Glauco Maggi, Libero 24/4/2014, 24 aprile 2014
LA CINA COLONIZZA GLI USA CON GLI UTERI DELLE AMERICANE
Da tempo, in California e non solo lì, era noto il fenomeno delle donne gravide, con le cinesi in prima fila, che «emigrano» con il visto turistico per farsi ricoverare in una clinica a stelle strisce e partorire sul posto un figlio «americano». Per la Costituzione, infatti, lo ius soli attribuisce la cittadinanza a chi nasce negli Usa, ed è quindi un ottimo motivo per tanti stranieri, non solo dalla Cina, praticare il «turismo delle nascite»: oltre al conforto di una assistenza medica di alta affidabilità, ci si garantisce un figlio con il passaporto americano. Da un paio d’anni questa sorta di «colonialismo al contrario» ha però trovato un’altra strada per il sogno americano, e ancora una volta i cinesi sono all’avanguardia. Facoltose famiglie cinesi fanno la coda alle agenzie di Los Angeles e dintorni che offrono il servizio delle «mamme surrogate», ossia donne che affittano l’utero e accettano di «ospitare» gli embrioni, a pagamento, per portare a termine una gravidanza altrui. Per i cinesi la soluzione capitalista risolve un sacco di problemi. Da una parte permette di dribblare la legge restrittiva in tema di nascite, visto che la possibilità di avere figli è limitata ad uno per coppia ed è vietata la tecnica della fecondazione in affitto, praticata solo illegalmente ad alto rischio. Dall’altra, c’è un fattore oggettivo che spinge i cinesi ad emigrare per avere figli: il tasso di infertilità, quadruplicato negli ultimi 30 anni e calcolato oggi al 12,5% della popolazione femminile. Uno studio governativo del 2010 ha attribuito la causa al crescente inquinamento e al fatto che i matrimoni avvengono ad una età più avanzata rispetto al passato: la conclusione è che sarebbero una quarantina di milioni le donne fisicamente non in grado di partorire.
Per tutti, poi, c’è l’ambito bonus della cittadinanza Usa al bebè, che quando avrà 21 anni potrà naturalizzare anche il papà e la mamma. Per tante coppie giovani la prospettiva di diventare americani, anche se a 45-50 anni, è attraente. Del resto, i cinesi sono in prima fila tra chi sfrutta già oggi la opportunità di avere la carta verde, anticamera della cittadinanza dopo un minimo di 7-10 anni dall’avvio della pratica, per chi investe almeno mezzo milione di dollari creando un’impresa negli Stati Uniti che dia lavoro a un certo numero di americani.
Una recente inchiesta della National Public Radio (NPR), il canale pubblico americano, ha scoperto che il mercato cinese dell’utero in prestito ha mosso i primi passi nel 2009, per espandersi con il passaparola anno dopo anno e registrare un balzo significativo negli ultimi 18 mesi. Secondo un’agenzia del settore, la West Coast Surrogacy, nella lista di coloro che attendono di trovare la mamma californiana la metà sono cinesi. Il business è così fiorente che le società che lo gestiscono hanno creato website scritti in cinese ed usano personale che parla mandarino per colloquiare con i clienti oltremare. Statistiche ufficiali sulle nascite artificiali di razza mista non ne esistono ma in California si stima siano già diverse centinaia.
Certo, la scelta di ricorrere alle californiane per avere un figlio costa parecchio ed è solo alla portata dei più ricchi. Una coppia, intervistata da NPR, ha detto che per i suoi figli l’operazione è costata 275mila dollari. Tony Jiang e sua moglie Cherry, di Shangai, hanno raccontato la loro esperienza a partire dal tentativo, due anni e mezzo fa, di ricorrere a un ospedale cinese che offriva di nascosto il servizio. Fu un fallimento. «La surrogata che era stata individuata è scappata per nostalgia al suo Paese tre giorni prima che mia moglie trasferisse l’embrione. Che delusione», ricorda Jiang. Navigando su Internet, il mancato babbo trovò allora un’agenzia nella Contea di Orange, in California, e adesso è padre di un bambino e due femminucce, un lieto fine impossibile in patria. Sia per l’infertilità della coppia, sia per il divieto di legge.
Jing ha fatto anche tesoro della sua vicenda ed è diventato il consulente di otto agenzie californiane a cui procura clienti cinesi, la maggior parte sofferenti di infertilità e interessati ad avere un futuro americano. Ci sono anche omosessuali e, a proposito di coerenza, membri del partito comunista cinese, quello che vieta in patria le nascite tramite mamme surrogate. «La prima coppia di clienti che ho messo in contatto con un’agenzia erano compagni, dirigenti di una ditta posseduta dallo stato», ha detto Jing.
Molte mamme cinesi, senza paura d’essere politicamente scorrette, non cercano solo un grembo, vogliono anche l’ovulo di un’americana bianca. Per Jennifer Garcia, che lavora per un’altra agenzia, la Extraordinary Conceptions di Carlsbad, il sogno è un figlio «alto, biondo, bello e con gli occhi azzurri».