Silvia Fumarola, la Repubblica 23/4/2014, 23 aprile 2014
PERCHÉ LO SPOT FA VENDERE DI PIÙ SE IN TV SORRIDE L’ATTORE STRANIERO
Siamo davvero un popolo di provinciali, come dice Oliviero Toscani, o i divi stranieri negli spot rilanciano il prodotto? Il pubblico femminile non si è ancora ripreso dall’immagine di Antonio Banderas che dialoga con la gallina Rosita nel Mulino Bianco che ecco arrivare Kevin Costner, l’eroe di “Balla coi lupi”, sulla Costiera amalfitana, conquistato da una scatoletta di tonno. Se il marketing ha ucciso la creatività, è vero che certi spot uccidono i sex symbol.
Siamo davvero un popolo di provinciali, come dice Oliviero Toscani o i divi stranieri negli spot creano curiosità e rilanciano il prodotto? Il pubblico femminile non si è ancora ripreso dall’immagine di Antonio Banderas che dialoga con la gallina Rosita nel Mulino Bianco che ecco arrivare Kevin Costner proprio lui, l’eroe di Balla coi lupi, sulla Costiera amalfitana, conquistato dal tonno Rio mare (in un faro ricostruito al computer sopra l’antica Torres Saracena con proteste sul web). Il bifidus di Activia ha abbandonato la pancia sorridente di Alessia Marcuzzi e ora serpeggia in quella di Shakira, per non parlare del Crodino, aperitivo biondo «zero impegnativo » con Owen Wilson. Ma prima c’era stato Richard Gere per Ferrero Rocher, Dustin Hoffman che recitava L’infinito per la regione Marche, Robert De Niro industriale che risparmiava la luce con Beghelli, Depardieu («Tengo cuore italiano ») che cucinava per Cirio. Se il marketing ha ucciso la creatività, certi spot uccidono i sex symbol. Banderas-Zorro che con un colpo di spada svestiva Catherine Zeta-Jones, oggi è un signore infarinato che dà consigli amorosi alla gallina.
«Prima mi è venuto in mente di costruire il mulino, poi ho cercato un mugnaio» racconta Sergio Rodriguez, ceo e direttore creativo esecutivo di Jwt Italia «Non ho voluto un nome famoso italiano per evitare l’effetto commedia all’italiana che secondo me ha fatto il suo tempo. Banderas è sexy ma in grado di essere un papà credibile in Spy Kids. Rosita incarna la semplicità della campagna, la saggezza: creano una coppia simbolica. Ai detrattori, generalmente pubblicitari rubati alla vita accademica, dico che i risultati in termine di ricordo, vendita e gradimento della campagna sono eccezionali. C’è una grossa distinzione tra testimonial, personaggi che interpretano se stessi (tipo George Clooney) e attori che recitano un ruolo. Il testimonial è una trovata poco originale che sopperisce alla mancanza dell’idea. Chi interpreta un ruolo non sarà più forte dell’idea, ma saprà dargli più voltaggio».
«Un po’ di provincialismo c’è» osserva Annamaria Testa «La scelta di usare un testimonial è spesso una scorciatoia creativa: un espediente per assegnare al prodotto una simpatia, un’autorevolezza che la storia non riesce a dare. A volte può essere funzionale: pensiamo allo spot con la Deneuve, il famoso “Oui, je suis Catherine Deneuve”. Se si toglie la diva, non sta in piedi. Faccio pubblicità da 40 anni, non ho mai suggerito un testimonial a un cliente. La sfida è trovare una storia che racconti in maniera chiara e attraente le qualità del prodotto e ne arricchisca la percezione nel tempo».
Per anni ai vertici delle più importanti agenzie, oggi presidente di Pubblicità Progresso, Alberto Contri sorride: «Il divo straniero stimola l’immaginario più di quello nazionale, è come se ti portassero il sogno in cucina, saccheggiano l’immaginario ». Il regista Luca Miniero ( Benvenuti al Sud), che ha diretto lo spot con Costner, concorda: «Prendere una star vuol dire avere qualcosa di unico, le signore che bussano a Costner fanno parte di un gioco al quale il pubblico partecipa come quando sfoglia un giornale di gossip».
Silvia Fumarola, la Repubblica 23/4/2014