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 2014  aprile 25 Venerdì calendario

«IO, VASCO»

«Io sono diventato quello che sono. E ne sono soddisfatto». Eccola qua, come fosse stata appena scritta per il verso di una sua canzone, la formula per essere Vasco Rossi, oggi. Il Komandante la pronuncia in una bella giornata di primavera a Bologna, al termine di un’intervista in cui ci svela anche alcuni dei segreti del rocker che tutti siamo abituati a vedere sul palco. La prossima estate gli show negli stadi saranno sette: il 25, il 26 e il 30 giugno all’Olimpico di Roma, dove nessuno aveva mai suonato finora per tre date consecutive; e il 4, il 5, il 9 e il 10 luglio a San Siro a Milano, ennesima dimostrazione di un legame con i propri fan che pochi altri artisti nel mondo possono vantare. È il suo secondo giro di concerti dopo l’infezione batterica che lo colpì nel giugno del 2011. Vasco lo scorso anno stupì tutti per il modo in cui si riprese il palco.
Vasco, rispetto a un anno fa ha ripreso decisamente
colore.
«Proprio così, lo noto anch’io, mi sento decisamente più in forma. Il fatto è che l’anno scorso uscivo da due anni di antibiotici, ero ancora convalescente. Poi, una volta arrivato a Torino e Bologna, puntualmente è venuto fuori l’animale da palco che sono, c’era la voglia di tornare».
Ne uscì provato fisicamente?
«Dopo il giro di concerti organizzai una cena con gli amici a Zocca, la chiamai la “Cena del terzo risorgimento”, sì perché ero già morto nell’84 quando mi misero in galera per droga, e la prigione è una morte civile. Poi nel 2001 quando ebbi la mia prima depressione, dopo la morte di mio padre, di Massimo Riva e di un mio caro amico di infanzia. Pensavo a come farmi fuori in un modo che non creasse troppi problemi agli altri, ma non l’ho trovato».
La stupisce la richiesta pressante dei suoi fan?
«No, perché per quanto io guardi in giro, un altro Vasco Rossi in Italia non lo vedo di sicuro. Dal vivo sono ancora il numero uno, il numero due e il numero tre. Per il quarto posto là dietro c’è una gran bagarre. Io dico: largo ai giovani, però non c’è n’è ancora uno che possa prendere il mio posto».
Proprio non le piace nessuno tra gli artisti italiani?
«Io sono stato e resto un provocatore di coscienze, mi piacciono dunque i provocatori e gli unici che provocano oggi sono Caparezza e Jovanotti, i rapper insomma».
De André disse che lei era l’unico credibile nel ruolo di rocker, l’unico ad essere riuscito a portare la canzone d’autore nel rock.
«Fabrizio mi venne a cercare, voleva conoscermi, per me era un mito, insieme a Jannacci. Ma De André soprattutto era un fenomeno di cattiveria, a 17 anni ascoltandolo ho capito che si potevano dire le cose con un’ironia feroce, io alla mia maniera ovviamente. Ho usato il rock per penetrare e provocare meglio, ho dato credibilità al rock in italiano, adesso ha la credibilità del rock di Springsteen e dei Rolling Stones».
Perché dunque nel 2011 ha detto di volersi dimettere da rockstar?
«Perché io sono un songwriter che gioca a fare la rockstar, ho sempre giocato, è un’interpretazione, un modo di fare spettacolo, sul palco interpreto il personaggio di Vasco Rossi. Infatti, quando incontro i miei fan mi imbarazzo: loro vedono il rocker e io che sono un altro non mi sento mai all’altezza delle loro aspettative. Il rock è sempre una grande truffa, non bisogna crederci fino in fondo».
Sul palco del Festival di Sanremo le sue performance fecero scalpore: tutto calcolato anche lì?
«Su Vita spericolata non andai via per polemica, volevo lasciare il palco con l’inquadratura sul microfono, come in un film. L’anno prima con Vado al massimo ero sicuro di passare in finale, mi aveva voluto Ravera, e infatti fu così: Claudio Villa fu eliminato e io passai, fu Ravera a volere il cambio epocale, altro che voti e giurie».
Tutti dissero che su Vita spericolata lei fosse ubriaco.
«Non ero ubriaco, ero diversamente lucido, vorrei fosse chiaro. L’anno prima mi avevano accusato di attentare al festival perché mi era caduto il microfono. Io non mi girai a raccoglierlo, non si fa: l’avevo imparato da Jagger».
Alcuni lessero quei brani come inni alla droga.
«Lo fecero i benpensanti, gli stava crollando il mondo addosso, pensavano io fossi l’esempio cattivo, ma non è il personaggio che fa la droga (e a quei tempi lì neanche mi facevo le canne) io rappresentavo il nuovo. Non è la realtà che fa l’artista, l’artista interpreta la realtà».
Parla sempre dei Rolling Stones mai dei Beatles.
«I Beatles sono pop, scrivevano le canzoni con gli urletti e i coretti. Gli Stones sono sberleffo, provocazione, sesso. Quando senti Elvis non puoi stare fermo, i Beatles li puoi ascoltare addormentandoti. Tu pensa il re del rock’nroll che si vede questi quattro con i caschetti che gli rubano lo scettro: capisco perché abbia cominciato a drogarsi».
Sanremo la consacrò, oggi ci sono i talent, cosa ne pensa?
«Sono un modo per farsi conoscere, anch’io ho avuto bisogno di Sanremo per arrivare alla notorietà nazionale, forse Vita spericolata l’avrebbero ascoltata lo stesso ma ci sarebbe voluto più tempo».
Perché ha smesso con la pubblicazione dei clippini su Facebook?
«Io vado a periodi, faccio, strafaccio, poi mi stanco. Ho cominciato con i video del telefonino per far vedere la mia vita nei camerini, poi nel lungo periodo in ospedale non avevo altro che quello e mi sono scatenato. Io che non ero mai stato male in vita mia, eppure ne ho fatte di cose, anche se occasionalmente non mi sono mai fatto
mancare niente».
In America due Stati hanno legalizzato la marijuana.
«È un mio cavallo di battaglia da sempre, ma qui comandano mentalità bigotta e pregiudizi. Finché gli americani non decideranno che torni ad essere una sostanza come l’alcol, e allora la legalizzeremo anche noi. Le altre sostanze andrebbero messe nelle mani dei medici, dove peraltro sono già».
A proposito di Internet, è stata la fortuna di Grillo.
«Ha utilizzato la rete per arrivare alla politica come prima avevano utilizzato le televisioni, rappresenta una parte di popolazione arrabbiata che non ne può più della politica di palazzo e dei corrotti, raccoglie quella rabbia lì. Faccio invece tanti auguri a Marco Pannella, spero che torni presto per altre battaglie».
Cosa pensa di Papa Francesco?
«Io sono agnostico, credo nell’uomo mortale e nel tempo circolare. Credo che Papa Francesco sia un personaggio che rilancia l’immagine della chiesa, ma non ha chiuso lo Ior».
Che voto si dà come padre?
«Con mio figlio sono suo padre, non siamo amici, gli dico le cose che deve fare poi lui naturalmente fa come gli pare, ma sono contento di tutti, anche degli altri perché so che se la caveranno. Pensare che io non volevo neanche dei figli, ne devo vedere di tutti i colori prima di evaporare, perché a un certo punto bisogna evaporare. Di Laura mia moglie mi sento quasi padre, di mio figlio Luca sono nonno, e ora Davide, il più grande che ha 28 anni e aspetta un bimbo dalla sua ragazza, mi renderà bisnonno».