Giampaolo Visetti, la Repubblica 24/4/2014, 24 aprile 2014
COSÌ GLI UOMINI-APE SALVANO LA NATURA NELLA CINA DEI VELENI
PECHINO
Vittime dei propri veleni, sparsi per moltiplicare il raccolto, i contadini cinesi sono costretti a trasformarsi in insetti. In Asia vengono chiamati uomini-ape e sono oggi il simbolo del disastro globale della natura. Milioni di frutticoltori, rimasti privi dell’essenziale funzione svolta dagli alveari, sono ridotti ad arrampicarsi sugli alberi per impollinare a mano ogni fiore. Una metamorfosi drammatica: le piante, abbandonate dalle api decimate dalle malattie, in aprile brulicano di agricoltori che in pochi giorni devono «pennellare» di polline ogni gemma, affinché possa fruttificare.
Epicentro della devastazione, il Sichuan, nel Sudest della Cina, e le regioni del Nord, famose per mele e pere. La tragedia delle api distrutte è tale che per salvare i raccolti i contadini assumono migliaia di apiumane, reclutate in tutto il Paese. Nel villaggio di Nanxin, considerato il luogo d’origine della mela, la fecondazione a mano quest’anno ha raggiunto il 95%. Gli uomini-ape vengono dotati di stami essiccati e polverizzati e con una piuma di gallina, fissata su una canna di bambù, spargono il polline sui fiori appena schiusi. Altri usano filtri di sigaretta fecondati e assicurati su bastoncini con gomma da masticare.
Nei villaggi più vicini alle città sono comparsi apicoltori ambulanti, che affittano gli sciami sopravvissuti per l’impollinazione naturale. Per i nuovi contadini-acrobati il problema è che sostituire le api richiede prestazioni da campioni. Uno sciame di api è in grado di fecondare fino a duecento alberi da frutto al giorno, un giovane esperto non più di venti, lavorando dieci ore. L’impollinazione deve concludersi entro due settimane, a cui vanno sottratti i giorni di pioggia. Per chi possiede migliaia di piante la sfida è impossibile, a meno di non reclutare un esercito di uomini- ape, a costi proibitivi. Per sostituire gli insetti, un migrante chiedeva 7 euro al giorno nel 2010, 9 nel 2012. Oggi siamo a 15.
La distruzione delle api è un cataclisma anche per l’economia. La Banca mondiale calcola che globalmente il valore dell’impollinazione valga 170 miliardi di euro. Le malattie causate dai pesticidi, a partire dagli anni Novanta, hanno sterminato il 57% del patrimonio apistico europeo, l’80% di quello Usa, il 95% di quello asiatico e cinese. In Europa, per garantire l’equilibrio della natura, mancano oggi almeno 13 milioni di sciami: 250 milioni il costo sostenuto dall’Italia per il crollo dell’impollinazione. Ad uccidere le api, fertilizzanti e anticrittogamici tossici, carichi di pesticidi che scatenano neurotossine negli insetti. Sotto accusa, in Cina, la deforestazione selvaggia, l’urbanizzazione, l’inquinamento e l’abuso dei prodotti chimici in agricoltura. Uccise le api, i contadini-insetti scoprono però che la loro frutta, impollinata a mano, costa troppo. Dopo gli sciami, l’estinzione investe così oggi i frutteti, venduti agli speculatori immobiliari. Il cemento non ha bisogno di essere fecondato: peccato che non fiorisca e che sui grattacieli non maturino le mele.
Giampaolo Visetti, la Repubblica 24/4/2014