Sarah Martinenghi, la Repubblica 25/4/2014, 25 aprile 2014
LA BIOLOGA PENTITA DEL METODO STAMINA “UN GRANDE BLUFF”
TORINO.
Crolla, pezzo dopo pezzo, il castello della terapia Stamina. All’indomani della chiusura delle indagini del pm Raffaele Guariniello, nuovi particolari svelano la colossale truffa del guru Davide Vannoni che si basava su false speranze di guarigione a pazienti affetti da gravissime malattie. E che per colpa di quelle cure, in gran parte — almeno uno su quattro — avrebbero anche avuto effetti collaterali, rischiando dal comune mal di testa allo sviluppo di un cancro.
NULLA DI SCIENTIFICO
Il colpo più duro inferto alla terapia, lo assesta una biologa della società Medestea, “prestata” per qualche mese al laboratorio dell’ospedale Civili di Brescia. Una professionista che, dopo aver lavorato al fianco della “regina” di Stamina Erica Molino (l’unica che manipolava le cellule e conosceva il brevetto della terapia), si è accorta che «non c’era alcuna innovazione scientifica nella terapia», e agli investigatori ha rivelato: «Stamina per me è un grande bluff». Per la biologa, le provette “segrete” che spuntavano dalla borsetta di Erica Molino nel giorno delle infusioni erano solo acido retinoico, una molecola che interviene nella produzione della vitamina A e che si trova anche in molte creme per la pelle. «Un giorno — ha spiegato M. M. agli investigatori mostrando anche delle fotografie — ho visto che nel frigorifero del laboratorio c’erano due fiale di questa soluzione giallo fosforescente. Senza farmi vedere ho constatato che non si trattava di un preparato industriale e aveva le caratteristiche di acido retinoico. L’ho riconosciuto perché lo uso in altre occasioni di lavoro». Tra le rivelazioni rese dalla biologa anche una stranezza: «Il terreno di congelamento delle cellule è una miscela di siero bovino fetale, terreno di coltura e 10 per cento di Dmso (dimetilsolfossido), ma nelle schede di lavorazione è indicato solo il siero fetale e il 20 per cento di Dmso: mi è stato detto che però si dovevano indicare nelle schede dati difformi dalla reale composizione. A mio parere non vi è nulla di eclatante nel metodo Stamina, o innovativo dal punto di vista scientifico: i presunti segreti della Molino erano assurdi. L’unica cosa innovativa è che Vannoni sia riuscito a entrare in un ospedale pubblico e che lì abbia proseguito imperterrito».
IL SOCIO TRUFFATO
«Persino io sono stato truffato da Vannoni, e ora per colpa sua mi ritrovo nei guai con il fisco ». Non è indagato Pietro Turino, che nel 2010 fu nominato da Vannoni amministratore unico di Re-gene, la società madre di Stamina. Il suo ruolo doveva essere di semplice liquidatore.
«Ma dopo un mese — ha raccontato — lui e Marcello La Rosa mi hanno detto che non gli servivo più, che la società era chiusa. A mia insaputa, invece, risulto tuttora essere l’amministratore di questa società per cui non ho mai fatto nulla, e tre giorni fa la Finanza è arrivata da me chiedendomi conto di tasse e iva non versate per 180 mila euro in merito a proventi relativi all’attività di San Marino».
IL CENTRO ESTETICO
Vannoni aveva ripiegato su un centro estetico a San Marino (poco idoneo però per praticare interventi così delicati), nel tentativo di aggirare le norme italiane. L’autorità giudiziaria della Repubblica ora insegue Vannoni contestandogli la truffa e la somministrazione di farmaci nocivi. Il fascicolo è stato affidato al commissario della legge Simon Luca Morsiani che ha richiesto con rogatoria gli esiti delle indagini sabaude, e che ha messo sotto accusa anche il chirurgo specialista in anestesia Luciano Fungi che, in una occasione, per reintrodurre le staminali «con l’utilizzo di un tavoloscrivania », si fece «aiutare da un addetto delle pulizie come appoggio per il paziente».
I PRIMI CASI SOSPETTI
Proprio a San Marino un malato, Carmine Vona rischiò persino la vita dopo una iniezione: «Ho avuto una crisi epilettica, mi hanno salvato al pronto soccorso con il defibrillatore» ha raccontato, sporgendo così per primo denuncia in procura. Anche lui avrebbe dovuto pagare le cure, «27 mila euro. E Vannoni mi propose lo sconto se avessi ritrattato le dichiarazioni rese ai medici sulle sue cure. Io non lo feci». Ma prima del suo caso, la magistratura torinese, nel 2009 aveva già avuto a che fare con la terapia Stamina: un pm aveva chiesto al medico legale Roberto Testi se la cura di Vannoni potesse aver causato il decesso di un uomo affetto da Parkinson e Alzheimer. «No — fu la risposta — la cura non ha avuto alcun effetto ed è fuori da qualsiasi norma di legge e deontologica».
Sarah Martinenghi, la Repubblica 25/4/2014