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 2014  aprile 28 Lunedì calendario

GUERRA AI SEGRETI DELLO STATO MA SENZA TROPPE ASPETTATIVE


Forse lei può aiutare i lettori del Corriere della Sera a capire meglio l’esatta portata della decisione del presidente del Consiglio Matteo Renzi di togliere «il segreto di Stato sulle stragi». Tutti i media, in effetti, prima ci hanno detto che è stato tolto il segreto di Stato, ma poi si sono affrettati a precisare che il segreto di Stato non è apponibile sui reati di strage. Ci hanno allora indicato che Renzi, in realtà, ha ordinato la «declassificazione» di documenti riservati che risalgono a più di 40 anni fa. Ma la legge di riforma sui servizi segreti italiani del 2007, all’art.42, non prevede che i documenti classificati siano declassificati automaticamente dopo cinque o al massimo dieci anni? Forse Matteo Renzi — in base alla legge del 2008 sui Beni culturali — ha solo disposto l’invio agli archivi di Stato di documentazione già di per sé declassificata? Se fosse così, le chiedo: perché, allora. non è stato fatto prima trattandosi di semplice decisione «amministrativa»?
Domenico Vecchioni

Caro Vecchioni,
Le dichiarazioni alla stampa di Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al Servizi d’informazione e sicurezza, confermano che il quadro è quello descritto nella sua lettera. La decisione del governo è soltanto l’ultimo atto (speriamo) di un processo iniziato con la legge del 2007 e proseguito con un decreto del governo Monti, nel 2011, che prometteva la mappatura dei documenti entro il 2012. L’anno passò senza che quell’impegno fosse mantenuto e la decisione del governo Renzi sembra essere, per l’appunto, il completamento del percorso. Resta da vedere, naturalmente, quanto tempo sarà necessario per «mappare» gli archivi. Occorrerà raggruppare le carte dei singoli casi e collocare in un archivio riservato quelle che concernono persone ancora viventi, soprattutto se la rivelazione dei loro nomi può esporle a rappresaglie e vendette. La decisione del governo non è una «televendita», come ha detto brutalmente Beppe Grillo. Ma non è neppure l’avvento della chiarezza e della trasparenza proclamato dal governo a qualche settimana dalle prossime elezioni europee.
Il rischio, come sempre, è che anche questo passaggio smarrisca la strada nel dedalo della burocrazia. Se qualcuno chiedesse perché le pubbliche amministrazioni siano spesso, in questi casi, lente e reticenti, molti risponderebbero probabilmente che in quelle carte, gelosamente custodite negli archivi di alcuni ministeri, vi è la soluzione delle trame e dei complotti che avrebbero minacciato l’esistenza della Repubblica; e aggiungerebbero che sono ancora numerose le persone interessate alla conservazione del segreto. Credo che Pierluigi Battista abbia ragione quando scrive (Corriere del 22 aprile) che questa convinzione è il frutto di una retorica complottista molto diffusa nella società nazionale.
Penso piuttosto che le amministrazioni siano spesso riluttanti perché quelle carte contengono i ferri del mestiere e gli incidenti di percorso. I primi sono i mezzi a cui è necessario ricorrere per condurre a buon fine una indagine di polizia e i compromessi a cui occorre piegarsi per raggiungere un obiettivo. I secondi sono le sviste, i ritardi, le distrazioni, il tempo perduto e le occasioni mancate da cui è afflitta ogni burocrazia, soprattutto nei Paesi in cui l’intervento dello Stato è frequente, invasivo e spesso inutile. La pubblicità potrebbe servire a ridurre gli incidenti di percorso. Ma i ferri del mestiere sono necessari e continueranno a essere usati.