Luciano Ferraro, Corriere della Sera 27/4/2014, 27 aprile 2014
MAUREEN, L’INVESTIGATRICE CHE SCOVA I FALSARI DEI VINI
Il magazine britannico Dacanter l’ha definita la «Sherlock Holmes del vino». Maureen Downey è una ex sommelier diventata investigatrice. Va a caccia di falsari che vendono ai collezionisti bottiglie invecchiate artificialmente facendole pagare a peso d’oro. Bionda, occhi azzurri, Maureen è al centro di tutti i casi giudiziari più clamorosi nel mondo delle rarità in bottiglia. L’ultimo inganno di cui si sta occupando riguarda Julian LeCraw, di Atlanta, che ha speso 91.400 dollari per una bottiglia di Chateau d’Yquem , il più famoso vino dolce del mondo. Sembrava dell’annata 1787, quando ancora su Parigi regnava Luigi XVI. È stata la cifra più alta mai sborsata per un vino bianco. A 8 anni dall’acquisto, mister LeCraw ha scoperto con sgomento, grazie alle prove raccolte da Maureen, di essere vittima di una truffa. La bottiglia «con più di due secoli di storia» che mostrava orgoglioso agli amici si è rivelata «un contenitore di vetro senza valore con fluidi sconosciuti all’interno». Così ha scritto il suo avvocato, Shea Sullivan, nell’atto di citazione in giudizio contro l’Antique Wine Company , la società di Londra che ha venduto nel 2006 il falso Chateau d’Yquem . LeCraw ha chiesto un risarcimento di 25 milioni di dollari: perché assieme alla bottiglia incriminata, ne ha acquistate molte altre dall’Antique Wine .
La società londinese nega il raggiro, ed è pronta a schierare in Tribunale squadre di legali e di periti che giureranno sull’autenticità di quei vini «imbottigliati quando ancora George Washington non era stato eletto primo presidente degli Stati Uniti», come ha scritto il New York Times . In aula, ad assistere il collezionista, ci sarà Maureen Downey. Per smascherare gli imbroglioni usa tecniche da Csi. Riesce a stabilire quando e dove è stata stampata un’etichetta, o l’epoca a cui risale la ceralacca che chiude il tappo. E individua, nelle macchie scure sulle etichette che sembrano segni del passato, banali chiazze a base di tabacco o di tè.
Nella precedente vita di esperta di vini, lavorava nei ristoranti di New York (anche da Felidia, il locale di Lidia Bastianich, la mamma del Joe di Masterchef). Fino a quando, come consulente di una casa d’aste, si scontrò con il venditore tedesco che ingannò Bill Koch: il miliardario americano credeva di aver conquistato quatto bottiglie della cantina appartenuta al presidente Thomas Jefferson. Un ex agente dell’Fbi e Maureen l’hanno convinto che era un raggiro.
Il mercato dei vini rari è in così forte crescita (i 100 monitorati dal Live-ex, la Borsa del settore, muovono da soli 4 miliardi di euro l’anno) da attirare anche un numero sempre maggiore di truffatori. «Alcuni maldestri — secondo la Downey —, altri più raffinati. Al punto che gli stessi produttori hanno difficoltà a distinguere il vero dal falso». Una lente d’ingrandimento e una torcia sono sufficienti alla detective del vino per mettere in ridicolo i falsari più artigianali, che dimenticano ad esempio che il vino evapora, quindi lo spazio tra liquido e tappo è proporzionale agli anni trascorsi dall’imbottigliamento. Per i professionisti dell’inganno servono invece strumenti investigativi più elaborati. La detective è stata la prima a denunciare la grande truffa messa a segno da Rudy Kurniawan, che ha inondato le case d’aste degli Stati Uniti di bottiglie taroccate, fingendo di essere un ricco collezionista che si doveva liberare del suo patrimonio di rossi francesi. Nel giorno dell’arresto, nel suo laboratorio c’erano 19 mila etichette contraffatte. «Quando l’ho descritto come un falsario — ha ricordato Maureen — molti mi hanno preso per pazza. Era il 2002 e lui vendeva già un milione di dollari di vino l’anno». Solo 11 anni dopo è finito in prigione a New York, alimentando la fama di Maureen. Lei nel frattempo ha aperto la più famosa società di autenticazione di vini rari al mondo,si chiama Chai Consulting . Per danarosi amanti del vino americani, europei ed asiatici gestisce cantine e soprattutto elimina il pericolo delle frodi. Scova gli imbroglioni che invecchiano con tè e tabacco le etichette e gli ingenui delle bottiglie contraffatte che finiscono nelle case d’asta. L’investigatrice ha raccontato a Decanter di aver esaminato di recente 40 bottiglie pagate poco meno di 3 milioni di dollari da un collezionista a Londra: il risultato è che 37 sono risultate false e il cliente ha riavuto i suoi soldi. E’ quello che spera di ottenere Julian LeCraw, quello dell’«affare» del Chateau d’Yquem. Maureen, assoldata come consulente, ha scoperto che una parte dei vini «storici» della Antique Wine Company aveva etichette stampate al computer.