Teresa Numerico, l’Unità 26/4/2014, 26 aprile 2014
NELL’INFERNO DI AMAZON
IL NUOVO CHE AVANZA TRA LE MURA DEI MAGAZZINI DELL’AZIENDA LEADER MONDIALE DELL’E-COMMERCE NON SEMBRA ESSERE COSÌ DESIDERABILE NELLA DESCRIZIONE DI JEAN-BAPTISTE MALET. Il suo libro En Amazonie (Ed. Kogoi, 15 Euro) ha un sottotitolo piuttosto eloquente: Un infiltrato nel migliore dei mondi. Nei magazzini logistici di Amazon non è consentito entrare a nessun rappresentante della stampa. Volendo indagare sulle condizioni di lavoro nell’azienda. L’autore si è finto aspirante lavoratore interinale nel magazzino Amazon di Montélimar in Francia.
Ma perché tanta segretezza sulla sua organizzazione logistica? Lo scopriremo seguendo i dettagli dell’inchiesta. Malet, assunto nel turno notturno, nella sua mansione di picker (prenditore) dovrà percorrere ogni giorno più di 20 km dalle 21.30 alle 4.50 nei lunghi corridoi del magazzino con due sole pause di 20 minuti, di cui una a suo carico. L’area della pausa è lontana da dove si trovano le merci. La tesi del giornalista è che il magazzino sia un vero e proprio stabilimento che produce non merci, ma pacchi. Gli articoli sono assemblati sugli scaffali alla rinfusa, scarpe vicino a libri, cosmetici accostati ai Dvd ecc. e i lavoratori sono completamente dipendenti dagli scanner che li guidano nella raccolta dei prodotti, tanto da diventare niente altro che un’appendice del dispositivo che li governa in tutto, controllandone la produttività e scegliendo per loro il percorso ottimizzato.
Gli interinali vengono assunti durante il periodo precedente a quello natalizio in cui le attività crescono notevolmente e quando si avvicinano le feste, invece di 5 notti si lavora 6 per un totale di 42 ore a settimana, con un’ eventuale ora di straordinario al giorno. I lavoratori che si vogliono far notare per ottenere un posto fisso sono spinti ad accettare oltre a queste condizioni anche quella terribile di migliorare continuamente la propria produttività. L’intenso sforzo fisico si accompagna ad una serie di umiliazioni dei dipendenti, oggetto di imprevisti controlli. Il sospetto regna in azienda e tutti devono continuamente dimostrare di non essere dei ladri. Inoltre i manager, come in un Panopticon, osservano la produttività di ciascuno misurata dagli scanner e intervengono per richiamare i lavoratori che non superano le proprie prestazioni, spingendoli anche alla delazione nei confronti dei colleghi. Sebbene si tratti di un regime rigidamente gerarchico intessuto di ricatto e minaccia, Amazon apparentemente «coccola» i propri dipendenti con regali natalizi, premi, quiz nelle pause e attività per il tempo libero che includano anche la famiglia dei lavoratori, mostrando il suo volto paternalista. Amazon dichiara di ispirarsi ai ranghi dell’esercito per la propria organizzazione.
Malet descrive un contesto lavorativo nel quale persino i sindacalisti hanno paura e non accettano di comunicare con l’autore dopo essere stati informati del suo lavoro sotto copertura. Il regolamento interno di Amazon, infatti, senza seguire le regole del Codice del Lavoro francese, definisce una rigida «politica relativa alle relazioni col pubblico». Ogni contatto con la stampa che non sia stato ufficialmente autorizzato viene considerato una violazione del contratto che può essere sanzionata persino col licenziamento. Il magazzino di Montélimar è stato in parte finanziato dal Governo francese, nonostante la politica fiscale di Amazon sia quantomeno discutibile: avendo la propria sede legale in Lussemburgo, Amazon ritiene di dover pagare solo in minima parte le tasse in Francia. In più l’attività di vendita online mette gravemente in crisi il settore della vendita in libreria. A febbraio scorso la seconda più importante catena di librerie francesi, Chapitre, ha chiuso 23 punti vendita su 57, licenziando 400 lavoratori, sebbene il Senato francese avesse approvato la cosiddetta legge anti-Amazon che prevede il divieto di spedire i libri gratuitamente. Una corsa contro il tempo per salvare il settore strategico delle librerie indipendenti. A parità di vendite, infatti, le librerie danno lavoro a molti più occupati di quanti ne assorba il settore online. L’unica caratteristica necessaria per lavorare nella logistica dell’e-commerce è una certa prestanza fisica, oltre a una motivazione d’acciaio, per sopportare l’estenuante ritmo di lavoro. Si infrange di nuovo il mito della virtualità delle aziende Internet. Amazon ha bisogno della pesantezza dei corpi dei suoi dipendenti, vite precarie strumentali alla leggerezza dei bit trasmessi dai nostri click, e li sottopone a condizioni di alienazione che sembrano riportarci allo sfruttamento senza regole della prima introduzione delle catene di montaggio industriali.