Maurizio Molinari, La Stampa 22/4/2014, 22 aprile 2014
IL SISTEMA USA FUNZIONA PERCHÉ L’ARCHIVIAZIONE È FATTA CON TRASPARENZA
La declassificazione dei documenti governativi è regolata negli Stati Uniti dal «Freedom of Information Act», la legge promulgata dal presidente Lyndon B. Johnson nel luglio 1966 che consente ad ogni ministero ed agenzia federale la pubblicazione, totale o parziale, dei propri atti. Voluta dal deputato della California John Moss per rendere trasparente l’operato dell’amministrazione federale e approvata dal Congresso di Washington nel 1965, il «Freedom of Information Act» stabilisce quali sono i documenti da declassificare, indica le procedure obbligatorie per farlo e prevede nove eccezioni che consentono di conservare il «top secret»: dalla presenza di segreti di Stato alle informazioni ottenute da singoli cittadini, dalla localizzazione di infrastrutture strategiche e pozzi petroliferi fino a elementi capaci di dare inizio a indagini criminali o prestarsi a speculazioni finanziarie. Ciò significa che il processo inizia al momento dell’archiviazione di ogni documento governativo: quelli destinati alla declassificazione vengono gestiti da appositi «Foia Office» situati all’interno di ogni ministero, che sono poi anche gli sportelli a cui i cittadini possono rivolgersi, di persona oppure online, per consultarne gli elenchi e chiederne l’accesso. Fu il presidente Bill Clinton, con la riforma del 1996, a consentire che tutte le procedure potessero avvenire attraverso il web e, in forza delle stesse norme, anche le email scambiate fra esponenti e funzionari governativi vengono considerate documenti ufficiali. Al «Freedom of Information Act» del governo federale si affiancano le leggi analoghe emanate dai 50 Stati dell’Unione e dal Distretto di Columbia, la cui struttura è assai simile.
Per effetto del «Freedom of Information Act» ogni funzionario federale sa che i documenti che redige possono essere declassificati e ciò genera una grande cura nella scrittura dei testi. I cittadini, attraverso gli uffici del Foia, possono sapere quali sono i documenti disponibili presso ogni agenzia o ministero e quindi presentare domanda di declassificazione per uno o più testi attraverso un apposito modulo, in carta o elettronico, nel quale danno le proprie generalità, specificano la richiesta con più dettagli possibili e si impegnano a sostenere le spese di ricerca se i costi superano i minimi standard, fra 100 e 300 dollari a seconda dei casi. Si può fare richiesta anche per documenti di cui si suppone l’esistenza, indicandone l’argomento, i protagonisti coinvolti e le date del periodo oggetto di interesse. Una volta presentata la domanda, l’ufficio Foia competente comunica per iscritto al richiedente l’accettazione, se il documento in oggetto è stato trovato e come verrà declassificato ovvero se alcune parti, o la sua totalità, restano coperte da segreto. Il richiedente può accettare oppure fare obiezione, chiedendo il pronunciamento di un giundice ad hoc. Alla fine i documenti declassificati arrivano per posta all’indirizzo di residenza americana del richiedente, accompagnati spesso da fogli nei quali si spiegano le decisioni adottate sulla declassificazione. Avviene di frequente che documenti declassificati contengano ancora parole, frasi o concetti secretati e i testi relativi vengono così anneriti, in maniera da risultare illegibili. Fra i documenti ancora coperti dal «top secret» vi sono, ad esempio, quelli dell’inchiesta sull’assassinio di John F. Kennedy, avvenuto nel 1963, redatti dal ministero della Giustizia e da diverse agenzie di intelligence. Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 il Congresso approvò una modifica al Foia, escludendo espressamente dalla declassificazione «informazioni ottenute dall’intelligence di altre nazioni».
Maurizio Molinari, La Stampa 22/4/2014