Francesco Alberti, Corriere della Sera 27/4/2014, 27 aprile 2014
FRANZONI «SOCIALMENTE PERICOLOSA» PER IL PERITO PUÒ COMMETTERE REATI
«Socialmente pericolosa». Ossia: può ancora commettere reati. La perizia chiesta dal Tribunale enuncia una formula che risulta per Annamaria Franzoni, 42 anni, dal 2008 rinchiusa nel carcere bolognese della Dozza dove sta scontando una condanna a 16 anni per l’omicidio del figlio Samuele a Cogne nel 2002, come una pietra tombale sulla battaglia che la donna sta conducendo da anni per ottenere la possibilità di scontare il resto della pena ai domiciliari così da poter stare vicino agli altri due figli, Davide, 18 anni, Gioele, 10.
DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA – L’impatto della formula «socialmente pericolosa» è di per sé forte e potrebbe rappresentare per Annamaria Franzoni, 42 anni, dal 2008 rinchiusa nel carcere bolognese della Dozza dove sta scontando una condanna a 16 anni per l’omicidio del figlio Samuele a Cogne nel 2002, una pietra tombale sulla battaglia che la donna sta conducendo da anni per ottenere la possibilità di scontare il resto della pena ai domiciliari così da poter stare vicino agli altri due figli, Davide, 18 anni, Gioele, 10. Bisognerà però attendere l’udienza del Tribunale di Sorveglianza, fissata per martedì, per comprendere la ratio e le motivazioni che stanno alla base di quel «socialmente pericolosa» contenuto nella perizia effettuata dal professor Augusto Balloni, incaricato dal Tribunale di dare un giudizio sulle condizioni fisico-psichiche di Annamaria e di formulare una previsione sui suoi futuri comportamenti.
Le anticipazioni rivelate due sere fa dalla trasmissione «Quarto Grado» su Rete 4 coprono solo una piccolissima parte delle 80 pagine di cui è composta la perizia, frutto di una decina di incontri negli ultimi due mesi tra la detenuta, il perito Balloni e il consulente di parte, Pietro Pietrini. Da quel poco trapelato, la donna soffrirebbe di «un disturbo di adattamento per preoccupazioni, facilità al pianto, problemi di interazione con il sistema carcerario» perché continua a proclamarsi innocente. Un quadro in parte confermato negli ambienti giudiziari, ma che certo non può essere l’unico elemento a sostegno della «pericolosità sociale» di Annamaria e della necessità di una psicoterapia di supporto.
Decisivo di fronte al Tribunale di Sorveglianza potrebbe rivelarsi l’aspetto della recidiva: il rischio, cioè, che Annamaria, una volta fuori dal carcere, possa reiterare il reato, uccidere ancora. Su questo, stando a fonti autorevoli, la perizia non si è pronunciata e quindi la definizione di «socialmente pericolosa» non va interpretata in relazione al rischio di una ripetizione del reato di omicidio, ma in un senso più ampio: di persona potenzialmente in grado di commettere reati di vario genere, assumendo comportamenti antigiuridici. In quest’ottica, come ha subito tenuto a puntualizzare l’avvocato difensore, Paola Savio, che martedì darà battaglia in aula, sarebbe più corretto parlare di «una pericolosità sociale residuale», causata dalle condizioni detentive, risolvibile con una psicoterapia e quindi compatibile con la richiesta di scontare il resto della pena a domicilio. «I contenuti della perizia — ha aggiunto la legale — sono più complessi e variegati di quanto emerso: ne discuteremo in udienza alla luce anche delle conclusioni alle quali è giunto il consulente di parte». Una partita dall’esito imprevedibile. Pare che l’orientamento della Procura generale sia di chiedere per la donna il mantenimento del carcere. Tra i criteri alla base della decisione dei giudici c’è anche la valutazione di quanto un’eventuale misura alternativa possa giovare alla detenuta e «quanto è rimasto in lei di quella dolorosa e terribile esperienza».
È l’obiettivo della vita, per Annamaria, tornare dai suoi figli. Una prima richiesta di assegnazione ai domiciliari venne avanzata (e respinta) nel settembre del 2012. La donna è tornata alla carica nel dicembre scorso e i giudici, dopo aver constatato che le relazioni stilate su di lei in carcere «non appaiono assolutamente illuminanti sulla personalità della condannata» e che le precedenti perizie psichiatriche risalgono «a un’epoca ormai remota, essendo trascorsi 7 anni dalla stesura di quella di secondo grado», hanno disposto una nuova consulenza. Tra le carte in mano alla difesa, anche l’esperienza lavorativa che Annamaria sta effettuando da ottobre nel laboratorio sartoria di una coop sociale e i permessi che le hanno consentito nei mesi scorsi di trascorrere alcuni giorni a casa con marito e figli.