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 2014  aprile 25 Venerdì calendario

ACCORDO PER SALVARE PIOMBINO


Un futuro diverso, senza l’altoforno e il ciclo combinato per la produzione di acciaio. Piombino getta il cuore oltre l’ostacolo e prova ad immaginare uno scenario nuovo, privo delle certezze che l’avevano accompagnata per generazioni negli ultimi anni. Lo strumento nel quale istituzioni, sindacati e lavoratori ripongono le speranze, l’accordo di programma, è stato varato ieri a Palazzo Chigi, dopo un ultimo vertice conclusivo. Presto per capire se tutti gli auspici dell’intesa saranno confermati. Le misure messe sul tavolo sono numerose e servono, oltre che a disegnare i contorni di una Piombino futuribile, anche a tamponare le conseguenze immediate dello stop traumatico dell’area a caldo che mette da subito a rischio un migliaio di posti di lavoro diretti (su oltre 2mila), senza contare l’indotto.
I soldi, ha detto ieri il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, che sarà chiamato in futuro a presiedere la «cabina di regia» per vigilare sull’applicazione dell’accordo, «non sono pochi». Il viceministro allo Sviluppo Claudio D Vincenti ha quantificato 270 milioni per l’accordo, definito «una tappa fondamentale per dare un futuro ai lavoratori e ai cittadini». In dettaglio, nell documento c’è innanzitutto l’impegno sulle bonifiche, fondamentali per evitare che Piombino si trasformi nell’ennesimo cimitero industrile, testimone di un’epoca che fu. Dopo le frizioni dei giorni scorsi (il ministero dell’Ambiente pare intendesse stanziare una cifra inferiore rispetto a quanto chiesto dal territorio), le istituzioni locali hanno ottenuto ciò che chiedevano. Una somma di 50 milioni, cruciale anche per tranquillizzare gli eventuali futuri compratori degli asset Lucchini (nel mirino ormai solo la capacità di laminazione) su processo di bonifica. L’obiettivo è impiegare i lavoratori in esubero nei lavori di messa in sicurezza, prolungando così il «salvagente» già messo in campo con l’accordo per i contratti di solidarietà, ottenuti per tutti gli oltre 2mila diretti (per l’indotto si punta sulla cassa integrazione), che dovrebbe coprire le conseguenze dello stop della produzione almeno fino a procedura di vendita conclusa. Altro impegno di spesa importante, sostenuto dalla Regione (circa 60 milioni) è relativo al sostegno a futuri investimenti dei nuovi proprietari in nuovi impianti, per evitare che Piombino retroceda a un mero ruolo di laminazione di acciaio prodotto altrove. «In 2-3 anni - ha detto Rossi - vogliamo tornare a fare acciaio». Istituzioni e sindacati spingono da tempo perchè venga realizzato nel sito un forno elettrico e un impianto Corex per la produzione della ghisa alternativa all’afo (giudicato però con scetticismo dagli addetti ai lavori). Si tratterà di capire se gli interventi saranno nei programmi di chi, entro fine maggio, deciderà di avanzare un’offerta definitiva. A questo proposito proprio nei giorni scorsi gli indiani di Jsw, tra le realtà in gara, hanno visitato il laminatoio di Arlenico, a Lecco, giudicandolo interessante, nononostante l’estrema vicinanza al centro città.
Un capitolo importante è dedicato al riposizionamento del manifatturiero della zona. A prescindere dalla destinazione futura della Costa Concordia (al momento molto lontana dall’approdo a Piombino) il Mise vuole creare un polo per lo smaltimento delle navi militari: 38 le navi già «pronte», messe a disposizione dal ministero della Difesa. L’agosto scorso erano inoltre già stati stanziati 150 milioni per il porto. Altri 10 milioni finanzieranno la bonifica portuale, 20 sosterranno la riqualificazione industriale. Previsto infine un impegno di spesa, ancora da quantificare, per completare il collegamento stradale con il porto.

Matteo Meneghello, Il Sole 24 Ore 25/4/2014