Neil Macfarquhar, la Repubblica 23/4/2014, 23 aprile 2014
BANCHE E TRIBUNALI IN TILT NELLA CRIMEA DEI RUSSI ADESSO REGNA IL CAOS
SINFEROPOLI.
Dopo l’annessione della Crimea, i burocrati russi addetti ai passaporti e ai permessi di residenza si sono insediati nell’ufficio un tempo occupato dai loro omologhi ucraini; Roman Nikolayev ogni giorno aspetta lì di fronte che giunga il suo turno. Appena arrivate dall’Ucraina, sua figlia e sua nipote si sono trovate a sorpresa in un Paese diverso, ed egli vuole sapere se potranno diventarne residenti a pieno titolo. Tuttavia è costretto a pazientare, perché il suo numero, sulla lista d’attesa per i passaporti, è il 4.475, e ogni giorno nell’ufficio vengono ammesse al massimo 200 persone fra quante si accalcano davanti alla cancellata. «Prima avevamo un Paese ben organizzato, la vita scorreva senza intoppi», spiega Nikolayev, 54 anni, ex direttore del settore trasporti e oggi in pensione. «Nel giro di due settimane è diventato un altro Paese». Commenta: « Etobardak », cioè in russo «che casino».
A un mese dall’annessione, gli abitanti della Crimea vivono, più che in uno Stato diverso, in uno stato di confusione perenne. Le banche sono per la maggior parte chiuse come gli uffici del catasto. Nei tribunali, le udienze rinviate a tempo indeterminato. Le importazioni alimentari procedono a singhiozzo. Alcune compagnie straniere hanno chiuso. Ci sono altri cambiamenti, più sinistri: ad esempio l’emergere di “Unità di autodifesa” che, apparentemente prive di qualsiasi mandato ufficiale, piombano nelle stazioni ferroviarie e in altri punti strategici per imporre ispezioni a sorpresa. Tossicodipendenti, attivisti politici, omosessuali e persino i preti ucraini sono tra coloro che più di altri temono la vita sotto un governo meno tollerante.
Passare da un Paese all’altro ha causato scompiglio quasi in ogni ambito dell’esistenza. Tutti i giorni gli abitanti della Crimea scoprono di doversi dotare di nuovi documenti: patenti di guida, targhe automobilistiche, assicurazioni e ricette mediche, passaporti e programmi scolastici. Vi gira la testa? Immaginate a loro! Ogni giorno porta nuove incertezze. Le importazioni di beni alimentari, ad esempio, sono diminuite a causa delle nuove norme, confuse e approssimative. Vietate le importazioni di formaggio e maiale dall’Ucraina, le autorità della Crimea hanno annunciato che da venerdì queste merci saranno sottoposte ad accurati controlli da parte dei russi. I consumatori scoprono che i loro marchi preferiti di beni comuni, come lo yogurt, non sono più disponibili sul mercato. Mc-Donald’s ha chiuso. Anche Metro ha dato forfait. La maggior parte delle imprese multinazionali vuole evitare di incorrere in possibili sanzioni a causa delle attività commerciali in Crimea. Negli aeroporti tutte le coincidenze, tranne quelle dirette in Russia, sono state annullate.
A Dzhankoy, Edward Fyodorov, 37 anni, vende gelati da quand’era bambino. Per la sua attività, che oggi vanta una flotta di 20 camion- frigorifero, l’uomo importava dall’Ucraina varie materie prime. Adesso è alla ricerca di fornitori russi, ma i loro prodotti costano circa il 70 percento in più e comportano delicati problemi di trasporto. La Crimea, infatti, non confina direttamente con la Russia, che è a circa 560 chilometri di distanza, oltre l’Ucraina. L’unico traghetto che raggiunge la Crimea proviene da una remota regione del Caucaso. Il Cremlino ha promesso di costruire un costoso ponte, che però non sarà pronto per molti anni. «È impossibile fare progetti», dice Fyodorov. Ammesso che trovi lavoro, aggiunge, la chiusura delle banche rende impossibili i pagamenti.
I prezzi sono spesso indicati sia in grivnie ucraine che in rubli, ma il tasso di cambio fluttua costantemente. Persino le transazioni più elementari, come il pagamento di una corsa in taxi, richiedono una calcolatrice. A dispetto del crescente numero di russi desiderosi di assicurarsi una dacia sul mare, le compravendite di terreni sono ferme a causa della chiusura degli uffici del catasto. Maxim e Irina Nefeld, due giovani moscoviti, avevano trovato un terreno di circa 1300 metri quadri con vista sul mare, dal costo di 60 mila dollari. Pur decisi ad acquistarlo, non vi sono riusciti: non solo l’ufficio del catasto era chiuso, ma non hanno trovato una banca dove trasferire il denaro. Il giorno successivo, il proprietario del terreno chiedeva 70 mila dollari, e il signor Nefeld si è recato a Mosca per procurarsi la somma in contanti. Al suo ritorno il prezzo richiesto per il terreno era salito a 100 mila dollari.
È difficile elencare tutti i rami del governo che non funzionano. Un agente del traffico ha confessato di non avere idea di quali leggi applicare, costretto a seguire per due ore al giorno lezioni sulle norme che regolano la circolazione stradale in Russia. I tribunali hanno interrotto i dibattimenti perché i giudici non sanno a quali leggi attenersi. Certe procedure, come i test del dna, devono essere eseguite a Mosca. Gli avvocati consultano i codici russi, ma si scontrano con una terminologia a loro estranea. «Non potrò mai competere con gli avvocati che vengono dalla Russia», dice Olga Cherevkova, dottoranda in diritto sanitario ucraino. La giovane sta pensando di lasciare il proprio Paese natale, la propria identità. «Forse dovrei trasferirmi a Miami», ride. «Non è una battuta. Voglio vivere in un Paese libero”. (© New York Times News Service traduzione Marzia Porta )
Neil Macfarquhar, la Repubblica 23/4/2014