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 2014  aprile 26 Sabato calendario

STATALI CONTRATTI A TEMPO E TAGLI AI PREMI DEI DIRIGENTI


ROMA La consegna del silenzio l’ha data Matteo Renzi in persona. Fino alla settimana prossima, quando la riforma della pubblica amministrazione dovrebbe arrivare sul tavolo del consiglio dei ministri le bocche devono restare cucite. Ma, nonostante la cortina di silenzio, qualcosa di quel che bolle in pentola per gli statali si comincia a cogliere. Soprattutto per la parte che riguarda i dirigenti. Nel decreto con il bonus Renzi da 80 euro è stata inserita, per ora, la sola norma «Olivetti», quella che limita a 240 mila euro la retribuzione massima complessiva di chiunque sia retribuito dalla Pubblica amministrazione. Dal decreto sono stati invece eliminati gli altri due tetti, più bassi, per i dirigenti di prima e seconda fascia. Non rientreranno nemmeno nei due provvedimenti, in decreto e una legge delega, ai quali sta lavorando il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia. Ma le retribuzioni di questi lavoratori pubblici caleranno lo stesso, anche perché una parte dei 3 miliardi di euro previsti dalla spending review di Carlo Cottarelli (circa 500 milioni), dovrà essere a loro carico. Il modello per ottenere questi risparmi potrebbe essere quello in via di sperimentazione alla Presidenza del Consiglio.
IL PRECEDENTE
Nei giorni scorsi Palazzo Chigi ha emanato un decreto che taglia del 15 per cento la parte variabile delle retribuzioni di tutti i suoi dirigenti. Si tratta di 250 funzionari con stipendi che in alcuni casi superano anche i 200 mila euro l’anno. La parte variabile di questi compensi è spesso decisamente rilevante, superando in alcuni casi anche gli 80 mila euro. La retribuzione dei dirigenti è composta in effetti di quattro parti. Uno stipendio tabellare, una retribuzione di posizione, una variabile e un premio di risultato. Per un dirigente di prima fascia, per esempio, le prime due voci sono fisse: 55.812 euro e 36.299 euro. Ma con la parte variabile e il risultato spesso lo stipendio raddoppia.
Il provvedimento di Renzi, come detto, taglia del 15 per cento la componente variabile. Tuttavia incide anche sul risultato, inserendo una serie di tetti: dai 34.600 euro per i capi dipartimento, fino ai 26.900 euro per coloro che hanno funzioni di staff. Per ora, almeno sui premi, la riduzione non sarebbe sostanziale.
LA SFORBICIATA
Quello che però presto potrebbe cambiare, come anticipato dallo stesso Renzi, è il meccanismo di attribuzione del premio stesso: non più erogato a pioggia ma attributo solo in virtù del risultato conseguito e certificato da un «terzo» rispetto all’amministrazione. E tra i parametri che saranno fissati per l’erogazione dei premi di risultato ci saranno anche indicatori sull’andamento dell’economia e del benessere complessivo del Paese. Insomma, se si è in una fase in cui tutti tirano la cinghia la Pubblica amministrazione non potrà erogare premi. L’altra grande gamba della riforma della dirigenza pubblica è che i dirigenti dovrebbero essere tutti a tempo determinato, esattamente come avviene per il privato. Il meccanismo dovrebbe prevedere anche il superamento della distinzione in fasce e il ruolo unico della dirigenza.
Il tutto, ovviamente, si inserirà in una riforma più ampia che riguarderà tutto il comparto degli statali, con la mobilità obbligatoria per i pubblici dipendenti, le assunzioni «centralizzate», non più suddivise per comparto e, probabilmente, la conferma di un turn over con un assunto ogni cinque lavoratori che lasciano le amministrazione. In arrivo anche il «Pin» unico per tutta la Pa.