Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 25 Venerdì calendario

FEDERICO PIZZAROTTI “RESTO NEL MOVIMENTO E FACCIO IL SINDACO NONOSTANTE LA FATWA DI GRILLO E CASALEGGIO”

[Intervista] –

PARMA
Seduto al bar davanti a un succo di mirtillo, Federico Pizzarotti, sindaco di Parma bollato di eresia dal guru pentastellato Roberto Casaleggio e dal leader Beppe Grillo, porta la fatwa con la di-
sinvoltura del nerd deciso a resistere sotto i colpi della tempesta perfetta. E annuncia serafico che lui, dal Movimento, non ha intenzione di dimettersi. «Io sono tranquillo — dice — vado avanti. Mancano ancora tre anni alla fine del mio mandato». Il suo dovere, dice, è rispondere ai cittadini tutti, anche a quelli che non l’hanno votato. Pizzarotti non vuole fondare un partito, lo dice chiaro.
Né, tantomeno, raccogliere sotto la propria ala i numerosi dissidenti grillini. Anche se i veleni restano una costante della sua vita politica nel M5S. Per dire: Grillo e Casaleggio, negli ultimi giorni, non si sono neppure fatti sentire.
Come si sta sotto scomunica?
«Non la chiamerei così. Casaleggio ha espresso un’opinione, quanto opportuna non so. Ma, in democrazia, resta
un’opinione».
Non faccia il diplomatico. È una fatwa, lo sa e lo sanno gli altri grillini considerati eretici: la ditta Casagrillo, in democrazia, li ha inceneriti. Adesso tocca a lei?
«Anche la fatwa è questione di punti di vista. Basta saperla gestire. Io sono tranquillo, vado avanti e rispondo solo ai cittadini di Parma. A tutti, ovviamente, anche a quelli che non mi hanno votato. Mancano ancora tre anni alla fine del mio mandato».
Via Farini, pausa di mezzogiorno («qui si lavora 12 ore»). Non ci sono più né guru né padrini nel pantheon di Federico Pizzarotti. Il sindaco M5S colpito da anatema, faccia da Tom Cruise, da pronunciare arrotondando la erre parmigiana. Al diavolo l’ortodossia tribale pentastellata, gli avvertimenti, il fuoco amico ad alzo zero, i dardi avvelenati. La moglie Cinzia Piastri sorveglia con lo sguardo.
Li ha sentiti Casaleggio e Grillo?
«No, ancora nessuna telefonata. Magari è perché c’è stata Pasqua di mezzo».
Sicuro? Casaleggio a Pasqua le ha detto che se ne deve andare a casa perché non ha mantenuto l’impegno di non far partire l’inceneritore di Ugozzolo.
«A Casaleggio dico che amministrare una città vuol dire affrontare i problemi reali. Fare i conti con le cose concrete. Dare risposte alla gente perché alla gente le polemiche interessano pochino. In questa sfida quotidiana certe battaglie puoi anche perderle. Sull’inceneritore abbiamo fatto di tutto per bloccarlo — lo ha riconosciuto anche Grillo ».
Il quale in campagna elettorale aveva promesso «dovranno passare sul corpo di Pizzarotti per farlo partire». Invece sul suo corpo ci stanno passando loro, Grillo e Casaleggio.
«Non è stato possibile fermare quell’impianto. L’ha costruito una società privata. Non è questione di penali da pagare, è che la città, dissestata come l’abbiamo presa, non poteva permettersi di dire a questi signori: prego, ecco 180 milioni (il costo dell’opera, ndr), tenetevelo. Detto questo, non sono stato eletto per fermare l’inceneritore. Il programma per Parma è fatto di 400 punti. Vogliamo parlarne?».
La sensazione è che l’inceneritore sia solo un pretesto per attaccarla. Forse Casaleggio e Grillo mal sopportano
la sua indipendenza «da sindaco». E temono che lei voglia giocare una partita tutta sua, magari fondando un nuovo partito con gli epurati M5S che da queste parti — da Giovanni Favia a Federica Salsi a Adele Gambaro — iniziano a essere parecchi.
«I fuoriusciti faranno quello che vogliono. Io ho un impegno da portare avanti, continuo a fare il sindaco, un lavoro duro che però da’ più soddisfazione che mettere in piedi un partito. Ho una giunta solida e motivata, e i consiglieri sono tutti con me. Questi sono fatti».
Ce ne sono anche altri. Vito Crimile suggerisce di presentarsi ai suoi elettori per chiedere di confermare il mandato. Non proprio un’iniezione di fiducia. In più è sospettato di intelligenza col nemico Civati.
«La verifica chiesta da Crimi è tecnicamente infattibile, l’ho detto. Penso a lavorare sodo e a testa bassa come ho fatto da quando gli elettori mi hanno consegnato le chiavi di Parma. Quanto a Civati, balle. L’ha detto anche lui che non ha nemmeno il mio numero di telefono. Mai sentiti ».
Mettiamo che qualcuno dei suoi consiglieri, magari su input dall’alto, la molli. Il sindaco potrebbe dare vita a una lista civica per andare avanti e completare la legislatura?
«Non scherziamo, mica possiamo fare della filosofia. Abbiamo davanti tre anni. Chi può dire che cosa succederà da qui al 2017. Comunque non ho nessuna intenzione di uscire dal Movimento né di andare alla rottura».
Lei no, ma magari i suoi capi, che hanno un «brutto carattere», sì. Mettiamo che Capitan Pizza — l’impietoso nomignolo che le ha affibbiato Grillo — venga messo in un angolo da cui è difficile uscire. A quel punto?
«Non mi pongo il problema. Insisto: se non amministri è difficile rendersi conto di cosa significa farlo. Il funzionamento di una città è tutta questione di spesa, non di volontà. Devo potare le piante? So che devo spendere 400 mila euro l’anno. L’erba? Mi van via 1,2 milioni. Queste sono le cose che ho in mente, altro che fatwa...».
Come è messo il «buco» di Parma?
«Trecentocinquanta milioni di debito in meno rispetto agli 870 che ho trovato quando sono stato eletto (maggio 2012, ndr). Già l’anno scorso eravamo a meno 280».
Vi siete dati un obiettivo di bilancio finale?
«Azzerare il debito di un Comune di questi tempi è impossibile. Ma stiamo lavorando sodo. Abbiamo cancellato i debiti pregressi, 120 milioni di fatture scadute. A fine mese chiudiamo l’accordo con le banche per le situazioni più complesse, quelle legate alle società partecipate».
Le bordate di Grillo contro le banche non devono averla aiutata.
«Ehhhh... Diciamo che però le banche hanno tanto da perdere: in passato hanno fatto prestiti munifici da cui adesso devono per forza rientrare».
Dica la verità: dopo le legnate che le hanno tirato Grillo e Casaleggio si sente ancora a pieno titolo, cuore e maglia, nella squadra M5S?
«Certo. Tutto il programma su cui sto lavorando è costruito sui valori e le idee del Movimento. Scuola, ambiente, strade, welfare di comunità, mobilità. Ok, l’inceneritore è partito, ma in un anno abbiamo aumentato del 14% la raccolta differenziata. Perché i rifiuti poi mica li sposti... A maggio inauguriamo la nuova stazione ferroviaria senza più barriere architettoniche. Perché queste cose non fanno titolo?».
Lo deve chiedere a Casaleggio.

Paolo Berizzi, la Repubblica 25/4/2014