Maria Elena Zanini, MilanoFinanza 23/4/2014, 23 aprile 2014
ANCHE A WALL STREET È POLEMICA SUGLI STIPENDI D’ORO
Matteo Renzi l’ha chiamata «norma Olivetti» nel tentativo di rifarsi alla regola aurea dell’industriale di Ivrea: nessun dirigente, neanche il più alto in grado, deve guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario minino. Un traguardo eccessivo per la pubblica amministrazione italiana, tanto che il governo nel testo del decreto sull’Irpef ha ridimensionato le proporzioni e ha fissato un tetto massimo a 20 mila euro al mese per i manager pubblici.
Pubblici o privati, il divario tra i compensi dei dirigenti e degli impiegati già nel 1980 era notevole: il rapporto era di 45 a 1. Secondo la Fisac-Cgil nel 2012 era salito a 163 a 1. Uno studio recente della Uilca, il sindacato del settore bancario, ha messo in evidenza gli squilibri nel sistema bancario italiano. La retribuzione media dei chief executive officer è 62 volte superiore a quella dei lavoratori del settore, mentre nel 2012 era di 53 volte superiore e di 42 nell’anno 2000. Delle undici banche del campione sono solo due i ceo che hanno percepito uno stipendio inferiore agli 800 mila euro nel 2013 Ma il problema non è solo italiano. Secondo un rapporto apnea pubblicato dalla Afl-Cio (federazione di sindacati americani) i ceo delle aziende quotate allo Standard & Poor 500 hanno guadagnato nel 2013 in media 11,7 milioni dollari. Le entrate medie dei lavoratori nelle stesse aziende nello stesso periodo sono state di 35.239 dollari. Facendo un semplice calcolo significa che i ceo sono pagati 331 volte quanto viene pagato un lavoratore medio. Di fronte a una sproporzione così netta, la Securities and Exchange Commission (l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori, analogo alla Consob italiana) ha espresso la volontà di vedere pubblicato il rapporto tra i salari di ceo e dipendenti di tutte le aziende quotate. Ma in molti si chiedono se la pubblicazione possa effettivamente servire a qualcosa e se la trasparenza non possa anzi spingere gli azionisti a offrire ai dirigenti un ulteriore aumento nel caso i concorrenti offrano loro di più. Anche in Svizzera il problema è sentito, al punto che lo scorso autunno c’è stato un referendum per limitare gli stipendi dei manager a un massimo di 12 volte lo stipendio medio dei dipendenti. Proposta bocciata e sospiro di sollievo dei manager svizzeri, tra i più pagati in Europa: sui 20 manager europei più pagati, cinque sono alla guida di gruppi con base nella Confederazione.
Maria Elena Zanini, MilanoFinanza 23/4/2014