Ettore Livini, la Repubblica 23/4/2014, 23 aprile 2014
VOLO A BASSA QUOTA PER ETIHAD-ALITALIA
MILANO.
L’alleanza tra Alitalia ed Etihad resta appesa a un filo. Il cda di ieri della ex compagnia di bandiera tricolore è stato interlocutorio è si è chiuso in un clima di tensione tra i soci per le pesantissime condizioni messe sul piatto dagli emiri in cambio di un investimento di quali 500 milioni di euro nell’aerolinea italiana. «L’amministratore delegato Gabriele Del Torchio ha illustrato ai consiglieri lo stato delle relazioni con Etihad», recita un laconico comunicato della società in cui si precisa che i conti dei primi mesi dell’anno sono in miglioramento rispetto a quelli del 2013 (non ci voleva molto, il primo trimestre 2013 era in rosso per 157 milioni).
L’incontro di ieri, secondo indiscrezioni, sarebbe stato dedicato all’illustrazione di una risposta ad Etihad messa a punto dalle banche azioniste (Unicredit e Intesa) da condividere con il resto dei soci. La missiva, che alla fine sarebbe stata condivisa da tutti, contiene alcuni sì e alcuni no alle richieste di Abu Dhabi: il taglio di quasi 3mila posti di lavoro, nuove norme sugli aeroporti e alta velocità e la rinegoziazione di 400 milioni di debiti. I sì riguarderebbero in particolare gli oneri che finirebbero a carico del governo (gli esuberi e i nodi infrastrutturali), i no le voci, come quella sui debiti che finirebbero per penalizzare i capitani coraggiosi. «Se tocca a noi ristrutturare la società, allora il valore di un’Alitalia risanata non è lo stesso che riconoscono ora dal Golfo», spiega uno degli advisor al tavolo delle trattative.
Il timore di molti azionisti è che il maxi aumento di capitale e la possibile conversione di crediti bancari in azioni riduca le loro partecipazioni a livelli da prefisso telefonico. E non a caso chiedono la creazione di categorie di titoli privilegiati. La stessa Air France, pur alleata di Etihad in Skyteam, è scesa sul piede di guerra e nell’ultima assemblea si è riservata una sorta di potere di veto sull’ingresso degli emiri nel capitale.
Esistono alternative? Certo, Parigi potrebbe essere interessata a riaprire un discorso di partnership a fronte di concessioni sui debiti e sul costo del lavoro. Ma in ogni caso ben difficilmente avrebbe la stessa liquidità da mettere sul piatto. E il tempo vola, specie per un’Alitalia che malgrado i miglioramenti operativi del 2014 rischia tra qualche mese di trovarsi di nuovo a corto di quattrini. Le strade dunque, come è stato chiaro ieri ai soci sono due: provare a negoziare fino in fondo con Etihad per migliorare le condizioni dell’intesa o portare i libri in tribunale.
La palla, con ogni evidenza, è a questo punto in mano al governo. Il ministro Maurizio Lupi si è sbilanciato da tempo sull’asse con Etihad e proprio per questo nei giorni scorsi è stato uno dei più spiazzati dall’irrigidimento della compagnia del Golfo. L’esecutivo sarebbe già pronto a dare il via libera a una norma anti-low cost e al ridisegno del sistema aeroportuale milanese, come preteso dagli emiri. Ma le altre condizioni, specie alla vigilia delle elezioni eruopee, rischiano di trasformarsi in un boomerang per l’esecutivo Renzi. Ci sarebbero da garantire nuovi ammortizzatori a un’azienda (privata) che è già costata 3 miliardi ai contribuenti. Oppure da riassorbirne gli esuberi in altre aree della pubblica amministrazione come le neo-azioniste Poste Italiane, roba che profuma molto di Prima Repubblica.
Ettore Livini, la Repubblica 23/4/2014