Margherita De Bac, Corriere della Sera 28/4/2014, 28 aprile 2014
«PERCHÉ NOI METEOROLOGI A VOLTE SBAGLIAMO»
ROMA — Siamo un popolo di poeti, santi, navigatori e meteo-improvvisatori. Categoria, quest’ultima, che si è molto allargata negli ultimi anni grazie anche alla facilità con cui sul web possono essere consultate informazioni e modelli matematici per leggere l’evoluzione del tempo. Però è anche vero che la primavera è per i lettori dell’atmosfera la più insidiosa delle stagioni.
Ecco come si spiegano errori clamorosi come l’ultimo, sul ponte del 25 Aprile. Erano attese bombe d’acqua per sabato, nubifragi e freddo, addirittura a Roma l’allerta della Protezione civile. La pioggia è arrivata soltanto ieri. Errori che hanno fatto gridare allo scandalo, tra gli altri, il governatore veneto Luca Zaia, che ha lamentato come sulle spiagge assolate e calde non ci fossero turisti, spaventati dalle previsioni.
Troppo spesso ci sono previsioni sballate, perché? Massimiliano Pasqui, fisico dell’atmosfera dell’Istituto di biometeorologia del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), una carriera da previsore doc, spezza una lancia per difendere la professione: «Certo l’esperienza aiuta a dire il giusto. Comunque per noi il rischio di sbagliare è sempre in agguato. Non si può mai avere la palla di vetro. L’unica stagione dove la probabilità di non annunciare evoluzioni meteo che poi vengono smentite è l’estate. Quando l’anticiclone delle Azzorre si piazza sul Mediterraneo la possibilità che dopo due giorni ci sia un temporale è minima. Ma nel resto dell’anno dobbiamo andarci molto cauti».
La stagione più pericolosa e dinamica dal punto di vista delle sorprese che arrivano dal cielo è sicuramente la primavera, il periodo in cui «l’attendibilità raggiunge livelli minimi». Il detto secondo cui marzo è pazzo non è campato in aria.
L’«orizzonte della predicibilità», come si dice in gergo, non può essere tracciato a lunga scadenza, i cambiamenti sono repentini, le perturbazioni possono arrivare senza preavviso e configurarsi nel giro di pochissime ore.
Pasqui si è laureato in Fisica all’Università di Tor Vergata e si è subito dedicato allo studio dell’atmosfera e ai modelli matematici che costituiscono lo strumento fondamentale per la lettura del tempo in arrivo: «Le cosiddette bombe d’acqua sono difficili da predire — spiega —. Si formano in modo localizzato dal punto di vista dell’area interessata e dello sviluppo. Hanno un’intensità speciale. Quando siamo alle prese con queste situazioni è più facile cadere in errore nell’annunciarle. In questi casi la conoscenza di base è importante così come un buon percorso formativo, specialistico. Uno dei problemi è che in Italia non esistono percorsi universitari per il meteorologo».
Cosa dovrebbe fare allora un buon indovino del tempo? Innanzitutto non dimenticare di esprimersi con un linguaggio probabilistico. Esempio: «Domani potrebbe piovere con una probabilità del 70%». E questo vale, appunto, per tutto l’anno tranne quando c’è lo scudo dell’anticiclone che garantisce stabilità.
Secondo: non buttarsi troppo in avanti. «Si può avere solo un’idea di quello che succederà da qui a una settimana, indicare una tendenza — insiste l’esperto del Cnr —. Facciamo un esempio. Per sabato prossimo, durante il ponte del Primo maggio, l’Italia dovrebbe essere interessata da una perturbazione. Però andrà seguita giorno per giorno, per osservare come si comporta».
Ecco allora alcune regole per chi vuole sapere in anticipo se concedersi un fine settimana col sole o se invece è consigliabile che resti in città. Primo: seguire gli aggiornamenti dei bollettini. Secondo: non fidarsi delle previsioni a lungo termine. Terzo: fare riferimento a fonti qualificate, ad esempio i centri regionali di meteorologia. Quarto: essere pronto a sorprese, in negativo o in positivo.