Vittorio Zucconi, D di Repubblica 19/4/2014, 19 aprile 2014
L’ARMA PERFETTA PER COMBATTERE LA GUERRA FREDDA
Se, come è probabile, il nome di Nathaniel Brackett Wales non vi dice niente, è arrivato il momento di dedicare a questo inventore americano un pensiero. A lui, dopo secoli di tentativi poco pratici, dobbiamo qualcosa che tocchiamo, usiamo, benediciamo e malediciamo ogni giorno: il frigorifero.
Fu un secolo fa, esattamente nel 1914, che Wales brevettò la macchina che sarebbe stata poi prodotta e commercializzata da una società chiamata Kelvinator.
Un’invenzione che si materializzò nella mia famiglia sotto forma di un monumentale frigorifero marca Crosley, che credo pesasse da solo come tutta la famiglia insieme.
Ma l’invenzione del sensazionale elettrodomestico portò con sé, come tutti i prodotti dell’instancabile capacitàumana di inventare, cambiare e trafficare, una serie di effetti secondari che neppure la costante evoluzione del macchinario ha risolto, e ha semmai complicato.
Ci sono conseguenze sui rapporti di coppia, tradotti nelle liti scaturite dal vano rovistare dentro la gelida caverna bianca alla ricerca di alimenti che, per misteriose ragioni ormonali, le femmine della nostra specie sanno sempre dove siano e i maschi non riescono mai a trovare (le ricerche più avanzate sospettano che la differenza si spieghi col fatto che siano prevalentemente le femmine della specie a riporvi gli alimenti, mentre i maschi fingono di essere molto occupati a fare altro, per esempio guardare la partita).
Il “frigor” come ancora qualcuno dice, o “frigo”, poi maggiorato dal “frìzer”, ha generato tonnellate di temuti avanzi, custoditi nell’illusione che, rinchiusi nel freddo caveau, possano durare per sempre e avere più successo tra un mese di quanto ne abbiamo avuto ieri sera. Ha dunque funzionato anche da magnifico laboratorio di cultura per batteri e microorganismi che sbocciano sotto forma di barbette verdognole, muschi grigiastri e pungenti aromi. C’è una vita segreta, nel grembo del frigo, che ha creato racconti dell’orrore, mai ufficialmente confermati dalla scienza, di involtini ai quali spuntano zampette e yogurt scaduti che imparano a pronunciare le prime parole.
L’evoluzione del frigo, dalla lontana ghiacciaia, ha generato una gerarchia di scomparti, zone, destinazioni, sensori (e ventole che continuano a gemere nella notte, forse perché soffrono il freddo) che rendono il semplice gesto di riporvi alimenti un percorso di biochimica. Una commissione di quattro esperti, un ingegnere del Consorzio Fabbricanti di frigo, una nutrizionista, una biologa e un specialista di quella che un tempo si chiamava “economia domestica” hanno cercato di razionalizzare in un manuale l’uso di quello spazio.
Spiegano che le uova vanno lasciate nei contenitori e messe a metà del frigorifero, dove la temperatura media, fra i due e tre gradi centigradi, è stabile, perché pare non amino gli sbalzi.
La frutta non va mai accostata alla verdura, perché emette etanolo che accelera l’appassimento. Latte, latticini e panna sempre nel ripiano più basso e sul fondo dello scaffale, dove fa più freddo. Condimenti, salse, maionese, senapi vanno benissimo negli sportelli perché contengono conservanti come aceto o sale. I formaggi duri non richiedono le zone più gelide, ma quelli molli sì, dentro un contenitore stagno. E anche la farina, se messa nel “frìzer”, dura sei volte più a lungo che in dispensa.
Cipolle e patate mai nel frigo, e lontane le une dalle altre, perché i gas emessi dai tuberi le fanno marcire. Bene invece i fiori freschi recisi, che al freddo resistono di più, anche nello scaffale più alto insieme con bibite, lattine e bottiglie. E se avete una scorta di rossetti preferiti, il freddo li conserva più a lungo di quanto resistano nell’armadietto del bagno. Magari accanto all’acqua di colonia, che nel frigo conserva la propria fragranza, ma non i profumi. E se avete un frigorifero grande con poco da metterci dentro, riempitelo di bottiglie di acqua: funziona meglio e consuma meno quando è più pieno.
Rossetti a parte, ora proverò diligentemente a ristrutturare il contenuto del’invenzione di Nathanliel Brackett, per celebrare i cent’anni, massimizzare la durata, e ammirare il perfetto ordine militare di tutto.
E poi chiamo mia moglie per scoprire dove ho messo la senape.
Vittorio Zucconi, D di Repubblica 19/4/2014