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 2014  aprile 25 Venerdì calendario

COSI’ IN TV È CAMBIATA L’IMMAGINE GAY

Umberto Bindi e Eva Robin’s, Paolo Poli e Ivan Cattaneo, Vladimir Luxuria e Cristiano Malgioglio. Prima i mutandoni neri delle Bluebell e poi la camera che indugia sull’epidermide compatta di Walter Nudo all’Isola dei Famosi, per non parlare dei muscoli, guizzanti, oleati e pubblicitari di Roberto Bolle. Come è cambiato l’approccio della Rai all’omosessualità, e lo sguardo sul corpo femminile e maschile lo racconta il «TGLFF», il Gaylesbian Filmfestival di Torino, in programma dal 30 aprile al 6 maggio al Cinema Massimo. Sarà quasi un controcanto alla grande mostra itinerante La Rai racconta l’Italia organizzata per i 60 anni della tv di stato e in Torino a settembre per il Prix Italia. Sessanta anni di storia che prendono il via dal codice di autodisciplina voluto nei ’50 dall’amministratore delegato Filiberto Guala cui si attribuiscono queste parole: «Chi sono io? Sono semplicemente un moderno crociato chiamato a lottare per il sepolcro della pubblica coscienza. Sono venuto per cacciare pederasti e comunisti».
E 60 anni di Rai TV, tra spettacolo e informazione è il titolo della sezione del Festival curata da Enrico Salvatori che si compone di diversi materiali: una puntata di Rai54, che ripropone un talk del 2003 con Pippo Baudo ed Eva Robin’s sull’uso del travestimento e dell’ambiguità sessuale in tv; Research Omosessualità-repressione prodotto da Raistoria nel 2011, a cura di Clemente Volpini, Enrico Salvatori e Dario Petrosino, dove si raccontano invece i fenomeni repressivi sugli omosessuali nell’Italia del secondo dopoguerra; infine Toupet De Luxe, una produzione del festival bolognese Gender Bender diretto da Daniele Del Pozzo, del 2009: una carrellata di comicità en travesti TV dal 1954 al 1977.
Così ai tempi del bianco e nero, sino a tutti gli Anni 60, le immagini prevalenti erano quelle, per esempio, del cantante Umberto Bindi e il suo vistoso anello di brillanti mentre suonava al pianoforte Non mi dire chi sei al Sanremo del 1961. Gli strali moralisti si addensavano sul capo del sarto romano delle dive Emilio Schubert indaffarato fra ricami e spilli nei servizi di moda. Un po’ meno stretto era il controllo su Don Lurio, il danzatore e coreografo americano, che in quanto straniero, aveva maggiore libertà d’azione. Via libera totale infine ai comici travestiti da donna. Come Vianello e Tognazzi impegnati in una inchiesta sulla donna che lavora. Mentre Walter Chiari si infilava una calzamaglia nera e tacchi a spillo per confondersi fra le Bluebell: era la vecchia tradizione della rivista.
Dalla perversione alla trasgressione. Siamo nei ‘70 e anche se Babau di Paolo Poli, deve attendere 6 anni per andare in onda, la riforma del 75, il colore nel ’77, la concorrenza delle tv private, imprimono un cambiamento epocale. «Come una reazione agli anni di piombo – spiega Daniele Del Pozzo, - c’è voglia di intrattenimento leggero: per esempio con gli spettacoli di Enzo Trapani, da Non stop a Fantastico». Il «dico e non dico» fa emergere personalità come Amanda Lear, o Donatella Rettore. Mentre i grandi signori della risata indossano parrucche, abiti da matrona e tacchi (Bramieri, Panelli, Fabrizi, ma anche Arbore e Benigni). Anche se l’icona assoluta di questi tempi sono le indimenticabili Sorelle Bandiera all’Altra domenica di Arbore.
Dalla trasgressione alla normalità. Altro profondo spartiacque si ha alla fine degli anni 90 con i programmi di Gad Lerner che affrontano l’argomento con serietà e profondità, mentre i nuovi protagonisti dei talk si chiamano Aldo Busi o Platinette e il «personaggio gay» entra nelle fiction a partire da Commesse. Chissà poi che cosa avrebbe pensato l’ingegner Filiberto Guala di fronte alla vittoria di Vladimir Luxuria a L’Isola dei famosi?