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 2014  aprile 27 Domenica calendario

MATTEO CANCELLA I SUPER TAGLI A GRASSO E BOLDRINI


Matteo Renzi ha scelto di graziare la casta, salvando dalle forbici della spending review i principali palazzi della politica: Camera, Senato e Quirinale. Prima di varare il decreto legge sugli 80 euro, il premier aveva promesso (e il Def addirittura messo nero su bianco) che ogni alleggerimento fiscale sarebbe stato coperto interamente dai tagli alla spesa pubblica. Renzi aveva perfino corretto verso l’alto il piano sulla spending review preparato dal commissario Carlo Cottarelli. Ma al momento buono il presidente del Consiglio ha mostrato di essere assai più timido dell’ex dirigente del Fondo monetario internazionale, che pure aveva velatamente criticato per lo scarso coraggio nell’uso delle sforbiciate. Complessivamente i settori interessati dai tagli alla spesa (con la sola eccezione della Difesa) sono stati risparmiati dalla manovra del governo rispetto alle ipotesi Cottarelli per circa 600 milioni di euro. Ma il regalo più grande è stato fatto da Renzi proprio alla casta. Secondo il piano originario a Camera, Senato, Quirinale e Corte costituzionale avrebbero dovuto essere tagliati nel 2014 almeno 200 milioni di euro su un costo complessivo di circa 2 miliardi. Non una sforbiciata pazzesca: la semplice riduzione dell’uno per cento dei trasferimenti dal ministero dell’Economia. Viste le complicazioni che sta vivendo la sua maggioranza sulle riforme e i non meravigliosi rapporti esistenti sia con Laura Boldrini che con Piero Grasso, Renzi non se l’è sentita di fare nemmeno quel taglietto. In
manovra la riduzione si è limitata a 55 milioni di euro, meno dello 0,3% dello stanziamento complessivo per gli organi costituzionali. Il presidente del Consiglio ha di fatto regalato alla casta 150 milioni di euro quest’anno rispetto al piano Cottarelli, scegliendo di non tagliare ben 3 euro ogni 4 che erano stati proposti. Ne sono felici naturalmente deputati e senatori, e pure il Quirinale, che mai si sarebbero attesi dal monello di palazzo Chigi un regalo così rilevante. Ne sarà felice sicuramente Beppe Grillo, che mai avrebbe sperato in una scivolata così clamorosa di Renzi sulla buccia di banana dell’antipolitica: diventerà benzina nel motore del Movimento 5 stelle per la campagna elettorale in corso.
Al di là dei vantaggi politici che godrà l’opposizione (anche Silvio Berlusconi potrebbe gongolarne), c’è anche una evidente ingiustizia in quella sforbiciata mancata, visto che per altri settori della spesa pubblica il premier non ha avuto alcuna pietà. Nel capitolo sui costi della politica inserito da Cottarelli nel piano per la spending review, il commissario segnalava come la spesa complessiva per organi costituzionali e a rilevanza costituzionale fosse assai elevata: 2,4 miliardi di euro l’anno. Per questo veniva proposto un taglio di 200 milioni nel 2014, di 400 nel 2015 e di 500 nel 2016. E si segnalava: «non c’è stata alcuna riduzione dal 2009, contro riduzioni di spesa del 10 per cento per le amministrazioni centrali dello Stato». In parole povere: è stato toccato di tutto, meno stipendi e benefit della casta.
C’erano ragioni di equità evidenti per non abbuonare 150 milioni al trio Boldrini-GrassoNapolitano, ma anche ragioni economiche importanti. Di tutta la spesa pubblica quella per gli organi costituzionali è in assoluto la più improduttiva: tagliare quei capitoli non danneggia il ciclo economico. Ben altri effetti invece ha il capitolo di tagli preferito dalla manovra: l’acquisto di beni e servizi da parte di ministeri, Regioni ed enti locali per cui Renzi ha stabilito una riduzione di 2,1 miliardi di euro contro i 900 milioni proposti dal piano. Ogni taglio a quei capitoli ha infatti un doppio effetto negativo sul ciclo economico. Perchè Stato ed enti locali acquistano beni e servizi dalle imprese private, e quindi il taglio riduce il loro fatturato. Così si trasforma in partita di giro anche uno dei fiori all’occhiello del premier: il pagamento dei debiti dello Stato alle imprese. Con una mano Renzi ha dato 8 miliardi che doveva (e non i 68 promessi) e con l’altra ne ha tolti due all’anno, che in quattro anni fa pari e patta. Era molto meglio sforbiciare i palazzi della politica...