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 2014  aprile 26 Sabato calendario

IL CRITICO GILLO DORFLES GUARDA I SUOI 104 ANNI (CON I GOOGLE GLASS)


Gillo Dorfles ha 104 anni, compiuti qualche settimana fa. Quando nacque, nel 1910, a Trieste, la città faceva parte dell’Impero austro-ungarico... E in 104 anni Gillo (al secolo Angelo) Dorfles - laureato in medicina con specializzazione in psichiatria, critico d’arte, scrittore, dandy ed «esteta», filosofo e fenomenologo del costume, pittore e osservatore del Bello - di cose, persone (da Italo Svevo a Andy Warhol), opere, invenzioni artistiche straordinarie e altre straordinariamente kitsch ne ha viste parecchie.
Alcune le ha raccontate in una lunga chiacchierata-intervista con Marco Meneguzzo raccolta nel libro Arte con sentimento. Conversazione con Gillo Dorfles (Medusa, pagg. 70, euro 9). Leggendo il quale si scopre che:

FATTI (E FATTO I DI) SUOI Della sua vita privata, Dorfles non vuole parlare: «Non mi pare che la mia vita sia particolarmente interessante». Strano per uno che da piccolo recitava con la sua balia il Padre nostro in sloveno e all’ultimo Salone del Mobile se ne andava in giro per gli stand a provare i Google Glass.
SNOBISMI&RACCOMANDAZIONI Dorfles ha fatto il servizio militare nel «Nizza Cavalleria», a Torino: «Dovendo fare il militare, volevo che almeno fosse un reggimento molto elegante. I miei genitori avevano un amico al Ministero, a Roma... In genere erano tutti giovani di nobili famiglie torinesi a entrare in cavalleria. Quando arrivai al Nizza, si diffuse la voce che ero appoggiato nientemeno che dalla Regina».
(ANTI)FASCISTA, COME TUTTI Visse il fascismo, lo sopportò, e lo superò. «All’età di 18-20 anni, assistetti alla visita del Duce alla Società del Giardino, a Milano, dove andavo a scuola di scherma. Mi disgustò l’uomo, quello che diceva e il modo di agire... Ero iscritto d’ufficio ai Gruppi universitari fascisti, comunque non ho mai preso parte a questo tipo di cose, salvo aver sfilato in classe». «Credo di essere stato un antifascista militante, anche se non ho mai militato». Come tanti.

A MILANO SI FA CULTURA Gillo è l’unico intellettuale che parla (abbastanza) bene di Milano. «È una brutta città, una borgata lombarda. Ho vissuto a Roma, Genova, Firenze, Torino, ma ho scelto di vivere a Milano. In realtà è una città dove si può fare cultura».
LA MORTE DELLA NATURA MORTA Dorfles è stra-sicuro: l’arte contemporanea ha chiuso con la figurazione realistica, e quindi anche col paesaggismo alla Courbet e il ritrattismo. «Non credo che oggi, magari domani, si possa fare un’arte contemporanea col ritratto, il paesaggio e la natura morta».
MA CHE FIGURA! Dorfles non crede, e lo ripete, che ci sia ancora spazio per il figurativo. «Dopo la fotografia, il cinema e la televisione, la figurazione non ha più senso».

PROMOSSI & BOCCIATI Come ha sempre scritto ciò in cui credeva, così dice ciò che pensa. Bruno Munari? «Un uomo geniale senza dubbio, un grande inventore, ma un modesto pittore». Alberto Burri? «Un ottimo pittore, insieme a Fontana e Melotti uno dei maggiori rappresentanti dell’arte italiana». Giorgio Morandi? «Grande pittore, ma non un inventore: aveva poche idee, ha fatto delle bottigliette, dei brutti autoritratti». Renato Guttuso? «Un vero pittore. I suoi quadri giovanili erano bellissimi come pittura tout court, poi ha continuato con delle figurazioni sempre più accademiche, esempio i grandi nudi».

COS’È L’ARTE L’arte, per Dorfles, è l’invenzione di una forma nuova. Ad esempio, Lucio Fontana ha fatto un buco nella tela, «immagine di una forza straordinaria». Mentre «Morandi non è riuscito a inventare un’immagine».

FRASI EPICHE/1 «Non basta dire che una cosa è arte perché lo sia. Non solo, ma molte cose che sono spacciate per arte, sono maniera o abilità tecnica».
FRASI EPICHE/2 «Se pensi agli scarabocchi dei bambini è un’attività spontanea, il bambino non pensa di esporre e l’artista adulto dovrebbe continuare questo cammino».

BUONA PENNA, PESSIMO OCCHIO Nella critica d’arte, dice Dorfles, quello che conta è la sensibilità artistica, e non bisogna dare troppa importanza all’aspetto letterario. «Longhi scriveva bene, ed era un ottimo letterato. Ma come critico vale sino a un certo punto». E «anche Giulio Carlo Argan scriveva molto bene. Ma aveva una comprensione relativa dell’opera d’arte» (però Gillo forse lo dice perché Argan ignorò i suoi quadri).

MACCHÉ GLOBALIZZAZIONE Dorfles non crede minimamente alla «unitarietà» dell’arte. «L’arte sarà sempre più differenziata. Non vedo unitarietà». Alla faccia della globalizzazione, prevarranno le culture nazionali: la moda italiana, il design scandinavo, le architetture nazionali. «Io sono anti-globalista, tanto più sulla creatività».

L’ARBITRO È IL MERCATO La potenza del denaro è tale che cambia anche il gusto. Esempi: «Se il mercato dice che Enrico Castellani vale 80mila euro, i collezionisti sono disposti a pagare questa cifra».
RIMPIANTO Dorfles ha sempre dipinto. E ha sempre esposto. Ancora nel gennaio scorso è stato protagonista di una mostra personale alla Fondazione Marconi, a Milano. Nell’agosto 2012 invece era allo spazio Art Gallery, sempre a Milano, sempre per una personale. Mentre nel 2010, in occasione del centesimo compleanno, Milano gli dedicò la grande mostra Gillo Dorfles. L’avanguardia tradita. Tante altre mostre avrebbe voluto fare, e tante ne farà. Tuttavia pochi critici lo valutano come pittore. Cosa che lui non sopporta. «Continuo a dipingere, nella speranza che qualcuno se ne accorga». Fra i critici che non hanno mai parlato delle sue opere: Argan, Bonito Oliva, Celant, Lea Vergine: tutti amici, tutti gentili, ma che lo hanno sempre ignorato come artista: «Da loro un giudizio preciso non è mai arrivato, l’unico forse è stato Caramel».

ETICA E ESTETICA «Non è importante se un’opera sia buona o cattiva. Anzi non esiste questa distinzione. Non esiste l’immoralità dell’opera».