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 2014  aprile 26 Sabato calendario

GLI OCCHI STRABICI DELL’OCCIDENTE

Con un attacco russo all’Ucraina sempre più probabile, Obama convoca un “G7 telefonico” d’emergenza. All’ordine del giorno: le nuove sanzioni contro Putin, che l’America vorrebbe dure e veloci, mentre l’Europa continua a tergiversare. La tensione è alle stelle anche sul fronte economico, dopo che Standard & Poor’s ha declassato il rating della Russia quasi al livello “junk” (titoli “spazzatura” ad alto rischio di default) e le fughe di capitali da Mosca accelerano. Ma l’unità dell’Occidente è piena di distinguo. Inoltre, anche la Casa Bianca è tutt’altro che convinta che le sanzioni possano dissuadere Putin. Unica nota leggera nel crescendo di allarme: Obama conferma che «sì, si butterebbe in acqua per salvare Putin se lo vedesse affogare», in risposta ad un apprezzamento non si sa quanto convinto da parte del leader russo (era stato Putin alla tv russa a definire Obama «una brava persona che non esiterebbe a buttarsi in acqua per salvarmi», ma nel suo caso non è sicuro se fosse un complimento, o invece un’allusione a debolezza e ingenuità dell’americano…).
Obama è costretto a fare le ore piccole mentre è ancora in tournée asiatica. Come non bastassero i preparativi nucleari della Corea del Nord, quando è notte in Estremo Oriente lui convoca a telefono Angela Merkel, François Hollande, David Cameron e Matteo Renzi: un G7 in formato ridotto con i quattro europei della Nato che fanno parte di quel club. Vistosa è l’assenza di Lady Catherine Ashton, quella che dovrebbe essere ministro degli Esteri dell’intera Unione europea. Sulla carta, è vero, la Commissione Ue partecipa ai G7 solo come osservatrice.
In quell’assenza però gli americani leggono anche la disunione dei loro alleati. Tant’è: nessun annuncio di nuove sanzioni esce da quella teleconferenza. «Fin dove può arrivare Putin?» si sarebbero chiesti a turno sia la Merkel che Hollande e Cameron. Di fronte alla brutalità delle mosse di Mosca nell’Ucraina orientale, gli occidentali ribadiscono che il torto sta tutto da quella parte.
«Il governo ucraino ha rispettato tutti i suoi impegni – è la posizione unanime del G7 – ivi compresa l’amnistia per tutti i ribelli che abbandonino gli edifici governativi occupati. Putin non ha affatto rispettato gli accordi di Ginevra, non si è degnato neppure di lanciare un appello alle milizie filo-russe perché depongano le armi». Fin qui l’analisi delle colpe è chiara, la condanna è inequivocabile.
Sul da farsi, invece, gli occidentali tentennano. L’America spinge per nuove sanzioni, subito, passando a un livello superiore. Non basta cioè prendere di mira degli individui, siano pure gli oligarchi più vicini a Putin. Bisogna lanciare sanzioni “settoriali”, colpire pezzi interi dell’economia russa. E’ qui che gli europei deludono ancora una volta Obama. Lui si aspettava una decisione comune sulle nuove sanzioni già ieri, invece il weekend è arrivato senza annuncio. Ciascun governo europeo torna a farsi i conti in tasca. I paesi più dipendenti dall’import di gas russo scongiurano che l’energia resti fuori dalle sanzioni. La Francia ha paura di perdere commesse militari. L’Inghilterra non vuole subire fughe di capitali degli oligarchi con conto bancario nella City di Londra. Affiora perfino una richiesta del Belgio: niente sanzioni sull’import di diamanti, per carità, la piazza di Anversa sarebbe danneggiata se scomparisse la materia prima, le pietre preziose che vengono dalla Russia. La Casa Bianca è disposta a ripiegare su un pacchetto di sanzioni più mirate, lo staff di Obama col Dipartimento di Stato e col Tesoro hanno pronta una nuova lista di nomi, individui e aziende strettamente legati a Putin, implicati perfino nella destabilizzazione sull’Ucraina. Anche su quella lista, gli europei hanno da ridire. Gli atti non coincidono con la retorica, visto che Hollande invoca «una risposta rapida» e la Merkel gli fa eco con un perentorio «dobbiamo agire».
Nessuno sembra farsi illusioni sull’effetto che questi appelli possono avere su Putin, che nei giudizi del G7 «continua a peggiorare la tensione con un’escalation di retorica e con le minacciose esercitazioni militari al confine con l’Ucraina». Per Obama non ci sono dubbi sul fatto che «Putin vede il mondo con gli occhiali della guerra fredda». Non è chiaro quali occhiali abbiano deciso di usare i leader occidentali, alle prese con una crisi della quale denunciano la gravità senza vederne
l’esito.