Guido Olimpio, Corriere della Sera 26/4/2014, 26 aprile 2014
AZIONI LAMPO, UOMINI EQUIPAGGIATI: LA LEZIONE DELLA GEORGIA
WASHINGTON — Le operazioni russe nella crisi ucraina si sono basate su quattro pilastri. Flessibilità. Equipaggiamento adeguato. Rapidità d’esecuzione. E tattiche della guerra fredda rivisitate per le esigenze di oggi. Gli osservatori hanno sottolineato come l’Armata abbia messo a frutto l’esperienza del conflitto georgiano del 2008. Allora i russi piegarono l’avversario, ma il loro intervento fece emergere dei problemi. Questa volta, pur trattandosi di azioni limitate, le manovre sono state efficaci.
Mosca ha curato l’addestramento delle unità incaricate di premere sui confini e di quelle che si sarebbero infiltrate nella parte est dell’Ucraina. A Washington ha destato qualche polemica la rivelazione che nel 2011 la società tedesca Rheinmetall ha firmato un contratto per 140 milioni di dollari con i russi. In base all’accordo la compagnia doveva fornire un centro dotato di simulatori, un impianto in grado di preparare 30 mila soldati all’anno. I tedeschi hanno prima difeso l’intesa, ma un mese fa sono stati costretti a interrompere la cooperazione. Quanti militari sono passati dal centro? Non è chiaro, anche perché ufficialmente doveva essere ancora completato.
Mosca ha gonfiato il petto schierando lungo la frontiera un apparato notevole, non meno di 40 mila uomini, con il seguito di corazzati e artiglieria. Quindi ha affidato le azioni ad una punta di lancia composta da agenti del Gru e piccole aliquote di Spetsnaz che hanno l’appoggio dei simpatizzanti ucraini. Oltre ai «dimostranti», molto agguerriti e preparati, ci sono membri dei servizi di sicurezza. Mosca ha lavorato nel tempo, puntando molto sull’infiltrazione studiata per decenni nelle accademie sovietiche. Robusta l’attività di controllo delle comunicazioni ucraine condotta in parallelo da un’intensa propaganda con la diffusione di notizie infondate che hanno trovato facile rilancio sui social network.
Per giorni — come hanno notato alcuni analisti — un Beriev A 50, un velivolo per la guerra elettronica, ha spiato l’Ucraina dallo spazio aereo dell’amica Bielorussia. In caso di necessità può disturbare in modo sensibile gli apparati ucraini che non sono apparsi adeguatamente schermati. Tanto è vero che Kiev ha chiesto agli Usa la fornitura di materiale a prova di intercettazione. I voli del Beriev sono stati comunque più discreti di quelli dei Tu 95 Bear, i famosi quanto «anziani» bombardieri strategici mandati a curiosare dall’Olanda fino alla Gran Bretagna. Gli aerei sono stati intercettati dai caccia e accompagnati alla porta. La Nato, sin dall’inizio del confronto, è stata costretta a inseguire. Ha schierato qualche jet e una flottiglia di cacciamine nel Baltico, ha inviato dei parà statunitensi per esercitazioni (simboliche) in Polonia, un’unità — la Taylor — in Mar Nero. Poco rispetto al rivale, molto deciso anche sul mare.
La Admiral Kulikov si è avvicinata alle acque britanniche e l’unità della Royal Navy, Dragon , l’ha tenuta d’occhio. Il Pentagono, alla fine, ha ammesso quello che si sapeva da settimane: la nave spia Viktor Leonov , accompagnata dal «rimorchiatore» Chiker , è stata per giorni davanti a Cape Canaveral (Florida) e non lontano dalla base dei sottomarini atomici a Kings Bay. Mosca pensa all’Ucraina, ma vuole essere ovunque.