Clara Attene, il Venerdì di Repubblica 18/4/2014, 18 aprile 2014
PER RISOLVERE I PROBLEMI SIAMO MEGLIO DEI TEDESCHI
Se dovete regolare il nuovo termostato del riscaldamento di casa o capire qual è la via più breve per arrivare in un punto della città, chiedete aiuto a uno studente della Corea del Sud o di Singapore. Se invece il vostro interlocutore fosse per caso un adolescente spagnolo o brasiliano, meglio dare un’occhiata in più alle istruzioni o alla mappa, ma già se chiedete aiuto semplicemente al vostro nipote quindicenne potete stare più tranquilli. Secondo il rapporto Pisa, il Programma per la valutazione internazionale dell’allievo dell’Ocse, le capacità dei ragazzi italiani sono leggermente al di sopra della media dei 44 Paesi esaminati, sebbene distanziati dai ragazzi di Singapore e dai coreani che svettano con un punteggio rispettivamente di 562 e 561 punti. Se gli italiani si attestano a 510 punti, superando Germania (509) e Stati Uniti (508), e la media Ocse oscilla tra 494 e 506 punti, peggio se la passano, ad esempio, gli spagnoli (477) o i colombiani, che chiudono la classifica con 399 punti. Agli 85mila studenti è stato chiesto di risolvere problemi legati alla vita quotidiana, in contesti sconosciuti: per esempio, capire quale è il percorso più breve per spostarsi con la metro in una città nuova o usare un nuovo apparecchio elettronico.
«I quindicenni che oggi presentano scarse capacità di risolvere questi problemi, rischiano di faticare di più per trovare un buon lavoro» commenta Andreas Schleicher, direttore dell’area Educazione e competenze dell’Ocse. «Politici e insegnanti dovrebbero modificare i programmi scolastici per aiutarli a sviluppare questo tipo di abilità, oggi sempre più necessarie».
Non sembrano, invece, esserci grosse differenze tra le capacità mostrate da maschi e femmine, con una lieve prevalenza dei primi tra le perfomance migliori, eccetto che in Australia, Finlandia e Norvegia.
Di fronte a questi esiti, in Spagna, per esempio, è finito sotto accusa il modo di insegnare, definito dai critici «antiquato e poco stimolante per la creatività». Ma anche l’atteggiamento generale verso i ragazzi: «Li controlliamo troppo, non li lasciamo risolvere i problemi da soli» afferma Estela D’Angelo, docente di didattica presso l’Università Complutense di Madrid . «Così gli rendiamo la vita facile. Una persona non autonoma, però, poi non sa organizzarsi».
Clara Attene, il Venerdì di Repubblica 18/4/2014