Marco Iaria, La Gazzetta dello Sport 24/4/2014, 24 aprile 2014
QUANTO VALE IL DIAVOLO?
Premessa: valutare una squadra non è come valutare una qualsiasi altra azienda. Vero, si utilizzano gli stessi multipli, ricorrono i termini che fanno tanto Wall Street come enterprise value ed equity value , ma poi subentrano altri fattori imponderabili: le pulsioni di una piazza, le convenienze dirette e indirette di un simile investimento. Affare di soldi, ma anche di cuore, di pancia e di immagine. Il Milan, come gli altri club, sconta un deficit strutturale e di competitività del calcio italiano. La situazione non è buona, lo sappiamo, ma questo paradossalmente può essere un vantaggio: coi tempi che corrono le nostre società sono scalabili, in più presentano margini notevoli di sviluppo. Thohir docet.
Proprio il precedente dell’Inter balza agli occhi riflettendo sulla cifra che dall’Oriente sono disposti a mettere sul piatto per rilevare la maggioranza del Milan: 500 milioni, cioè il doppio dell’operazione con cui ET si è impossessato del 70% dei nerazzurri (75 cash, il resto a debito). Una differenza confermata dalle valutazioni di Forbes, che pone il Milan al sesto posto mondiale con 745 milioni e l’Inter al quattordicesimo con 316. Si tratta dell’enterprise value , cioè del valore complessivo della società, inclusi quindi i debiti, a differenza dell’equity value che corrisponde al prezzo d’acquisto del 100% delle azioni. Prendendo per buoni i 745 milioni di Forbes, l’offerta di Lim da mezzo miliardo sarebbe per il 70%, al lordo dei debiti. La posizione finanziaria netta del Milan al 31 dicembre 2013 è negativa per 256 milioni. Tanto. Pesano i 144 milioni di debiti con le banche e i 106 verso altri finanziatori per anticipi di crediti futuri.
L’indebitamento finanziario è praticamente identico al fatturato. Come le altre società italiane - la Juve è l’unica gravata anche di debiti virtuosi, quelli per la costruzione del nuovo stadio - il Milan ha problemi di liquidità cui sopperisce utilizzando prima del tempo i contratti televisivi e di sponsorizzazione. La gestione continua a essere negativa ma è molto migliorata rispetto a qualche tempo fa. Non si bruciano più 70 milioni all’anno, il 2012 si è chiuso con un deficit di 7 milioni mentre nel 2013 si è registrato un -16. Si è fatta pulizia di bilancio abbassando sensibilmente il costo del personale: dai 206 milioni del 2011 ai 184 del 2012 ai 151 del 2013. Adesso gli stipendi incidono per il 59% sul fatturato. Un rapporto quasi sostenibile, un vanto che il venditore può esibire al tavolo delle trattative. Occhio, però: senza la Champions l’esercizio 2014 chiuderà con un deficit di almeno 40 milioni, tanto che sono state già chieste e ottenute linee di credito per 96 milioni. Le prospettive nel breve-medio periodo influiscono non poco in sede di compravendita.
Ma la grande forza del Milan, la differenza rispetto al resto dell’Italia, è la sua vocazione globale. Berlusconi ne ha fatto un mantra. E i 18 trofei internazionali messi in bacheca nel corso della storia rossonera hanno aiutato ad allargare la platea dei simpatizzanti. Il marchio del Milan è stato valutato 199 milioni da Brand Finance: nono posto in assoluto (Bayern in testa a quota 651) e primo tra le italiane, con la Juve tredicesima a 136. Si è lavorato bene sul fronte commerciale, come testimoniano i 78 milioni di ricavi, il doppio di quelli dell’Inter: tra le italiane il Milan è quella che si avvicina di più al top d’Europa, anche se il gap resta notevole. Non solo per il minor sfruttamento del merchandising ma anche per la bassa redditività dello stadio. San Siro è suggestivo, però non regala business appetitosi. I 5 milioni dell’attività premium sono apprezzabili, ma si potrebbe fare molto di più con un impianto di proprietà. La vera grande molla per incrementare il giro d’affari, attualmente fermi a 255 milioni. Casa Milan, che verrà aperta al pubblico a maggio, potrà attivare nuove fonti di entrate ma non è di proprietà del club, chiamato a pagare un affitto da 2 milioni annui. Visto che è stata ceduta la sede di via Turati (plusvalenza di 11 milioni), l’unico asset immobiliare è il centro sportivo di Milanello: la controllata Milan Real Estate, che ce l’ha in pancia, ha un patrimonio netto di 16 milioni. Il core business di una società resta comunque il campo, con il parco giocatori iscritto nell’attivo per 118 milioni. Complessivamente Fininvest valuta a bilancio il Milan 358 milioni, un quinto di tutte le sue partecipazioni: vorrà fare una bella plusvalenza.