Francesco Borgonovo, Libero 25/4/2014, 25 aprile 2014
STAMINA, ACCUSATE ANCHE LE IENE: «COLPA DELLO STATO»
Loro malgrado, sono finiti sul banco degli imputati. L’accusa è quella di aver spinto a livello mediatico il fenomeno Stamina, di cui ora si leggono, nelle pagine dell’inchiesta della Procura di Torino, cose atroci: finti infermieri, minacce, pazienti «usati come cavie». Ma Le Iene rispondono a tono, col carattere che le contraddistingue. E lo fanno per bocca di Davide Parenti, aguzza mente del programma.
Quanti servizi avete realizzato su Stamina?
«Approssimativamente, poco più di venti».
Sul web vi accusano di aver girato pezzi di parte, presentando Stamina come vittima di una sorta di complotto.
«Credo che ci accusino piuttosto di aver dato credito, col nostro lavoro, a una cosa che a detta di tutti non funziona e a un millantatore, che sarebbe Davide Vannoni. Ma per ogni accusa c’è anche una difesa. Abbiamo detto che Vannoni era indagato per fatti precedenti al 2010. Ma da allora in poi lui ha operato in un ospedale pubblico con tutte le autorizzazioni del ministero della Salute, dell’Aifa e della Regione. Noi, nel febbraio del 2013, abbiamo raccontato la storia di un bambino di Trapani a cui avevano dato tre mesi di vita. Ai genitori è stata data la possibilità di provare questa cura e un aereo della Protezione civile l’ha prelevato da Trapani per portarlo a fare le infusioni. Non Vannoni in un furgonicino, la Protezione civile».
I vostri servizi hanno dato un’idea tendenzialmente positiva della cura.
«Noi forse abbiamo dato l’idea di dare una valutazione positiva perché abbiamo seguito le famiglie. Io non so se questo metodo funzioni oppure no. Sono portato a pensare che non funzioni, perché se funzionasse sarebbe la scoperta del secolo. Però se qualcuno avesse voluto davvero capirlo sarebbe stato facilissimo. Ma non ho visto nessuno davvero motivato a farlo».
Per parecchio tempo, sul vostro sito, è comparso un banner con le indicazioni per contattare direttamente Vannoni.
«Questo è successo perché, dopo che ci siamo occupati della cosa, hanno cominciato ad arrivarci migliaia di telefonate al giorno. Era più facile dirottare le chiamate su chi se ne occupava direttamente, no? Però non si trattava di una pubblicità, ma di una informazione. Tanto più, ripeto, che tutto si svolgeva agli Spedali Civili di Brescia».
Vero. Ma che cosa pensa quando legge sui giornali che Vannoni «si faceva aiutare da un addetto alle pulizie come appoggio per il paziente» o che i pazienti venivano usati come cavie?
«Leggo e sono allibito. Se avessimo avuto queste informazioni le avremmo date. Ma queste sono storie che noi non conosciamo, che sono accadute in tempi e luoghi che non abbiamo frequentato. Conosciamo le storie delle famiglie che abbiamo frequentato e che hanno avuto accesso alle cure. Io Vannoni l’ho incontrato due volte. Una a casa sua perché l’ho intervistato e una a Roma. Sono andato per capire che tipo fosse».
E come le è sembrato?
«Un po’ ambiguo, un saltafossi. Però Vannoni e la cura compassionevole che porta il suo nome vanno distinti: lui può avere tutte le colpe del mondo, ma le famiglie e i malati che hanno avuto accesso alle sue infusioni non ne possono avere alcuna. Teniamo presente che qui non siamo di fronte alla cura Di Bella, per cui i pazienti magari interrompevano la chemio. Qui stiamo parlando di persone che non hanno altra speranza».
Sì, però leggiamo di persone che non avevano speranza e oggi si dicono ingannate.
«Per come abbiamo conosciuto noi la storia nel 2103, non era così. Noi sapevamo che Vannoni era indagato, e l’abbiamo detto per primi in un servizio. Ma non sapevamo che ci fossero le derive che abbiamo letto oggi sui giornali. Di sicuro possiamo dire che le persone che si sono fatte infondere all’ospedale di Brescia non hanno pagato niente. Se il pm Guariniello indaga Vannoni dal 2007 e solo oggi lo ferma, come si può pretendere che noi sapessimo che lui aveva questo passato? In tutto questo tempo le infusioni sono andate avanti, 700 giudici del lavoro lo hanno permesso, e nessuno ha detto niente».
Quindi lei non si rimprovera nulla.
«Col senno di poi si può dire che forse abbiamo fatto troppi servizi o che forse abbiamo enfatizzato qualche scena drammatica. Ma penso che abbiamo fatto comunque bene il nostro mestiere».
Forse avete dato una visione troppo parziale.
«Guardi, credo all’ottavo servizio, siamo stati dal professor Villanova di Bologna, uno dei maggiori esperti di Sma1 in Italia. Lui era convinto che Stamina non funzionasse affatto. Fu convincente e inserimmo le sue dichiarazioni in un servizio. Gli abbiamo fatto visitare il piccolo Sebastian, figlio di un muratore di Modena, prima e dopo le infusioni. E dopo un mese Villanova ha constatato che i parametri della malattia erano cambiati, migliorati. Le sto parlando di uno degli specialisti più affemati che abbiamo in Italia.
La scienza però non funziona per singoli casi, e i miglioramenti possono dipendere da vari fattori.
«Sicuramente la scienza non ragiona così. Però Villanova è la scienza, gli studiosi di Miami che volevano esaminare le staminali sono la scienza. Scienziati che si sono avvicinati alle famiglie qualche dubbio lo hanno avuto sulla bontà di questa cosa compassionevole».
Accusate lo Stato di avere molte colpe.
«Lo Stato si è comportato non male, di più. Da una parte ha permesso a delle persone di fare delle cure. E poi queste cure le ha ostacolate. Le persone che tutt’o-
ra vogliono queste cure non le avranno più. È contro un diritto costituzionale, è lo Stato che infrange la legge».
Rifarebbe tutto quello che ha fatto su Stamina?
«Non rifarei tutto. Ho capito come funziona l’informazione. Sono qui a rispondere a lei come se avessi una colpa. Ma io non ho nessuna colpa. Solo quella di aver seguito la vicenda. Io non ne capisco nulla, ma dico a chi capisce: quanto vi costa spiegare che il “metodo Vannoni” fa cagare? Le persone che hanno avuto accesso a queste infusioni ancora non hanno capito. E se gli è stato iniettato “veleno per topi”,
meriterebbero almeno una qualche spiegazione. Perché l’Aifa ha impedito che le cellule fossero studiate a Miami? Costava 15 mila euro, li pago io piuttosto. Si sarebbe messa la parola fine e invece...».
Invece?
«Io mille dubbi ce li ho ancora. Prenda Luca Merlino, direttore vicario della sanità alla Regione Lombardia. Ha la Sma 5 . Poteva farsi somministrare le staminali dove voleva. Ha scelto Brescia. Pesava 60 kg, camminava storto. Lo veda ora».
E se Vannoni fosse condannato?
«Probabilmente sarebbe anche la cosa più giusta al mondo. Ma Vannoni e la cura, come dicevo, sono due cose diverse. Lui vada pure incontro al suo destino. Ma penso che qualcuno, e cioè lo Stato, dovrebbe incontro alle famiglie che ha infuso col metodo di Vannoni. Io sarei contento se qualcuno venisse da me a dirmi dove ho sbagliato. Ma davvero non so dire dove. Abbiamo dato voce a persone che nessuno considera. Pensate davvero che la Sma1 faccia ascolti? Noi abbiamo fatto un lavoro civile: abbiamo portato luce dove non c’era. Di questa gente non frega nulla a nessuno, non hanno assistenza né attenzioni, non hanno niente. Per rispetto oggi bisognerebbe spiegare loro che il metodo non funziona e spiegare bene perché. E queste famiglie non si berranno tutto, perché sono diventate molto competenti. Vannoni può anche essere Hitler, ma faccia pure la sua strada. Non bisogna difendere lui, ma queste persone. Io sto con i più deboli e qui i più deboli sono loro».