Salvatore Cannavò, Il Fatto Quotidiano 25/4/2014, 25 aprile 2014
CAOS TARANTO, IL GOVERNO COPRE L’ILVA
Con la chiusura dell’altoforno di Piombino, l’unica siderurgia a caldo davvero funzionante in Italia al momento è quella, cinque volte più grande, dell’Ilva di Taranto. Ma all’Ilva la situazione resta esplosiva. Tanto che – denuncia il portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli – il governo per permettere al commissario straordinario Enrico Bondi di prendere tempo sta ritardando la pubblicazione del Piano ambientale che costringerebbe l’azienda a provvedere rapidamente al risanamento del sito e del territorio. Una costrizione poco gestibile, oggi, nel momento in cui Bondi sta cercando una cordata di imprenditori in grado di subentrare o affiancare i Riva nella proprietà. Lavoro impervio, vista la situazione ereditata, le cause pendenti, le malversazioni accertate e quelle da verificare ancora.
Bonelli ha presentato un esposto alla Procura di Roma: “A distanza di oltre un mese dalla ‘presunta’ approvazione del piano ambientale, il 14 marzo – scrive nel documento – non si ha traccia del piano e nessuno a oggi ne conosce i contenuti”. Il leader dei Verdi ha telefonato più volte al ministero dell’Ambiente solo per sentirsi dire dalla Direzione generale per le valutazioni ambientali che il testo è all’esame della Corte dei conti e sta rimbalzando da un ufficio all’altro. “Come è possibile – si chiede Bonelli – che un documento di questa rilevanza non sia pubblico e sia stato dimenticato un piano che avrebbe dovuto, secondo il governo, ridurre l’inquinamento e quindi l’impatto sanitario?”.
La questione non si riduce a un mistero burocratico, ma ha un effetto su quanto potrebbe accadere a Taranto. Secondo il decreto salva-Ilva, infatti, dalla pubblicazione del piano ambientale, il commissario Bondi avrà 30 giorni di tempo per presentare il piano industriale. Solo che su questo punto le cose stanno andando molto diversamente da come il governo e Bondi, immaginavano . Il risanamento dell’Ilva e del territorio circostante, infatti, costa almeno 4,5 miliardi di euro, cifra sempre negata dai vertici dell’azienda e ribadita, invece, da ambientalisti e sindacati.
Una volta approvato il piano industriale, l’Ilva deve reperire quelle risorse. Un’ipotesi è quella del prestito-ponte da parte del governo via Cassa Depositi e Prestiti. Ma si tratta di una strada impervia e che richiede tempo.
“La situazione è preoccupante” anche per il segretario locale della Fiom, Donato Stefanelli, le cui preoccupazioni sono riportate dal sito della Cgil rassegna.it : “La realizzazione degli interventi Aia è ancora in alto mare. Gli ordini in merito sono per ora al 30 per cento. Siamo lontani, lontanissimi. Credo che il commissario Bondi si stia adoperando per prendere tempo e rendere meno onerosi, per l’azienda, i costi del risanamento”. “Per realizzare il piano ambientale – conferma Stefanelli – occorrono 4 miliardi. Chi le mette queste risorse?”. In ambito sindacale, poi, trapela la preoccupazione che l’azienda possa avere difficoltà non solo nel pagamento dei fornitori ma anche degli stipendi.
Agli inizi di aprile a ipotizzare un intervento attivo nell’Ilva era stato il gruppo Marcegaglia, che di Taranto è un cliente di primo piano visto che una delle sue attività principali è la trasformazione dell’acciaio. Marcegaglia aveva già avanzato un’offerta per le Acciaierie di Terni insieme al cremonese Arvedi e al gruppo franco-indiano ArcelorMittal. Potrebbero essere gli stessi attori interessati a subentrare a Taranto. Ma chiunque pensi di mettere le mani sull’Ilva sa che deve andarci cauto. Ci sono le banche creditrici, i processi pendenti sui Riva, gli illeciti compiuti da quest’ultimi e la loro, ignota, volontà o meno di farsi da parte. Inoltre , Emma Marcegaglia è diventata nel frattempo presidente dell’Eni, società che potrebbe avere un ruolo attivo, tramite la fornitura di energia, nel futuro dello stabilimento pugliese. Il conflitto di interessi è sempre in agguato.
Quello che non giova a tutta la vicenda, ai lavoratori e ai cittadini di Taranto, è l’ambiguità del governo che non assume posizioni chiare e trasparenti. Ne è prova quanto racconta Bonelli: “In qualità di portavoce dei Verdi ho inviato le mie osservazioni al piano ambientale precedente. Ma l’unica risposta, di avvenuta ricezione, non l’ho avuta dal ministero, ma dall’indirizzo com missariostraordinario@gruppoilva.com ”.
Salvatore Cannavò, Il Fatto Quotidiano 25/4/2014