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 2014  aprile 25 Venerdì calendario

VERONA E IL MURO DI “GOMME” CHE UMILIA GIULIETTA E ROMEO


L’effetto non è romantico né un inno all’amore, tutt’altro, anzi rende subito l’idea che la faccenda finirà in tragedia, come il legame tra gli innamorati scaligeri. Difatti da vicino è pure peggio, perché i puntini sono un gigantesco collage di gomme masticate e appiccicate sulla muratura storica in una gara a chi la sputa più grossa. Metri e metri di cicche appallottolate, solidificate, stratificate nell’incuria e nella cafonaggine, che però fanno ormai parte dell’immaginario di Giulietta e Romeo. Come se nel loro tormentato amore i due amanti di Verona ruminassero abitualmente chewing gum che si toglievano di bocca prima di baciarsi.
Verona - C’erano una volta le scritte sui muri, i graffiti, le monetine lanciate nelle fontane, i lucchetti, le cartoline illustrate. Tutti modi per fermare il tempo in un ricordo, un impegno a ritornare in un luogo del cuore, la speranza di una felicità non fugace. È chiaro che scattare un selfie pieno di smorfie è meglio che scalpellare mura millenarie o ricoprirle di cicche masticate. Ma sarebbe un ricordo personale, intimo, senza alcun rilievo pubblico.
Invece oggi bisogna lasciare una traccia stabile del proprio passaggio, un’orma visibile a chiunque, qualcosa che duri nel tempo, tendenzialmente immortale. E l’accumularsi di certi segni diventa un sigillo di notorietà. Avanti dunque con la fantasia, o la perversione, dei nuovi barbari. I graffiti come forma d’arte, i muri come le tele immaginarie degli artisti esclusi dai musei, i lucchetti che trasformano cancelli e ringhiere in ancore di salvataggio cui incatenare affetti e memorie. Ma la cicca? Una distesa di gomme spiccicate sui muri cosiddetti dell’amore è soltanto un monumento allo schifo.
Nel cortile di Giulietta ormai i turisti ci fanno caso soltanto quando vi si appoggiano. È un fenomeno curioso: chi tocca le cicche ritrae la mano raccapricciato, ma a certuni si accende un’insana lampadina che induce a contribuire all’opera collettiva sputando la pallottola insalivata e incollandola, senza farsi troppo vedere, sui muri di casa Capuleti. Qualcuno riesce a incidervi nomi o sigle, altri infilano pezzetti di carta, altri ancora attaccano cerotti in assenza di chewing gum ma in presenza di cicatrici.
Ormai nel cuore di Verona il percorso è consolidato. Si varca il portone di via Cappello dopo un’attesa che a certe ore può essere anche molto lunga. Prima tappa sotto il portico a volta, quello dei graffiti. Una volta si provvedeva direttamente a rovinare i muri, che poi il comune ha pensato bene di coprire con due pareti in cartongesso destinate a essere sostituite periodicamente. La seconda tappa si svolge nel cortile per la beneaugurante palpatina alle tette bronzee della statua di Giulietta, con relativa foto a immortalare l’impresa.
Chi vuole strafare compra il biglietto (intero 6 euro, ridotto 4,50: quando si dice amore e interesse), sale al primo piano dell’edificio trecentesco (ma restaurato 80 anni fa) e si affaccia al leggendario balcone dal quale l’eroina shakespeariana calò le trecce per il suo spasimante. «Romeo, Romeo, chi sei tu, così nascosto dalla notte, che inciampi nei miei pensieri più nascosti?». Oggi il povero Montecchi incespicherebbe in cumuli di chewing gum rappresi e andrebbe a sbattere il muso contro una cancellata rivestita di lucchetti.
Il comune ha emanato regole rigide, ha perfino messo un paio di vigili a guardia del santuario dell’amore mondiale. Ma divise e sguardi truci restano impotenti contro le orde di masticatori da tutto il mondo desiderosi di appendere il loro «ex voto» agli dei della passione. Basterebbe una multa a infrangere il mito dell’amore. Perciò niente contravvenzioni, soltanto qualche richiamo a non scrivere fuori dagli spazi bianchi sulle pareti di cartongesso.
D’altra parte non è soltanto questione di regole. Quei mattoni sputazzati sono il simbolo di un’affettività senza decoro, un amore eversivo, una sfida espressiva ai vincoli del potere, e il desiderio di un amore senza fine scade in una volgarità cinica. «Non c’è mondo per me fuori dalle mura di Verona, ma purgatorio e inferno», scriveva Shakespeare nella sua tragedia. Ma nemmeno dentro quelle mura foderate di chewing gum se la passano troppo bene.