Roberto Brunelli, la Repubblica 25/4/2014, 25 aprile 2014
LA FUGA SEGRETA DEL CUSTODE DELL’ATOMICA NAZISTA
LINZ (AUSTRIA)
No, non fu una pallottola né fu il cianuro ad uccidere il generale delle Ss Hans Kammler. Visse e morì da americano, l’uomo che è passato alla storia come “il tecnocrate dell’annientamento”: sotto una falsa identità, in una località segreta degli Stati Uniti e con in dote una montagna di segreti inconfessabili. A poco più di un mese dal suo ultimo incontro con il Führer, l’ufficiale che aveva avuto la supervisione della costruzione di tutti i campi di concentramento — crematori e camere a gas comprese — il responsabile della realizzazione dei missili V-2 e di tutti i progetti segreti sotterranei del Terzo Reich, il gerarca che per un capriccio aveva ordinato l’esecuzione a sangue freddo di 208 lavoratori-schiavi a Warstein, trattò con i servizi segreti nemici la sua fuga in America. Nei giorni convulsi del tracollo della Germania nazista, il generale si presentò di persona agli ufficiali dei Counter Intelligence Corps (Cic) in Austria: «Hans Kammler apparve agli uomini del Cic a Gmunden e fece una dichiarazione dettagliata sulle operazioni e le attività della Baustelle Ebensee»: questo è quanto si legge in un documento segreto dei Cic targato “Nnd 785009” e declassificato dalle autorità statunitensi nel 1978. La dicitura “Baustelle Ebensee” sta a indicare l’immenso sistema di gallerie sotterranee che comprendeva i campi di Ebensee, Mauthausen e Gusen.
La presa di contatto tra il “generale del diavolo” e gli americani èun fatto ad oggi del tutto inedito. In questi sessantanove anni che ci separano dalla fine della seconda guerra mondiale, gli ultimi giorni di Kammler sono sempre stati avvolti da una pesante coltre di mistero: ci sono molte e contraddittorie versioni sulla sua morte, che un tribunale ha stabilito essere avvenuta per suicidio il 9 maggio 1945 (avrebbe ingerito del cianuro ed in più un suo sottoposto gli avrebbe sparato un colpo di pistola su sua stessa richiesta), ma con un carico infinito di speculazioni e suggestioni che non sono mai venute meno. Oggi le carte dei servizi segreti americani nonché la testimonianza dei figli di un agente dell’Oss (Office of Strategic Services, antesignana della Cia) rivelano una nuova verità. «È stato mio padre, Donald Richardson, a interrogare Hans Kammler in Austria», afferma John Richardson. «Mio padre lavorava per i servizi segreti dell’esercito statunitense, ha lavorato per i presidenti Roosevelt, Truman e Eisenhower. Ha reso l’ Obergruppenführer Hans Kammler un buon tedesco, gli ha dato un nome americano, un indirizzo, un numero di telefono. Kammler è entrato a far parte del cuore del complesso militarindustriale americano». Richardson jr — che ha rilasciato un’intervista in questo senso al documentarista austriaco Andreas Sulzer, il quale da quattro anni lavora su un documentario sui “segreti nucleari” del campo di concentramento di Gusen — dice che solo a 50 anni dai fatti il padre decise di raccontare la storia di Kammler ai figli, con la promessa di non rivelarla a loro volta se non dopo la propria morte. L’altro figlio, Douglas, si esprime così: «Mio padre mi disse che dette protezione a Kammler dal 1945 al 1947. La prima volta che me ne parlò fu quando gli chiesi dell’ Operation Paperclip ». Dunque: “Paperclip” è il nome in codice di una missione strategica dell’Oss il cui obiettivo era di reclutare gli scienziati nazisti (uno fra tutti, Wernher von Braun). Donald Richardson era un ufficiale di primissimo piano dell’Oss. Il figlio John mostra orgoglioso le foto del padre insieme a Roosevelt e Truman. Ce n’è una in cui Donald sta impettito dietro a Roosevelt: di lato c’è Churchill, di fronte Stalin. Siamo a Yalta, 1943.
Le dichiarazioni dei due fratelli trovano un riscontro nelle carte dei National archives americani. Nella nota già citata dei Cic si fa riferimento ad una trascrizione del verbale in possesso di tal “Mr. Morrison”. Negli appunti firmati “Mr. Morrison” la località indicata è quella austriaca di Gmunden, i fogli sono datati 15, 16 e 17 luglio 1945, e il nome “Hans Kammler” è in bella evidenza. È più di due mesi dopo il 9 maggio, e siamo anche ben lontani da Praga, dove secondo un’altra tra le varie e contraddittorie testimonianze il generale si sarebbe rifugiato prima di togliersi la vita. Sulzer ha anche trovato copie autografe dei progetti di Kammler — di mestiere architetto e ingegnere — in America, tra le carte presenti nel lascito di Samuel Goudsmit, responsabile scientifico della “Missione Alsos”, messa in piedi per intercettare le risorse nucleari tedesche. Sulzer si entusiasma: «Come facevano gli americani ad avere le carte autografe di Kammler? Ovvio: avevano Kammler».
In altre parole: la merce di scambio del generale quasi certamente furono i suoi segreti nucleari. «Abbiamo le prove che il campo di Gusen fu l’ultimo quartier generale di Kammler», dice il documentarista. «Forniture regolari di materiali scientifici, la lista di carichi ferroviari indirizzati esplicitamente a lui». Come rivelato da Repubblica il 9 dicembre, nelle gallerie di Gusen sono stati rilevati nel 2012 elementi di radioattività «26 volte superiori alla norma»: è solo uno dei tanti indizi che fanno ritenere che in quelle gallerie, una specie di immensa “fabbrica di guerra” sotterranea sottoposta al controllo di Kammler, i nazisti avessero installato un vero e proprio laboratorio atomico. Lo storico Rudolf Haunschmied, che alle ricerche su questo lager ha dedicato tutta la sua vita, ne è convinto: «Dai documenti sappiamo che più si avvicina la fine della guerra, più Gusen diventa cruciale. Hitler esigeva di essere costantemente informato su Gusen. Tutta l’area del campo fu dichiarata “zona vietata”, il lager stesso venne completamente minato. Nessuno, in caso di sconfitta, doveva conoscere la verità». Poche settimane fa è stata fatta un’ulteriore scoperta vicino alle gallerie del campo, che in parte erano destinate all’assemblaggio dei caccia a reazione Messerschmitt, ma che secondo Sulzer facevano parte di una rete sotterranea molto più ampia di quella conosciuta. Gli scavi avviati in seguito alle rilevazioni di radioattività hanno portato alla luce un ottagono, una specie di gigantesco foro nel terreno: ogni lato è lungo 10 metri, per 26 metri di diagonale.
Secondo le analisi geologiche, nasconde un canale sotterraneo lungo 60-70 metri. Per gli esperti si tratta quasi certamente di una rampa di lancio missilistica. Dettaglio inquietante: è orientata verso ovest. «È identica ad un’altra rampa progettata proprio da Kammler in Francia», assicura Sulzer. Questa qui di Gusen fu frettolosamente ricoperta dai tedeschi subito prima la loro fuga. «Però dalle foto aeree realizzate dalla Us Air Force nell’autunno ‘44 l’ottagono si riconosce chiaramente. E si vede che sta all’interno di un’area di massima sicurezza».
Ancora una volta, non finisce qui. In questa cavità è stato rinvenuto un cilindro di ceramica largo 10 centimetri e lungo 6. Un pezzo di un acceleratore di particelle, dicono gli esperti. Uno strumento usato a quei tempi esclusivamente nella ricerca nucleare. Sulzer ha anche raccolto la testimonianza filmata di un ex deportato polacco, Stanislaw Zalewski, che racconta del suo trasferimento da Auschwitz a Gusen: con sua grande sorpresa, sul treno scopre che tutti i suoi compagni di viaggio e di martirio sono chimici, elettrotecnici, scienziati. Personale altamente specializzato, destinato alle medesime gallerie. A lavorare, probabilmente, al più segreto di tutti i progetti nazisti: quello nucleare.
«Il generale consegnò agli Stati Uniti il suo tesoro». Così dice il figlio dell’agente speciale Donald Richardson, questo fanno capire le carte riemerse dagli archivi Usa. Sì, fu l’ombra dell’atomica nazista il lasciapassare di Kammler per l’America.
Roberto Brunelli, la Repubblica 25/4/2014