa, data la gravità dei fatti aveva irrogato pene sicuramente molto elevate per reati ritenuti di natura meramente colposa. La Cassazione, giudicando impropria tale specifica determinazione, l’ha annullata, rinviando gli atti ad una nuova sezione della Corte di Appello, non imponendo tuttavia, con tale decisione, una diminuzione delle pene da parte del nuovo giudice. Innanzitutto mi preme chiarire un primo profilo di una certa rilevanza: dato che con riferimento alla responsabilità penale vi è stata conferma della sentenza di appello, tale responsabilità deve essere considerata definitivamente accertata, e pertanto al riparo da eventuali futuri effetti prescrizionali, come ha chiarito un comunicato diffuso ieri dalla stessa Corte di Cassazione. Quanto alle pene irrogabili dal nuovo giudice, l’annullamento non dovrebbe comportare automaticamente un loro abbassamento. Anzi, sembrerebbero esserci le premesse, addirittura, per un ulteriore inasprimento.
Il diritto e la giustizia sembrerebbero pertanto, a questo punto, entrambe salvaguardate. C’è d’altronde un ultimo profilo di riflessione. Da un lato c’è l’esigenza di tutelare fino in fondo la sicurezza nei luoghi di lavoro, di assicurare che le imprese rispettino la relativa normativa, di garantire che i responsabili dei delitti siano inflessibilmente puniti; dall’altro la necessità di evitare che gli interessi economici generali del Paese vengano danneggiati da decisioni improprie dell’autorità giudiziaria. Un giusto equilibrio deve essere pertanto, sempre, cercato. In questa prospettiva può essere condiviso che la Cassazione, nel caso Thyssen, abbia seguito una linea di prudenza nel tracciare la linea di demarcazione fra responsabilità per dolo (eventuale) e responsabilità per colpa (cosciente), ma non abbia nel contempo abbassato la guardia della repressione dei colpevoli, sancendo la definitività delle loro condanne e ponendo le premesse per l’applicazione di sanzioni addirittura più esemplari.

Carlo Federico Grosso, La Stampa 26/4/2014